Diffamazione e condanna al risarcimento per gli studenti che postano fotomontaggio del professore

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Alberto Moramarco

Pubblicare su una apposita pagina web il fotomontaggio di un professore con abiti femminili al fine di schernirlo integra il reato di diffamazione aggravata. In tal caso, il giudice può stabilire un risarcimento del danno non patrimoniale in favore del docente che va determinato in via equitativa, tenendo conto della capacità offensiva del fotomontaggio stesso e della diffusione, più o meno limitata, della pagina web. Questo è quanto emerge dall’ordinanza della Cassazione 9713/2020.

I fatti
La vicenda – davvero singolare – ha come protagonista, suo malgrado, un insegnante di un liceo scientifico siciliano, il quale diveniva oggetto di scherno di due alunni della sua classe, che avevano creato una pagina web che rappresentava in fotomontaggio la figura del professore in abiti femminili discinti. I due studenti venivano prontamente denunciati e in seguito condannati con decreto penale di condanna per il reato di diffamazione, cui seguiva in sede civile la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale derivante da reato, quantificato dal giudice di primo grado in ben 30 mila euro per ciascun ragazzo.
La Corte d’appello riduceva però drasticamente la somma dovuta dai due studenti al professore, rideterminandola in 5 mila euro complessivi, compresi rivalutazione e interessi, sostanzialmente considerando che la pagina web era stata visitata 322 volte, verosimilmente soltanto dagli alunni e personale della stessa scuola in cui il docente insegnava.

La decisione
La vicenda giunge così in Cassazione, dove il professore diffamato impugna la decisione dei giudici di appello che, a suo dire, avrebbero illegittimamente ridotto l’ammontare risarcitorio operato dal giudice di prime cure in via equitativa. La Suprema corte, tuttavia, respinge il ricorso ritenendo pienamente legittima la decisione impugnata.
I giudici di legittimità si soffermano sulle regole giuridiche applicabili in caso di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da reato, sottolineando in particolare due aspetti. In primo luogo, l’errore commesso dal primo giudice, ovvero l’aver condannato ciascun ragazzo al pagamento di una somma, in quanto l’articolo 2055 cod. civ. pone la regola della solidarietà. In secondo luogo, la correttezza del ragionamento seguito dalla Corte d’appello che, sulla base dei dati di fatto, cioè il numero limitato di accessi e l’insussistenza di ulteriori danni morali in capo al professore, ha ritenuto corretto ridurre il valore equivalente delle conseguenze dannose.

Difatti, spiega il Collegio, nella valutazione equitativa del risarcimento del danno il giudice di merito deve seguire un procedimento logico e quantificare il danno in maniera proporzionata alla gravità del fatto, senza che ciò risulti palesemente sproporzionato per eccesso o difetto. Nel caso di specie, conclude la Corte, la quantificazione del risarcimento in 5 mila euro appare ben calibrata rispetto alla gravità dei fatti, considerando la modesta capacità offensiva del fotomontaggio e la limitata diffusione al solo contesto scolastico della pagina web incriminata.