Una panoramica sul concetto di qualità nella ristorazione

da Il Sole 24 Ore

di Gianni Frangini

Siamo all’stituto professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera. Enogastronomia settore cucina. Assegno agli studenti un elaborato dal titolo «Sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici per una ristorazione di successo». Io lo svolgerei così.

La filiera alimentare mette a disposizione delle aziende della ristorazione innumerevoli prodotti. Ogni azienda deve selezionare gli alimenti adatti alla propria linea di lavoro e allo stile di cucina offerto, cercando di rispondere alla clientela che richiede prodotti di qualità. In questo elaborato intendo proporre alcuni spunti, da approfondire durante il colloquio, partendo dal concetto di qualità, per soffermarmi sui diversi alimenti presenti sul mercato, sui prodotti certificati e su quelli ecocompatibili.

Il concetto di qualità

In ristorazione questo concetto ha varie sfaccettature. Possiamo ricercare una qualità igienico-sanitaria, che si realizza attraverso l’applicazione delle normative del settore e dell’autocontrollo alimentare. L’addetto di cucina ha la responsabilità di eseguire procedure corrette di lavorazione e conservazione dei cibi per assicurare la salubrità delle preparazioni che offre agli ospiti. Possiamo parlare di qualità etica con riferimento a un prodotto proveniente da terreni confiscati alle mafie o ottenuti senza sfruttamento della manodopera in particolare minorile. La qualità nutrizionale di un piatto è legata all’apporto nutritivo e alla possibilità di consumo anche in particolari condizioni di salute. Per questo disponiamo di alimenti dietetici (per diabetici, iposodici), arricchiti con probiotici o Omega3, “light” cioè con contenuto nutritivo e calorico ridotto di almeno il 30%. L’Ue ha anche regolamentato i “novel food”, cibi insoliti, non convenzionali il cui consumo non era diffuso nell’Unione Europea prima del maggio 1997. Oggi questi alimenti innovativi ottenuti con nuove tecnologie o costituiti da piante o parti di esse (ad esempio semi di chia), insetti, colture cellulari, alghe sono poco utilizzati nella ristorazione italiana.

Le esigenze della clientela

Particolare attenzione deve essere data all’ospite che comunica di avere un’allergia o intolleranza alimentare. Le intolleranze alimentari sono causate da carenze enzimatiche come nel caso dell’intolleranza al lattosio o della celiachia, intolleranza permanente alla gliadina contenuta nel glutine sostanza proteica presente in avena, frumento, kamut, farro, orzo, segale.Le allergie invece sono causate da una risposta eccessiva del sistema immunitario all’ingestione di un cibo. Il Regolamento Ue 1169/2011 impone a tutte le aziende della ristorazione di informare dell’eventuale presenza, anche solo in tracce, di 14 sostanze o prodotti che possono procurare allergie o intolleranze; le sostanze individuate sono cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latticini, frutta a guscio, sedano, senape, sesamo, anidride solforosa e solfiti, lupini e molluschi.

Il personale di cucina deve controllare le etichette dei prodotti perché spesso tracce di glutine si trovano come addensanti in vari preparati o il lattosio è presente ad esempio in insaccati, pane a cassetta, prosciutto cotto; inoltre deve essere in grado di evitare ogni contaminazione crociata durante la preparazione. Il personale di sala deve conoscere la composizione dei piatti per consigliare il cliente; è buona norma indicare la presenza degli allergeni su ogni piatto del menu.

Le certificazioni di qualità

Molti consumatori ricercano una qualità legata all’origine degli alimenti che può essere certificata attraverso vari marchi riconosciuti sia a livello europeo che nazionale. L’Italia è il paese che vanta il maggior numero di prodotti agroalimentari (ortaggi, formaggi, carni, salumi, oli extravergine di oliva, prodotti della pesca e vini) riconosciuti a livello europeo come Dop ( denominazione di origine protetta) o Igp (indicazione geografica protetta). Il marchio Dop è attribuito ad un alimento le cui fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione hanno luogo in un territorio determinato seguendo un preciso disciplinare di produzione. Per ottenere la certificazione Igp è sufficiente invece che una sola delle fasi di lavorazione si svolga nell’area geografica definita. A livello nazionale numerosissimi sono i Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) ovvero carni, formaggi, olii e burro, prodotti ittici, miele, ortaggi e frutta, pane, paste e prodotti della gastronomia; tipici delle varie regioni, questi alimenti devono essere prodotti attraverso metodi di lavorazione consolidati nel tempo da almeno 25 anni. I marchi di qualità valorizzano le tradizioni le tecniche di lavoro e al tempo stesso tutelano i consumatori da frodi e contraffazioni. Inserire i prodotti certificati nei piatti per i clienti, indicandone chiaramente la presenza nei menu, rivaluta il made in Italy e qualifica l’offerta gastronomica del ristorante o albergo che li propone.

Alimenti ecocompatibili

Sempre più attenzione è rivolta alla sostenibilità ambientale delle produzioni agroalimentari. La scelta di alimenti naturali, biologici, a Km0, senza presenza di Ogm, può contribuire allo sviluppo sostenibile. La produzione biologica promuove un’agricoltura e un’allevamento che salvaguardano il benessere degli animali, le risorse naturali, la biodiversità, la qualità del suolo e dell’acqua.

Conclusione

Il futuro della ristorazione è molto incerto. Per questo ritengo che ogni azienda debba proporsi sul mercato riuscendo a comunicare la propria idea di ristorazione basata su un’offerta gastronomica “a misura” di cliente, servendo piatti di qualità, preparati con alimenti certificati, biologici, di produzione locale e con un basso impatto ambientale.

Docente di Laboratorio di cucina
all’Ipsseoa Aurelio Saffi di Firenze