Il piano delle Regioni “Riapriamo le scuole il 14 settembre”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

I genitori non ci vogliono credere: «Questo è accanimento». I presidenti delle Regioni avevano messo le mani avanti: si vada al voto entro metà settembre per evitare che la scuola parta troppo tardi, tra sanificazioni e seggi. E invece sulla prima campanella siamo in alto mare, anzi per l’avvio delle lezioni è un vero e proprio guaio nel momento in cui il governo procede spedito verso l’ election day il 20 e 21 settembre. E dunque le aule riaprirebbero non prima del 23. I governatori corrono ai ripari e, dopo aver inutilmente contestato la scelta, proporranno una partenza lunedì 14 settembre. Tutte le regioni insieme, come non è mai successo e come la stessa ministra Lucia Azzolina premeva.

Insieme ai nastri di partenza, «perché è un bel segnale dopo un periodo così travagliato» e prima del voto in sei regioni, in mille comuni e per il referendum sul taglio dei parlamentari. La proposta non è ancora formalizzata. L’anticipa Cristina Grieco, coordinatrice della commissione istruzione per la Conferenza delle regioni: «Posticipare l’avvio delle lezioni a dopo le votazioni sarebbe un messaggio molto brutto, significherebbe dire: la scuola viene dopo tutto il resto. Non è accettabile. Oltre al disagio che creerebbe alle famiglie». Dunque la strada che si fa avanti è quella di aprire gli istituti per poi chiuderli dopo una settimana, con un doppio giro di sanificazione necessaria per le aule. «Avevamo chiesto di votare prima, il 6 o il 13. La scelta del 20 è infelice, ma a questo punto allora facciamo partire le lezioni prima del voto e poi le sospenderemo laddove ci sono i seggi. È il male minore». L’orientamento delle Regioni, a cui spetta fissare la data del primo giorno di scuola — solitamente tra il 7 al 18 settembre — non è che un compromesso. La proposta dovrà essere discussa con il ministero all’Istruzione che ieri ha precisato: nessuna decisione definitiva è stata presa. Servirà anche un passaggio alla conferenza Stato-Regioni. Il pressing è forte. Cristina Grieco è preside, dice: «Ho sofferto molto veder ripartire tutto il Paese tranne la scuola». La data di inizio non è l’unica cosa che manca all’appello. Sono attese le linee guida della ministra per la riapertura. Lucia Azzolina interverrà oggi agli Stati generali a Villa Pamphili dove porterà un pacchetto di proposte rispetto al futuro dell’istruzione, non per settembre. Intanto la Conferenza delle Regioni ha espresso i propri parametri: no a pannelli di plexiglas e all’obbligo delle mascherine durante le lezioni, ma solo quando gli studenti si spostano. E almeno due metri quadrati a disposizione di ogni studente. «Come Regioni abbiamo escluso lo scaglionamento degli ingressi per classi, optando per il distanziamento man mano che gli studenti entrano, senza frazionare le classi» spiega Ilaria Cavo, assessore alla Formazione della Liguria. Il presidente della Conferenza e governatore dell’Emilia- Romagna Stefano Bonaccini con il collega (non di partito) Giovanni Toti si era opposto al rinvio delle lezioni a fine settembre già nei giorni scorsi. Battaglia persa. Unica certezza è che l’anno scolastico 2020-21 partirà il primo settembre e che le aule apriranno per gli studenti che sono stati promossi con insufficienze. Per il recupero, insomma, che l’ex sottosegretario alla scuola Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, propone di allungare, «perché la data del 20 per il voto è la migliore, ma ritardare per la scuola è un dramma».

I genitori sono furenti. Il comitato “Priorità alla scuola” chiede, in extremis, che si voti tra ottobre e novembre. E il 25 giugno annuncia una nuova mobilitazione nelle piazze: «Si apra la scuola a settembre in sicurezza e in presenza». Manca la data, però.