L’inizio del prossimo anno scolastico: verso un nuovo disastro

da Il Sole 24 Ore

di Mauro Piras

Le lezioni del prossimo anno scolastico potrebbero iniziare il 14 settembre. Questa data è stata proposta dalle regioni, per una partenza comune, e rilanciata dalla ministra Azzolina. Diciamolo subito: siamo completamente fuori strada.

Tutti, la ministra per prima, ripetono che la scuola è una priorità, ma non lo è affatto se si riparte più o meno come al solito. Il prossimo non è un anno scolastico qualsiasi: è un anno che viene dopo un periodo drammatico di chiusura delle scuole, in cui più di otto milioni di studenti sono stati costretti a restare a casa per oltre tre mesi, lavorando in condizioni eccezionali e difficili nel migliore dei casi, o non lavorando affatto nel peggiore dei casi, quello di chi non è stato raggiunto dalla didattica a distanza.

Caduta degli apprendimenti

Sappiamo tutti che lunghi periodi di inattività scolastica comportano una grave caduta degli apprendimenti. Se la scuola è una priorità, la prima cosa da chiedersi è: come porre rimedio a questi danni? come rimettersi al lavoro velocemente per permettere agli studenti di recuperare il tempo perduto? La risposta più ovvia è: pur nel rispetto delle misure di contenimento, riaprire le scuole al più presto.

Al più presto significa il primo settembre. In questa direzione si era mosso il governo quando ha approvato il Decreto Scuola (DL 22/2020, convertito dalla Legge 41/2020), che prevede attività didattiche fin dal primo settembre. Tuttavia, iniziare le lezioni due settimane dopo impedisce di realizzare questo intento.

Le attività di cui parla il decreto sono il recupero e l’integrazione degli apprendimenti. Che cosa significa? Le prime sono rivolte agli studenti che hanno delle insufficienze; bene, in effetti non è un problema avviare dei corsi di recupero fin dal primo settembre, per poi iniziare le lezioni il 14, come ha detto la stessa Azzolina.

Tuttavia, questo è un modo del tutto ordinario di affrontare l’inizio del nuovo anno: tolto il fatto che non ci saranno gli esami di settembre, si fanno le solite cose, prima i corsi di recupero e poi l’inizio dell’anno per tutti.

Si rimuovono tre enormi problemi:

1) dopo un periodo eccezionale come quello della didattica a distanza, i ragazzi che hanno delle insufficienze difficilmente potranno recuperare in due settimane per poi iniziare normalmente il 14 settembre;

2) probabilmente, ci saranno quest’anno meno insufficienti, perché date le condizioni eccezionali molti docenti non hanno voluto penalizzare gli studenti, e anzi hanno premiato l’impegno che ci hanno messo, pur nell’emergenza: che fare di questi studenti che non sono destinatari di corsi di recupero in senso stretto?

3) infine, il decreto prevede delle attività di “integrazione”. Che cosa vuole dire? Vuol dire che tutti gli studenti, non solo gli insufficienti, avranno bisogno di riprendere con calma una parte delle cose fatte a distanza, per consolidare gli apprendimenti, perché occorre restaurare la relazione didattica in presenza, e perché molte cose sono state trattate poco o male.

Quindi c’è bisogno in generale di un inizio di anno scolastico in cui si ricomincia con calma, riprendendo quanto fatto a distanza, per tutti. Ecco perché il decreto ha previsto delle attività di “integrazione” da avviare già il primo settembre.

Inizio lezioni

C’è però un enorme problema: come si fa a iniziare queste attività di integrazione dal primo settembre se non iniziano le lezioni? come si fa a chiedere a tutti gli studenti e ai docenti di venire a scuola a fare delle lezioni di “integrazione degli apprendimenti” se non iniziano le lezioni? E infatti la ministra ha ammesso che dal primo settembre si faranno solo i recuperi, dimenticando del tutto l’integrazione. Così si esce fuori strada.

Il ministero ha previsto correttamente che le attività di recupero e di integrazione si possano svolgere durante tutto l’anno scolastico, se necessario. Se si inizia il 14 settembre, si rischia di cadere (come ha fatto la ministra, come stanno facendo molte scuole) nello schema abitudinario: prima i recuperi, poi le lezioni. L’integrazione si ridurrà a un veloce ripasso all’inizio delle lezioni, e dopo si andrà avanti come se fosse un anno scolastico qualunque.

Perché stiamo sbagliando così? Da dove nasce questo errore? Da due ragioni, una rimossa, e un’altra molto discussa, ma che ci ha portato fuori strada.

La ragione rimossa è il problema della stagione turistica: il governo non ha il coraggio di far ripartire le scuole a pieno ritmo il primo settembre, perché vengono enormi pressioni dal settore turistico per poter lavorare ancora le prime settimane di settembre. Dato il calo delle attività causato dalla crisi sanitaria, questa richiesta è del tutto legittima; dovrebbe però essere oggetto di un dibattito pubblico aperto, in cui si confrontano le esigenze della scuola e quelle del settore turistico, per trovare un compromesso ragionevole.

Invece il problema viene rimosso e quasi vergognandosi si decide di iniziare il 14 settembre, senza discutere le esigenze della scuola. La rimozione va a vantaggio dell’economia ma a svantaggio della scuola. Come in ogni rimozione, prevalgono le pulsioni più forti.

La seconda ragione di questo errore è invece l’andamento del dibattito pubblico sulla scuola nelle ultime settimane. Sulla ripartenza a settembre, il dibattito si è occupato solo di due problemi, invertendo l’ordine naturale delle cose e dimenticandone uno fondamentale: si è occupato delle misure di contenimento da adottare a scuola, e di come organizzare, eventualmente, una didattica “mista”, in parte a distanza e in parte in presenza.

Tutte cose importanti, ma discutere solo di questo presuppone che si sappia già che cosa si vuole fare a scuola da settembre: si è dato per scontato che si faranno sempre le solite cose, e che gli unici problemi sono quelli organizzativi, relativi alla sicurezza e alla didattica mista. Non si è discusso seriamente di come va impostato, nei contenuti e nei metodi, un anno scolastico che viene dopo una crisi scolastica drammatica e che deve sanare ferite profonde.

Si è dato per scontato che tanto si sa, quello che si farà. E così, arrivati al dunque, il problema dell’integrazione degli apprendimenti, cioè la cosa più importante, passa totalmente in secondo piano, anzi viene rimosso, perché si accetta come ovvio che le lezioni inizieranno a metà settembre, che prima si faranno i soliti recuperi organizzati alla meno peggio e che poi si farà un ripassino. Per il resto, si salvi chi può.

Elezioni amministrative

Se aggiungiamo che, iniziando il 14 settembre, rischiamo di dover chiudere le scuole dopo una settimana per le elezioni amministrative e per il referendum costituzionale che, sembra, si terranno il 20 settembre, allora stiamo andando incontro a un nuovo disastro.