Prof di religione, caccia all’intesa per il concorso

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Partito, venerdì, il tavolo tra ministero dell’istruzione e Conferenza episcopale italiana (Cei) per definire l’intesa sul prossimo concorso per gli insegnati di religione cattolica (Irc), previsto dal Decreto Scuola dello scorso dicembre, che dovrà essere bandito entro fine anno e coprirà i posti vacanti e disponibili nel prossimo triennio, dall’anno scolastico 2020/21 al 2022/23. Un’intesa Mi-Cei che, però, per lo Snadir, il sindacato dei docenti di religione, «non è materia prevista dalla legge 121/1985». «Deve essere chiaro a tutti che», avverte il segretario nazionale Orazio Rustica, «qualsiasi decisione finale dovrà essere a favore dei docenti precari di religione». Tanto più che attendono un nuovo concorso da ben 16 anni. L’ultimo, infatti, fu bandito nel 2004 dall’allora ministra dell’istruzione Letizia Moratti, con la conseguente adozione di graduatorie valide fino al 2007. Non seguirono ulteriori procedure selettive. Fino al nuovo concorso, questo anno, da bandire entro il 31 dicembre con la metà dei posti riservata ai docenti con 3 annualità di servizio da almeno 180 giorni. Mentre proseguirà, come stabilito dallo stesso Decreto Scuola, lo scorrimento delle graduatorie per chi ha superato il concorso del febbraio 2004 ma non è ancora entrato in ruolo.

In Italia, infatti, su 24mila docenti di religione ben 14mila sono precari: 3 Irc su 4. Con oltre l’86% degli studenti che scelgono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, pur essendo un disciplina scolastica facoltativa. Tuttavia, secondo lo Snadir il concorso porterà all’assunzione di circa 6 mila insegnati, di cui appena 3 mila posti saranno assegnati ai precari storici. Continueranno, quindi, le supplenze per ben 8 mila cattedre. Una situazione che ha portato anche i maggiori sindacati della scuola a intervenire il giorno stesso dell’insediamento del tavolo tra Mi e Cei, presieduto da Lucrezia Stellacci, consigliera della ministra Lucia Azzolina. Insieme allo Snadir, Cisl Scuola, Fcl-Cgil, Uil Scuola e Snals Confsal e Gilda hanno unitariamente chiesto «un incontro urgente al ministero dell’istruzione al fine di individuare soluzioni eque e legittime a favore dei 12/15 mila docenti precari abilitati di religione lasciati, fino ad oggi, privi di tutele e garanzie». Precisando, inoltre, che «occorre predisporre una procedura di assunzione a tempo indeterminato per i precari con oltre 36 mesi di servizio con le medesime modalità previste per i precari di altre discipline».

Esce allo scoperto anche l’opposizione. «Non ci risulta che al tavolo ministero-Cei si sia discusso modalità e tempistica del concorso per docenti di religione, notoriamente poco condiviso dagli interessati nella formula espressa dal decreto Scuola 2019», dichiara il senatore Mario Pittoni, responsabile istruzione della Lega. Mentre la deputata di Fratelli d’Italia Paola Frassinetti ritiene «preferibile la formazione di graduatorie ad hoc, tenuto conto che ci sono insegnanti di religione abilitati che attendono anche da vent’anni l’immissione in ruolo».

Proprio FdI aveva nei giorni scorsi presentato alla Commissione Cultura della Camera un’interrogazione sull’intesa, a cui ha risposto la viceministra all’istruzione Anna Ascani, spiegando che il ministero, «in attesa della sottoscrizione della prevista intesa, ha avviato il 12 maggio scorso uno specifico monitoraggio per il tramite degli uffici scolastici regionali al fine di verificare l’attuale stato delle graduatorie del 2004, in modo da potersi procedere a medio termine, qualora la procedura concorsuale non si svolga e termini per il 2020, con lo scorrimento delle stesse come richiesto dal legislatore». Così da procedere alle graduali immissioni in ruolo dei circa 2 mila docenti Irc risultati idonei all’unico concorso per la disciplina svolto fino a oggi, quello del 2004 appunto.