Linee guida per il rientro a scuola. Presidi e sindacati: così non si può fare

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da Corriere della sera

Non sono piaciute le linee guida per settembre. Troppo generiche, caotiche, inutili e tardive, le definiscono le opposizioni, dalla Lega a Più Europa. Spaventano i presidi che temono lo «scaricabarile». Scontentano persino un partito di maggioranza come Italia Viva e persino un sindacato, la Cisl che in questi ultimi mesi ha cercato mediazioni e accordi per far riuscire a gestire l’emergenza. « Non c’è ancora un’idea definita e mancano gli obiettivi: si riapre la scuola per garantire la sicurezza e l’attività formativa o rischiamo di dover rivedere dopo pochi giorni tutti gli assetti organizzativi e didattici ?», si chiede Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl-scuola. Più dura la Uil che, per bocca del suo segretario Pino Turi, paventa il rischio di una «privatizzazione dell’istruzione pubblica» attraverso il cavallo di troia dei «patti di comunità» fra scuola e realtà varie (pubbliche ma anche private, appunto) del territorio. Le critiche arrivano un po’ da tutti e così la ministra Lucia Azzolina è costretta a twittare una prima replica: aspettate, il senso, vedo in giro interpretazioni che non sono corrette. Ma intanto il comitato «Priorità alla scuola» ha indetto per domani, giovedì 25 giugno, una giornata di mobilitazione in 60 piazze italiane per chiedere la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza di tutte le scuole, dai nidi alle università, a tempo pieno. All’iniziativa aderisce anche la FLC-Cgil che, del piano del governo, contesta «la totale mancanza non solo di risorse – nota il segretario Francesco Sinopoli – ma anche di prospettiva».

I presidi: il sabato non è la soluzione

Si riferisce al fatto che quella che circola è una bozza, sicuramente. Ma anche ai timori dei presidi. Che nell’impostazione del documento del Miur diventano i veri protagonisti dei prossimi mesi:ognuno di loro dovrà ridisegnare spazi e orari della propria scuola. «Ci aspettavamo delle indicazioni specifiche ad esempio su livello minimo di servizio, si demanda tutto a dei tavoli regionali composti da tantissime persone che avranno difficoltà a dar risposte concrete e operative – spiega Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi – Il Piano prevede che a settembre le lezioni si estendano alla giornata del sabato ma, fa notare Giannelli, il sabato «ci sono già scuole che lo fanno, non è né un problema né una soluzione, quello che conta è il numero di ore di lezione effettivamente erogate. Su questo mancano indicazioni, dal documento non riesco a capire se è possibile apportare uno sconto al numero di ore complessive purché garantite a tutti oppure no, non cambia nulla farlo in cinque o sei giorni». A proposito dell’autonomia Giannelli specifica che «non è mai decollata per mancanza di risorse e di libertà di gestione dei dirigenti scolastici del personale delle risorse economiche e logistiche, in modo più chiaro di come è stato fatto negli ultimi vent’anni, su questi due punti purtroppo non ci siamo». Per dirla con il suo collega dell’Associazione presidi di Roma Mario Rusconi: qui si gioca allo scaricabarile, altro che autonomia.

«Decida la politica»

Tra i più critici c’è il partito di Matteo Renzi: «Il ministero dell’Istruzione non decide e lascia che le regole sulla riapertura delle scuole le decida il Comitato tecnico scientifico. Chi conosce le scuole sa che così o raddoppiamo spazi, docenti, e quindi risorse economiche, oppure si dividono le classi e si fa lezione a turni o in didattica a distanza, oppure, ed è un rischio vero, non si riapre». . A dirlo sono Gabriele Toccafondi, Daniela Sbrollini e Michele Anzaldi, componenti di Italia Viva in commissione Cultura a Camera e Senato. «La politica ha il diritto e il dovere di decidere, ascoltando tutti gli esperti, Cts compreso ma poi la scelta spetta al governo». Sarà un caos chiosa dall’opposizione l’ex ministra Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera.