Fare come e perchè

Fare come e perchè

di Maurizio Tiriticco

Antonio Fundarò in un articolo dal titolo “Didattica a distanza, come rimodulare la progettazione delle attività didattiche”, pubblicato recentemente da edscuola.it, commentando la CM del MI del 17 marzo 2020, avente per oggetto “emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus”, afferma tra l’altro quanto segue: “La didattica a distanza, molto più di quella in presenza a scuola, implica un coinvolgimento attivo individuale importante, sul quale i docenti non hanno possibilità di intervenire se non riprogettando e riadattando competenze, abilità e conoscenze anche se, per lo più, le competenze dovrebbero rimanere invariate mentre le abilità e le conoscenze potrebbero essere diverse. Si ricorda, infatti, che al dovere della scuola di attivare le modalità di didattica a distanza, modificando, talvolta profondamente la progettazione approvata ad inizio anno, corrisponde il dovere di partecipazione per gli studenti che sarà tanto maggiore quanto più adeguato sarà la rimodulata azione educativa-formativa”.

Non so quale vantaggio tragga il lettore insegnante da queste considerazioni. L’attività didattica – sia in presenza che a distanza – va sempre e comunque progettata. Mi piace ricordare il primo avvio della “progettazione educativa e didattica”, di cui al dm 9 febbraio 1979 relativo alle attività didattiche della scuola media. Ed è anche opportuno, quando sia il caso, riprogettarla: ad esempio, nel caso in cui dati obiettivi (ovvero le performance richieste ad ogni singolo alunno) si dimostrino troppo ambiziosi. Mi chiedo però che cosa significa affermare che “le competenze dovrebbero rimanere invariate mentre le abilità e le conoscenze potrebbero essere diverse”. In realtà, in un’operazione finalizzata – semplice o complessa che sia – si realizza sempre uno stretto rapporto in crescendo – potremmo dire – che lega e sviluppa conoscenze, abilità e competenze. Un esempio banale: l’alunno “sa contare” (conoscenza), quindi è capace di acquistare un quotidiano (abilità). Poi, chiamato a svolgere una ricerca sul covid19, ovviamente eseguirà operazioni complesse e competenti, fondate  sulla ricerca delle fonti opportune.

In altri termini, un’azione competente è un insieme di attività strettamente connesse e a volte complesse, mirate ad un preciso scopo. Quando faccio la spesa al supermercato, si intrecciano tra loro molte operazioni: quali prodotti acquistare e perché; quali sono le disponibilità di danaro; quanti sono i membri della famiglia; quanto tempo dovranno durare; e mille altre variabili che non sto a dire. Sono esempi banali, lo so! Ma esistono attività lavorative professionali che richiedono progettazioni molto attente: il piastrellista, l’architetto, il medico, l’insegnante e tanti altri lavoratori devono conoscere bene il da farsi al fine di raggiungere un dato obiettivo, e devono valutare opportunamente tempi, modi, costi, eventuali difficoltà ed imprevisti. Pertanto CONOSCONO il da farsi, sono ABILI nel fare, COMPETENTI nel raggiungere l’obiettivo.

Ritorno alla citata considerazione di Fundarò: “le competenze dovrebbero rimanere invariate mentre le abilità e le conoscenze potrebbero essere diverse”. Non ne capisco il senso. In realtà, ciascuna operazione finalizzata si intenda compiere, il rapporto che corre tra il conoscere, il fare (abilità) e il realizzare (competenza) un dato obiettivo atteso è molto stretto. In effetti, anche andare in pizzeria con gli amici richiede operazioni organizzative! Che, ovviamente, non sono quelle che attendono alla costruzione di un ponte! Ma alla gestione di una qualsiasi attività didattica, sì!