Ahi settembre…

AHI SETTEMBRE, TORNERÒ. SONO PRONTO E TOCCA A ME…

di Maria Grazia Carnazzola

1. Per iniziare

L’anno scolastico appena concluso è stato un anno al limite dell’assurdo: di attese disattese, di rattoppi convulsi e ansiosi, di indicazioni arrivate fuori tempo- generative di quotidiane incongruenze-di inutili rincorse di una qualità dell’insegnamento da sempre poco conosciuta, di valutazioni degli apprendimenti docimologicamente traballanti… Non è colpa di nessuno, del Covid-19 semmai. Tutti, o quasi tutti, hanno fatto del loro meglio, alunni e famiglie compresi. Ora siamo proiettati sul nuovo anno, sul 14 settembre, e siamo di nuovo tutti in ansia, pensando a come smaltire lo stress accumulato e a come realizzare quella scuola che aspira a diventare “innovativa” (non si capisce bene cosa significhi precisamente il termine), ma di cui si faticano a costruire le condizioni e le premesse. La scuola richiede cornici di senso, la situazione sociale e culturale richiede un cambiamento della formazione e questo postula modifiche sul piano professionale e didattico, prima ancora che organizzativo, e un progetto culturale di largo respiro, dove le soluzioni tecniche rimandano a risignificazioni complessive. Nessun cambiamento può essere desiderato e perseguito se non si ha una prospettiva di senso da perseguire; la scuola attraversa una profonda crisi di significati che si manifesta, anche ma non solo, nella difficoltà a raggiungere esiti soddisfacenti sul versante dell’educazione e dell’istruzione.

2. Il Documento di pianificazione delle attività scolastiche 2020/2021

Le linee guida sono ampie, prendono in considerazione, anche se non sempre con chiarezza, molti aspetti istituzionali, organizzativi, logistici, sanitari e gestionali: uno sforzo da riconoscere.
Un elemento centrale, purtroppo, è rimasto sullo sfondo. Con questa operazione di marketing comunicazionale si è lasciato in secondo piano proprio l’aspetto centrale della scuola: un progetto culturale serio che indichi il patrimonio conoscitivo e tecnico complessivo di cui la società dispone attualmente e sul quale occorre riflettere per individuare, in termini probabilistici, ciò che dovrà permanere e ciò che dovrà cambiare per il futuro prossimo e meno prossimo. Una scuola che meriti questo nome si occupa fisiologicamente del cosa insegnare e del come insegnarlo, monitorando e valutando gli esiti del proprio fare sul piano degli apprendimenti e delle prassi di insegnamento, per la necessaria retroazione. È il pensiero teoretico che deve essere trasposto in termini istituzionali, organizzativi e pratico-operativi, non viceversa. La domanda di fondo è: quale uomo e quale cittadino? Da qui un progetto di scuola che, attraverso l’organizzazione culturale diventerà organizzazione istituzionale e poi “mentalità comune” della nazione. Solo così ha senso parlare di inclusione, di innovazione, di responsabilità…Senza un preciso quadro di riferimento il linguaggio diventa propaganda che si appropria delle parole comuni snaturando la lingua e le prassi civili, sociali e culturali. Ce lo ha spiegato bene V. Klemperer; e se questo succede “le istituzioni pensano e ragionano per noi”, direbbe E. Kant. La formazione è un processo complesso che richiede risposte competenti. Non è ripetendo le stesse cose in contesti diversi e con formule diverse-innovazione, inclusione, cittadinanza, media-education, sviluppo sostenibile – che si orienta la formazione verso risultati diversi. Bisogna creare le condizioni per una corretta significazione e attuazione degli indirizzi nazionali indicando gli strumenti culturali e tecnici necessari. Le scuole, gli insegnanti, sanno bene che per finalizzare il lavoro allo sviluppo delle competenze di cittadinanza occorre fare ragionamenti a metà fra educazione e istruzione, tra responsabilità / apprendimenti disciplinari e responsabilità / apprendimenti trasversali. Senza nascondersi che parlare di cittadinanza attiva e responsabile pare confliggere con i macroprocessi sociali in atto e questo riporta in evidenza quanto più sopra sostenuto: il significato dell’innovazione della formazione sta nella ridefinizione dei fini, prima, e nel disegno dell’organizzazione e nella ricerca degli strumenti e dei modi, poi.

3. Piano scolastico per la didattica digitale integrata

Confesso la mia ignoranza, ma non sono riuscita a capire con che cosa o con chi dovrà essere integrata la didattica digitale. Ma, a pagina 15 leggo: “Le Linee guida per la didattica digitale integrata proporranno alle scuole i seguenti elementi” e la cosa mi ha tranquillizzato, arriveranno chiarimenti. Arriveranno, ma tempo non ce n’è. Siamo a luglio: quando le scuole faranno il necessario lavoro di reimpostazione del curricolo e la formazione/aggiornamento dei docenti che si rendessero necessari? Devono essere coinvolti il Consiglio di Istituto, il Collegio dei docenti, i dipartimenti disciplinari e successivamente i Consigli di classe. Cambiano i tempi e i modi di erogazione del servizio, qualche riflessione dovrà essere fatta. Quanto prescritto dai documenti programmatici nazionali di tutti i gradi scolastici- Linee Guida o Indicazioni Nazionali, Linee guida per l’educazione civica…- o internazionali – Competenze chiave 2018, Indicazioni dell’Agenda 2030… – dovranno pur essere ricomposte in un progetto unitario di Istituto che fornisca ai singoli docenti i criteri ispiratori delle scelte metodologiche e degli indicatori di risultato. Il piano dei valori condivisi, quali la collaborazione, la cooperazione, la convivenza rispettosa, la legalità, l’etica della responsabilità, dovrà coniugarsi con quello delle competenze culturali di base, dei saperi disciplinari e dei saperi trasversali per un esito finale e globale di formazione che, toccando i diversi aspetti della persona, costruisca gli strumenti e le condizioni per una vita personale, sociale e per una relazione consapevole con la realtà. L’integrazione delle competenze disciplinari con quelle trasversali (responsabilità di tutti i docenti) è una delle difficoltà maggiori che le scuole incontrano, anche per la poca abitudine all’analisi del compito e, quindi, per la scarsa consapevolezza del rapporto esistente tra stimolo offerto e processi-abilità sollecitate da parte nella pratica didattica. Ma proprio questo sarà uno dei passaggi obbligati per consentire la padronanza didattica e la condivisione di strumenti, anche digitali, e di strategie intenzionalmente finalizzate ai risultati attesi per tutti gli alunni, relativamente alle discipline, alla realtà contemporanea, al proprio funzionamento cognitivo e metacognitivo. Potranno così essere poi presi in considerazione i problemi derivanti dall’uso didattico delle tecnologie e delle ricadute sulle pratiche di insegnamento e sui modi – tempi dell’apprendimento, in una visione veramente integrata dei processi con i fini. Questo nostro presente ha riproposto la necessità di una formazione che integri le conoscenze specialistiche, parziali, con la flessibilità degli stili di pensiero per l’adattabilità dei comportamenti. Ciò, da un punto di osservazione più generale, è possibile solo se si cambiano le categorie interpretative dei fenomeni e degli accadimenti del presente o del passato e ci si sforza di non leggerli esclusivamente all’interno del loro ambito scientifico-disciplinare (della storia, della medicina, della filosofia, della fisica…), ma cercando comuni orizzonti di senso.

4. Conclusioni

La scuola rimane lo strumento di crescita e di sviluppo sociale per eccellenza se, e quando, comprende le trasformazioni in atto e cerca di gestirle nella loro complessità, senza tentazioni di semplificazioni, riduzionismi o illusioni di conoscenza. Il periodo particolare che stiamo attraversando, oltre ad aver rimesso in evidenza le carenze storiche del sistema, potrebbe comportare un aumento delle deleghe educative a fronte di uno strisciante impoverimento degli strumenti professionali degli insegnanti sul piano culturale, psicopedagogico, didattico ed etico e di un progetto formativo istituzionale disegnato al ribasso. Le innovazioni, i dibattiti, le vetrine non hanno senso se al centro non si riposiziona la professionalità degli insegnanti, unici a poter gestire il cambiamento e a mantenere viva la passione per quello che fanno. E questo rimanda, anche, alla necessità della “manutenzione” della professionalità – ancor più necessaria nei momenti di transizione come l’attuale- manutenzione che si fonda sulla riflessione e sulla necessità di tempo dedicato: in fondo il pensiero del futuro è l’unico che giustifica e motiva il “fare” nel presente. Urge la revisione dell’organizzazione strutturale e delle prassi della formazione scolastica. Le sfide si vincono alzando il livello della competenza didattica, non abbassando il livello delle richieste di apprendimento e banalizzando la valutazione degli esiti. Serve una diversa impostazione ermeneutica che colga le opportunità che offre il presente, che ponga un modo nuovo di rapportarsi con le narrazioni delle storie e degli accadimenti, con le dimensioni dell’incertezza e del non ancora conosciuto dell’esistenza individuale e sociale. I docenti possono farlo- se sono posti nelle condizioni di poterlo fare- senza pretese di certezze, confidando in sé stessi, nei colleghi e un po’ nella buona sorte. “Le cose che ci aspettiamo non si compiono, per quelle inattese un dio trova la via” recitava, verso la fine, il coro nelle Baccanti di Euripide.

BIBLIOGRAFIA

A.Fortis, Settembre,1981
E. Kant, Per la pace perpetua, Feltrinelli, Milano 2013, p. 87
V. Klemperer, LTI. La lingua del terzo Reich, Giuntina Firenze 1998
Indicazioni Nazionali 2012
Indicazioni Nazionali per i Licei 2010 e Linee Guida per gli Istituti Tecnici e Professionali 2010-2012
Agenda 2030
Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea, 22/5/2018
Piano Scuola 2020-21