Ritorno in classe a settembre: la tentazione di ridurre il tempo scuola

da Tuttoscuola

Per la ripartenza in sicurezza a settembre le scuole sono in attesa di due risposte decisive: l’eventuale disponibilità di nuovi spazi e, se necessario, l’integrazione di organico del personale. La prima risposta – che dovrebbe venire dagli Enti Locali – condizionerà la seconda, rimessa all’Amministrazione scolastica centrale e regionale. In attesa di quelle risposte, nel timore che non arrivino mai o che arrivino tardi a ridosso dell’inizio delle lezioni, sembra vi siano dirigenti scolastici orientati a semplificare l’organizzazione didattica riducendo il tempo scuola.

Si tratta di una tentazione più che comprensibile, visto che sui capi d’istituto ricade la responsabilità dell’organizzazione didattica e la sicurezza degli alunni e del personale. Ma, se l’esigenza di sicurezza e di tutela della responsabilità dirigenziale portasse a sacrificare il tempo scuola, vi sarebbero conseguenze negative sull’offerta di servizio.

Con la ripresa delle attività didattiche la scuola ha bisogno di potenziare quantitativamente e qualitativamente la sua offerta formativa.

Da marzo a giugno, a causa del Covid – 19, si sono persi 190 milioni di ore di lezione in presenza, e, nonostante la didattica a distanza, molte di quelle ore si sono perse definitivamente, a svantaggio di milioni di alunni molti dei quali, per cause varie, ne sono rimasti totalmente privi.

È certamente opportuna la previsione di dedicare le prime settimane di lezione del prossimo anno al recupero degli apprendimenti i cui livelli sono stati valutati non sufficienti negli scrutini finali, ma non è di minore importanza recuperare un diffuso sommerso di apprendimenti non conseguiti che la valutazione di fine anno non ha messo formalmente in evidenza.

Proprio per questo una eventuale riduzione di orario – si ipotizzano lezioni al solo mattino, anche per infanzia e tempo pieno – soppressione della mensa, riduzione della durata delle lezioni, aggraverebbe il quadro complessivo dei livelli di apprendimento e delle competenze personali.

Dai primi segnali internazionali risulterebbe che tra gli effetti negativi determinati dalla pandemia siano in grave sofferenza non solo l’economia, la produzione, il turismo, l’occupazione, ma anche la scuola. Le rilevazioni degli apprendimenti da parte dell’Invalsi potranno confermare già a cominciare dall’anno prossimo questi timori.

La quantità di tempo scuola, in questa situazione, non è irrilevante rispetto agli esiti attesi. Diventa infatti anche funzionale all’approfondimento dei contenuti disciplinari e all’individualizzazione delle competenze, con conseguente qualificazione dell’intera offerta formativa.

Senza considerare che il minor tempo scuola finirebbe anche per penalizzare moltissime famiglie impossibilitate ad assistere i figli (in particolare i più piccoli) come avvenuto nel lockdown imposto dal coronavirus. Ridurre il tempo scuola equivarrebbe a impedire la riqualificazione del servizio e ad accentuare la differenza dei livelli di competenza tra gli alunni, con aumento a senso unico della povertà educativa.