Roma, 20 luglio 1943

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Roma, 20 luglio 1943

di Maurizio Tiriticco

Dal mio “Balilla Moschettiere” — “””Il bollettino n. 1150 fu assai laconico: “Nel tardo mattino di oggi formazioni di apparecchi avversari hanno sganciato numerose bombe su Roma, causando danni in corso di accertamento”. E quello successivo, n. 1151, del 20 luglio fu più esauriente, a suo modo: “I danni arrecati dalle formazioni americane, che con alcune centinaia di quadrimotori hanno ieri, durante tre ore, attaccato Roma, sono ingenti; risultano, tra gli altri, gravemente colpiti e in parte distrutti, edifici sacri al culto e alla scienza e quartieri di abitazioni operaie: in particolare la basilica di S. Lorenzo, il cimitero del Verano, la Città Universitaria, il complesso ospedaliero del Policlinico, i caseggiati popolari delle zone Prenestina e Latina. Il numero delle vittime civili finora accertate ascende a 166 morti e a 1659 feriti. Durante e dopo l’incursione la popolazione ha dato esempio di disciplina e di calma. Sette velivoli sono stati abbattuti dalle artiglierie contraeree e uno dalla caccia”. Calma e disciplina? Oppure paura e rabbia? E tutti sapevamo del Papa, che era andato a vedere che cosa fosse successo, e che la sua tunica bianca si era sporcata di sangue! E il Duce perché non c’era andato? In quella stessa mattinata Mussolini e Hitler si incontravano a Feltre. E pare che Hitler avesse lamentato i ritardi italiani e le nostre promesse non mantenute. “Due popoli una guerra”: questo lo slogan del patto di Acciaio! Ma pare che il contributo italiano fosse solo di stagno…”””

L’esercito fascista!?!?!? Chiacchiere su chiacchiere! Pochi mezzi! Carri armati che scherzosamente chiamavamo scatolette di tonno! E i fucili? In dotazione c’era il moschetto modello 91, quello della prima guerra mondiale! E il Duce aveva dotato noi balilla moschettieri di un modello analogo. Per non dire dei nostri soldati in Russia – prima il CSIR, Corpo di spedizione italiano in Russia, e poi l’ARMIR, Armata italiana in Russia – con le scarpe di cartone!!!Leggetevi “Il sergente nella neve”, il racconto autobiografico di Mario Rigoni Stern. E i nostri soldati in Africa? Armamenti e sostentamenti insufficienti e scarsi! Eroismo tanto! Significative le parole della Saga di Giarabub”. Eccole!

“Inchiodata sul palmeto veglia immobile la luna. A cavallo della duna sta l’antico minareto. Squilli, macchine, bandiere,scoppi, sangue! Dimmi tu, che succede, cammelliere? È la sagra di Giarabub! Colonnello, non voglio il pane, dammi il piombo del mio moschetto! C’è la terra del mio sacchettoche per oggi mi basterà. Colonnello, non voglio l’acqua,dammi il fuoco distruggitore! Con il sangue di questo cuorela mia sete si spegnerà”.

In effetti abbondavamo di canzoni di guerra, che a scuola imparavamo diligentemente a memoria, e di una propaganda che ci mostrava la vittoria dietro l’angolo, ma… la realtà era ben diversa! Ed io, balilla moschettiere credente, la toccai purtroppo con mano! Dal 25 luglio all’8 settembre del 1943! Quindici giorni di sofferenza! Quindicigiorni per capire che la mia infanzia e la mia adolescenza mi erano state rubate! Dal fascismo e dalla sua dittatura chiacchierona! Questo, e tante altre brutture, è stato il fascismo! Parole ad abundantiam! Fatti pochi e negativi!Sfilate molte, armamenti pochi e poco efficienti! E non dico nulla di quanto avvenne l’8 settembre! Un re fuggitivo! Un esercito senza ordini abbandonato a sé stesso! Così nel giro di una giornata l’intero Paese fu letteralmente occupato dai tedeschi! L’Italia, terra di conquista! Ma questa è un’altra storia.