Concorso presidi, i ricorrenti: “La ministra non rende pubblici gli atti”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – C’è un altro fronte scolastico che preoccupa la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, impegnata nella complessa riapertura di settembre, ed è il concorso per presidi. E’ stato avviato nel novembre 2017 e si è svolto nel corso del 2018. La Azzolina, già docente precaria in Liguria, entrata in ruolo a Biella, lo ha vinto che era deputata dei Cinque Stelle e membro della commissione Cultura della Camera, istituzione che di concorsi scolastici si occupa per statuto. Nella prova preselettiva l’attuale ministra ha meritato 73 (ultimo punteggio utile per passare 71,7). All’orale, quindi, la commissione l’ha giudicata da “0” (su sei) in Informatica e da “5” (su dodici) in Inglese, era preparata tuttavia sulla normativa scolastica. Lucia Azzolina è entrata, alla fine, nel novero dei vincitori: è diventata preside. Successivamente, si è scoperto che le prove scritte di quel concorso – gli scritti, non gli orali – sono state fortemente discutibili e, ora che sul concorso indagano sei procure in tutta Italia, i ricorrenti – una quota di docenti candidati alla gara e poi bocciata – accusano la ministra di opporsi alla richiesta di far conoscere tutti gli atti.

Il concorso per dirigenti scolastici è stato annullato dal Tar del Lazio con due sentenze del luglio 2019 e, ancora, lo scorso 24 giugno il Tribunale amministrativo ha soppresso la graduatoria che ne fissava i vincitori: elenco da rifare. Molte sono le ombre che ogni giorno si allungano sulla prova nazionale, fanno intravvedere l’operato infedele di alcuni commissari delle trentotto sottocommissioni che, nel Paese, hanno valutato le singole prove. Da un anno il Comitato Trasparenza è partecipazione chiede l’accesso agli atti completi e ancora una volta il Tar, con sentenza di quest’anno, la numero 2293, ha ordinato al ministero la totale ostensione dei documenti dei vincitori: elaborati della prova scritta, griglie di valutazione e verbali. Quest’ultimo, con un ricorso firmato personalmente dalla “ministra pro tempore” e depositato dall’Avvocatura di Stato, si è rivolto al Consiglio di Stato invocando due ragioni per non concedere trasparenza: uno, i dirigenti scolastici vincitori, se riconosciuti con nome e cognome, potrebbero subire pressioni dai docenti sconfitti; due, l’iter del concorso non si è ancora concluso e le rivelazioni potrebbero creare grave danno alla prosecuzione dell’anno scolastico. Il Consiglio di Stato, con ordinanza, ha rimandato quindi al 29 ottobre la decisione sulle richieste di pubblicazione avanzate dal Tar.

Tutte le sentenze del Consiglio di Stato, sulla materia concorso presidi, sono state fin qui motivate dalla più importante necessità di consentire un ordinato svolgimento del percorso scolastico, il “preminente interesse pubblico”, ma, visto che la maggior parte dei dirigenti vincitori è entrato in ruolo da un anno, questa motivazione appare gracile.

“Non ci danno il codice sorgente”

Il Consorzio Cineca, che ha organizzato la prova sul piano informatico, si oppone a sua volta alla concessione del codice sorgente del software utilizzato per lo scritto. “Segreti tecnici”, “protezione dalla concorrenza”, “valore economico del codice”, sono in questo caso i motivi avanzati per l’opposizione. La perizia dell’informatico forense Marco Calonzi, realizzata per conto del Comitato Trasparenza è partecipazione, ipotizza, tuttavia, la presenza di falle di sistema che avrebbero permesso la violazione dell’anonimato degli elaborati scritti dei candidati prima dello scioglimento dell’anonimato stesso. In anticipo sulla prova, ecco, in alcuni casi le commissioni conoscevano i nomi dei candidati. Anche sul codice sorgente, con una nota del capo dipartimento Marco “Max” Bruschi, il ministero ha concesso solo un accesso parziale.

Il Comitato ha potuto vedere i primi 430 documenti dei vincitori, trecento dei quali rilasciati dal ministero ancora sotto la titolarità di Lorenzo Fioramonti. Un terzo degli elaborati, secondo i ricorrenti, presentavano irregolarità: punteggi sfalsati rispetto alla griglia di valutazione, voti gonfiati per risposte non date, file privi di metadati e alcuni creati prima dell’avvio della prova. Repubblica ne ha visionato alcuni e ha riscontrato diverse incongruenze.

La ministra Azzolina, entrata in Viale Trastevere lo scorso 10 gennaio, non ha concesso ulteriori pubblicazioni e per tre volte ha espresso parere negativo a una soluzione extragiudiziale del post-concorso proposta da parlamentari di maggioranza e di opposizione (lo stesso Fioramonti, quindi Orfini, De Petris, Nencini, Pittoni, Fassina) per salvare i candidati in contenzioso e consentire loro, come già fatto in occasioni passate, di essere nuovamente giudicati dopo aver fatto un corso intensivo di formazione. E’ passato, invece, un emendamento di Italia Viva, già approvato nel Decreto scuola, che immetterà nel ruolo di dirigenti anche i cosiddetti idonei (adatti al ruolo, secondo la prova, ma non rientranti nei vincitori). Ad oggi, va ricordato, sono entrati in ruolo 2.900 dirigenti scolastici e altri 500 idonei sono in attesa.

Michele Zannini, presidente del Comitato Trasparenza è partecipazione, chiede: “Perché il ministero non consente di prendere visione di tutti i documenti della prova scritta del concorso? Di che cosa ha paura? Che forse troveremo prova del fatto che alcuni dirigenti scolastici hanno superato lo scritto rispondendo solo a tre dei cinque quesiti a risposta aperta? Il fatto che Lucia Azzolina, che ha partecipato e vinto quel concorso, nel frattempo sia diventata ministra dell’Istruzione dovrebbe suggerirle la massima trasparenza non un’opposizione strenua alla conoscenza dei fatti. Tutti i bandi gestiti dal ministero dell’Istruzione, dal 2004 ad oggi, sono stati oggetto di contenziosi giudiziari e i contenziosi si sono prolungati per decenni liberando i ministri che li avevano gestiti dalle loro responsabilità pubbliche”.

Il ministero: “Nessun accesso generalizzato”

Sulla questione dell’opportunità della resa pubblica degli elaborati del concorso presidi, Repubblica ha interpellato la stessa ministra Azzolina, tutt’oggi rappresentante di un movimento Cinque Stelle che della trasparenza ha fatto motivo di ascesa politica. Il portavoce della ministra ci ha inviato questa risposta scritta: “Il ministero dell’Istruzione ha da subito scelto una linea chiara rispetto al concorso per dirigenti scolastici, non da oggi, ma dall’inizio dei ricorsi, partiti nel 2018, ovvero due anni fa: quella di attendere sempre e rispettare rigorosamente, come doveroso, i pronunciamenti della magistratura amministrativa rispetto ai ricorsi presentati consentendo però, al contempo, il maggior numero di accessi agli atti possibile, in un’ottica di totale trasparenza. I numeri parlano chiaro: sono già 430 i compiti di altri candidati visionati, ad oggi, dai ricorrenti. Ogni candidato partecipante alla prova scritta, parliamo di quasi 9.000 persone, ha poi soddisfatto il proprio accesso agli atti visionando il suo compito, la propria scheda di valutazione e il verbale di correzione della propria commissione, nonché il verbale per la definizione dei criteri di correzione. A chi lo ha richiesto è stato dato anche il verbale d’aula. Di tutto si può parlare tranne che di mancata trasparenza. Linea questa che l’amministrazione ha tenuto ferma ad ogni cambio di ministro intervenuto dall’avvio dei ricorsi. Anche perché i ricorsi riguardano, appunto, l’amministrazione scolastica: il contenzioso dei ricorrenti è con il ministero e non con il vertice politico. E non potrebbe essere altrimenti. Non c’è dunque nessuna volontà, né ci potrebbe essere, da parte della ministra Azzolina o di qualsiasi altro ministro, di non assicurare la trasparenza. Anzi, sarebbe singolare se un ministro intervenisse in un senso o nell’altro su un concorso e sui relativi ricorsi, fronte che è di stretta competenza dell’amministrazione. Sarebbe una vera e propria interferenza. Il ministero ha peraltro tenuto, anche in questo caso, una linea già utilizzata in passato in situazioni simili e attende ora, con fiducia, l’esito dei giudizi pendenti. L’amministrazione non può che misurarsi nei processi, la sede deputata per confrontarsi con i ricorrenti, fino al definitivo giudizio del Consiglio di Stato, ricorso per ricorso. Nel frattempo, oltre a garantire la trasparenza, e in attesa delle sentenze definitive, proprio sulla base di quanto già stabilito dal Consiglio di Stato con pronunciamento del luglio del 2019, il ministero ha anche garantito il buon funzionamento delle scuole immettendo in ruolo quanti più dirigenti scolastici possibili vincitori di concorso per evitare l’annoso fenomeno delle reggenze”.

Rispetto a questa risposta, non è chiaro che cosa intenda il ministero dell’Istruzione per “rispettare rigorosamente i pronunciamenti della magistratura amministrativa” visto che il pronunciamento del Tar, il ministero, non lo ha rispettato: non ha aperto gli archivi. Si è, invece, opposto alla sentenza chiedendo l’intervento del Consiglio di Stato (atto, ovviamente, legittimo). Ancora, non è in discussione la possibilità che un candidato controlli in un secondo momento il proprio elaborato, cosa prevista da qualsiasi amministrazione pubblica, ma la richiesta di emersione di tutti gli scritti dei vincitori, senza anonimato, alcuni dei quali si sono già rilevati non lineari. Per ora, il ministero dell’Istruzione ha tolto il vincolo (non l’anonimato) a trecento lavori sotto il ministro Fioramonti e ad altri centotrenta (meno del 5 per cento del totale) sotto la ministra Azzolina. “L’accesso agli atti è stato presentato per 570 compiti”, dicono ancora al ministero, “nelle prossime settimane faremo visionare i restanti 140, ma non è previsto alcun accesso generalizzato”.

Sulla sentenza di annullamento dell’intera prova, firmata dal Tar, il Consiglio di Stato si esprimerà il prossimo 15 ottobre.