“Con la mascherina il metro non serve”. I tecnici salvano le scuole senza aule

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – Ci sono scuole, nel Paese, che il 14 settembre non avranno abbastanza aule. In Campania e in Calabria la situazione, riferisce il Comitato tecnico scientifico, “è disperata”. Il distanziamento “per alcune decine di migliaia di studenti” – la fonte è sempre il Cts – non sarà possibile. Nella riunione numero 100, realizzata in videoconferenza lunedì scorso, i ventisei tecnici e scienziati del Comitato per la prima volta hanno accettato il compromesso più difficile: “Al solo scopo di garantire l’avvio dell’anno scolastico”, hanno messo a verbale, “in eventuali situazioni in cui non sia possibile garantire nello svolgimento delle attività scolastiche il distanziamento fisico prescritto, sarà necessario assicurare la disponibilità e l’uso della mascherina, preferibilmente di tipo chirurgico”.

In nome di un bene fondamentale, il diritto allo studio, e intuendo la necessità di limitare al minimo la didattica a distanza, soprattutto per infanzia ed elementari, il Cts ha ceduto e consentirà di scendere al di sotto del metro di distanza nelle scuole dove non ci sarà la possibilità di rispettarlo. In quei casi le mascherine – chirurgiche – dovranno essere sempre alzate su bocca e naso, anche nel corso della lezione.

I tecnici e scienziati del Cts hanno scritto che la deroga sarà limitata “al periodo necessario a consentire la ripresa delle attività didattiche” e “dovrà essere corretta il prima possibile” anche attraverso “soluzioni strutturali provvisorie utilizzate in altri contesti emergenziali”. Sono le tensostrutture da terremoto, di cui Repubblica ha già parlato, da piantare in tempi brevi nei cortili interni (o in aree vicine) degli istituti scolastici privi di aule.

Ricevuta la risposta affermativa alla domanda – “può bastare la sola mascherina per svolgere attività scolastica nelle situazioni in cui non sia possibile garantire il distanziamento prescritto?” – , il capo Dipartimento del ministero dell’Istruzione, Marco “Max” Bruschi, ha subito informato tutti i dirigenti scolastici e i direttori degli Uffici regionali, chiamandoli ad agire “con coraggio e determinazione al servizio esclusivo della Nazione”. Di fronte ai “difficili mesi del prossimo autunno”, il braccio destro e quotidiano suggeritore della ministra Lucia Azzolina ha ricordato nella lunga nota come sia fortemente caldeggiato l’utilizzo dell’applicazione Immuni per tutti gli studenti sopra i 14 anni, i lavoratori della scuola e le famiglie dei ragazzi. I docenti, senza abdicare al loro ruolo, dovranno “aprirsi ad altri contributi e mettersi in posizione di ascolto e collaborazione”.

Per gli alunni, “specie nel primo ciclo”, si evidenzia, dopo la lunga ferma da lockdown, il bisogno di “una riscolarizzazione e ricostruzione degli ambienti di apprendimento”. In una seconda nota, sempre di ieri, il direttore generale Jacopo Greco ha chiesto ai presidi l’ennesima compilazione di un questionario “finalizzato ad aggiornare, a livello nazionale, il fabbisogno di ulteriori spazi”. C’è già stata una richiesta il 31 luglio, altre sono state avanzate dai provveditorati e lo staff della ministra si è rivolto, per avere i numeri, agli enti locali. Ora, entro le 12 del 17 agosto, i ds dovranno rispiegare di quante “aule ulteriori” hanno bisogno, quanti spazi alternativi, dovranno rivelare se le autorità stanno parlando con loro e se hanno individuato aree dismesse. La quinta e ultima domanda del questionario, riservata a infanzia, primaria e medie, mette ansia: “Per quanti alunni si prevede di non riuscire a garantire la frequenza in presenza dal 14 settembre 2020?”.