Rientro a scuola: sicurezza sui mezzi di trasporto e tante altre incertezze anche per i docenti

da La Tecnica della Scuola

In questo articolo ci occupiamo principalmente del problema della gestione e della sicurezza dei mezzi di trasporto in previsione del loro massiccio utilizzo a settembre, quando è previsto il rientro a scuola e riprenderanno le attività didattiche, sia da parte degli studenti che da parte del personale scolastico (perché sono tantissimi anche gli insegnanti che si recano a scuola con mezzi pubblici), ma daremo conto anche del “sentimento di solitudine” dei docenti, come hanno fatto notare anche alcuni lettori.

Sicurezza trasporti: evitare di giungere all’ultimo momento anche in questo caso senza essere pronti

Per i trasporti si sta davvero pensando quanto tali spostamenti siano rischiosi e cosa si sta preparando per evitare rischi maggiori e non giungere all’ultimo momento anche in questo caso senza essere pronti?

In una pagina web del quotidiano “la Repubblica” del 10 agosto si legge che l’ipotesi (un documento condiviso da sottoporre al Comitato tecnico scientifico) emersa sul tavolo dell’incontro tra le regioni, altri enti locali e il governo, rappresentato dai ministri dei Trasporti, della Salute e degli Affari regionali, prende in considerazione anche “parafiati laterali tra le sedute sui treni regionali e sui bus per permettere a una deroga, laddove è possibile installarli, ai limiti di carico di passeggeri sui mezzi del trasporto pubblico locale”. Leggiamo tra l’altro che “la proposta è in attesa del parere dell’Inail, per gli aspetti riguardanti la sicurezza dei passeggeri a bordo”.

 

Sicurezza: basta la mascherina? Per rispettare il distanziamento servirebbero più mezzi pubblici

Bastano i parafiati laterali? Direi di no. Per garantire l’accesso al trasposto pubblico locale, in particolare degli studenti delle scuole superiori, servirebbero più mezzi (e quindi più personale), al fine di rispettare le regole di distanziamento (e quindi di capienza) previsti dall’emergenza (anche se poi va rilevato che in diversi contesti territoriali vi sono state ordinanze che hanno consentito l’utilizzo “a pieno regime” dei mezzi pubblici: e con i contagi che aumentano sono decisioni che vanno ripensate se non garantiscono il distanziamento stabilito).

Gli scuolabus e la permanenza a bordo non superiore ai 15 minuti

Se poi ci si riferisce, in modo specifico, agli scuolabus, l’allegato n. 16 del Dpcm del 7 agosto scorso definisce le linee guida: potranno viaggiare con la capienza massima consentita nel caso in cui “la permanenza degli alunni nel mezzo” non sia “superiore ai 15 minuti“. In vista dell’inizio dell’anno scolastico il Governo ha previsto una serie di misure anti-covid specifiche per il trasporto scolastico. Tutti, ad eccezione di quelli di età inferiore ai sei anni e a coloro che hanno delle disabilità, dovranno indossare obbligatoriamente la mascherina “al momento della salita sul mezzo”.

In realtà è previsto il rispetto della distanza di un metro, ma vi sono alcune deroghe: la prima riguarda appunto la durata del tragitto, la seconda è invece consentita “nel caso in cui sia possibile l’allineamento verticale degli alunni su posti singoli e sia escluso il posizionamento cosiddetto faccia a faccia“.

A noi non è chiarissimo perché eventualmente il virus resterebbe inefficace per i primi 15 minuti. Una questione di “rispetto” verso i giovani viaggiatori (anche se quelli accanto tossiscono o starnutiscono in continuazione?)  o c’è una spiegazione scientifica attendibile?

Ma sul problemi degli spostamenti degli alunni sono davvero tanti i dubbi, espressi efficacemente in una lettera pervenuta da un lettore, che si chiede anche: “nei dettagli in quale maniera centinaia di studenti ammassati sui marciapiedi e sui pullman, soprattutto a fine lezioni, potranno stare a distanza di un metro l’uno dall’altro, come soldatini, e potranno salire e scendere uno alla volta, dopo che i precedenti si saranno seduti o avranno lasciato il mezzo? E soprattutto chi dovrà regolare tali movimenti? Gli studenti stessi? Gli autisti? Nessuno? Chi è che dovrà evitareavere cura e far seguire le procedure?”.

Anche tantissimi insegnanti utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro

Va poi rilevato che non soltanto gli studenti usano i mezzi pubblici per recarsi a scuola ma anche moltissimi insegnanti. Per consentire agli alunni di potere accedere in caso di assembramenti e limitazioni al numero di posti sui mezzi pubblici, si era parlato anche di un “pass di precedenza”: se ciò verrà contemplato fra le misure adottabili, allora bisognerà che ne vengano provvisti anche i docenti (e il resto del personale scolastico) che utilizzano autobus, metro, treni per andare a lavorare a scuola, onde evitare anche loro di rimanere “appiedati” e dover aspettare corse successive magari ugualmente affollate (o si pretenderebbe che i docenti prendano la prima corsa dell’aurora per essere sicuri di arrivare prima delle ore 8 a scuola?!)

Non pensare anche a loro per i probabili disagi nei trasporti, e soprattutto per i rischi connessi, è soltanto uno dei motivi che a molti docenti ha fatto pensare di essere quasi “dimenticati”, come se dovessero essere solo esecutori passivi di “ordini” calati dall’alto.

Per esempio, secondo l’interpretazione di alcuni, in aula l’obbligo della mascherina rimarrebbe per i docenti anche se la distanza tra la cattedra e i primi banchi (monoposto o no che siano) è fissata a due metri e non a uno (un metro di distanza che però permetterebbe agli studenti probabilmente di essere esentati dal portare la mascherina quando sono seduti al banco, anche se poi è lecito dubitare che prontamente la rimettano al momento che si spostano, magari per via di una postura differente assunta persino inavvertitamente). Perché? Tanto non è pensabile che i docenti girino tra i banchi (quindi manterranno i due metri di distanziamento), dato che in questo caso sarebbero a breve distanza dai ragazzi e se la loro mascherina garantisce gli alunni, la mancanza di mascherina da parte dell’intera scolaresca non garantirebbe gli insegnanti‼

E poi vi immaginate docenti che devono parlare (magari spiegare) talvolta per 4 o 5 ore a fila con la mascherina (che in quel caso andrebbe peraltro sostituita)?!

Chi pensa anche alla sicurezza dei docenti?

Insomma, insegnanti che spesso si sentono quindi abbandonati a se stessi (quasi fossero diventati quasi i “pària” del sistema scolastico): tutti pensano giustamente alla sicurezza degli alunni, alle preoccupazioni dei genitori, alle responsabilità dei presidi lasciati con il “cerino in mano” dal M.I., ma cosa si fa effettivamente per la salute degli stessi docenti, chi si domanda quali conseguenze possa avere la “stanchezza”, che a volte sfocia persino in depressione, in “burnout”?

E che dire dei lavoratori “fragili”, si sta pensando con estrema attenzione ad essi? Perché secondo quanto scritto da un esponente della Cub Scuola il rispetto dei loro diritti è talvolta venuto a mancare durante l’effettuazione dei recenti esami di Stato.

I “lavoratori fragili” e il consiglio dell’Inail di una sorveglianza sanitaria per chi ha un’età superiore ai 55 anni

Ma poi va considerato (anche in relazione ai rischi legati al contagio Covid-19) che in realtà l’’Inail già ad aprile consigliava “una sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con un’età superiore a 55 anni”, a prescindere dalla successiva interpretazione di lavoratori “fragili”.

Stando ai dati dell’Ocse, l’Italia è il Paese con gli insegnanti più anziani d’Europa (sarebbe auspicabile quindi un adeguato “turn over” legato anche ovviamente ad una età pensionabile in linea con la media europea, e/o “agevolata” su base volontaria, in età antecedente di qualche anno rispetto a quella media, con lievi penalizzazioni), quasi la metà ha un’età superiore ai 50 anni, con il 33% di over 55 e anche tanti ultrasessantenni.

Test sierologici: potrebbe essere utile effettuarli anche nei confronti degli alunni

E sugli auspicati test sierologici si è pensato alle problematiche di tipo operativo/organizzativo? Perché gli indirizzi operativi sono arrivati dal Ministero della Salute, il quale demanda al medico di famiglia l’effettuazione del test (che in assenza di tampone secondo noi andrebbe ripetuto periodicamente, perché con i test sierologici si va alla ricerca delle immunoglobuline, ma in caso di infezione per essere prodotti tali anticorpi passa circa una settimana – per le IgM – e quindi il soggetto potrebbe essere “positivo” da pochi giorni e non si saprebbe), con richiesta di appuntamento da parte del docente. Ma se il medico ha l’agenda degli appuntamenti già piena potrebbe verificarsi il caso che l’assistito debba rivolgersi al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale del proprio domicilio, previa dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante lo status lavorativo. E magari sentirsi rispondere che la disponibilità ad effettuare il test sierologico è fissata un mese dopo.

Ma non si poteva delegare un medico dell’Inps o comunque dell’Asl a recarsi a scuola ed effettuare in una sola mattinata i prelievi necessari? Anche se poi occorre aggiungere che i monitoraggi con test sierologici dovrebbero essere svolti pure per gli alunni, proprio per la sicurezza di questi ultimi e dell’intero personale scolastico.

Nei casi in cui fosse necessario è previsto un supporto psicologico, ma ci sarà davvero?

Infine vorrei ricordare (tenendo a precisare, per prevenire accuse di “corporativismo” dopo quanto scritto in questo articolo, che non sono un docente) che nel Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza, del 6 agosto scorso, si pone attenzione anche al supporto psicologico per il personale scolastico (e per gli studenti) come misura di prevenzione precauzionale indispensabile per una corretta gestione dell’anno scolastico: sulla base di una convenzione tra il Ministero dell’Istruzione e il Consiglio nazionale ordine degli psicologi “si promuove un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in ‘presenza’, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta”. Si sta pensando realisticamente ad attuare ciò?