Speranza “I giovani ci aiutino Sulla ripartenza della scuola non ci è permesso fallire”

da la Repubblica

Alessandra Ziniti

«Non fatemi passare per il maestrino con la bacchetta, guai a criminalizzare i giovani. Anzi è a loro che chiedo una mano: aiutateci a tenere sotto controllo il contagio. Tra meno di un mese dobbiamo riaprire scuole e università in sicurezza. E non possiamo sbagliare. Non c’è un finale già scritto in questa partita, dipende dai nostri comportamenti e tutti, a cominciare dai ragazzi, dobbiamo esserne consapevoli».

Roberto Speranza ha appena firmato l’ordinanza con cui vieta i balli nelle discoteche e in qualsiasi altro posto e impone l’uso della mascherina nei luoghi della movida. «Un sacrificio, lo so — dice — ma è inevitabile per affrontare la sfida dell’apertura delle scuole, il vero cuore delle relazioni sociali del Paese. Non vogliamo chiudere in casa i ragazzi né rovinare le loro vacanze. Credo che possano continuare a divertirsi rispettando le uniche tre regole che sono rimaste: mascherine usate correttamente anche all’aperto, distanziamento di almeno un metro per interrompere la catena dei contagi e igiene delle mani. I ragazzi sono stati straordinari durante il lockdown, lo hanno sofferto ed evidentemente, essendo stati meno colpiti dal virus, si sono lasciati prendere dalla voglia di divertirsi, dall’estate. Purtroppo dobbiamo fare i conti con un dato di fatto: l’età media dei contagiati nelle ultime settimane è scesa vertiginosamente, siamo intorno ai 39 anni e ci sono alcuni ragazzi in condizioni severe. È chiaro che il virus fa più male ai grandi e i più giovani pagano un prezzo meno alto, ma possono portarlo a casa. Difendere loro significa difendere il Paese. Da qui la necessità di dare un segnale».

Spenta la musica, adesso la scommessa del governo è la riapertura di scuole e università in assoluta sicurezza. Per il ministro della Salute è l’impegno delle prossime quattro settimane. «Ho pure la mia pressione domestica, i miei figli non chiedono altro», scherza Speranza che alle preoccupazioni e alle perplessità di genitori, insegnanti, presidi sull’affidarsi alla sola mascherina laddove non si riesca a realizzare il distanziamento nelle aule risponde: «Non possiamo sbagliare sulla scuola e ogni provvedimento, ogni sacrificio chiesto ( anche con quest’ultimo provvedimento) è fatto pensando alla riapertura delle scuole che segnerà la vera fine del lockdown. Stiamo investendo risorse come non mai sulla scuola, ben vengano le assunzioni di nuovi insegnanti e i banchi nuovi. Da ministro della Salute ho molto a cuore la ricostruzione di un rapporto strutturale tra scuola e sanità. Nel 1961 è stata approvata una norma sulla medicina scolastica, poi sparita negli anni 90 nella fase dei tagli. Ora va recuperato, non possiamo lasciare soli presidi e insegnanti. Il rapporto tra dipartimenti di prevenzione e istituti, il radicamento e la forza dei medici di medicina generale sarà il primo passo in questa direzione».

Preoccupato dall’aumento dei contagi ma non troppo, deciso a mantenere ferma la linea della prudenza ma anche a puntare su scienza e tecnologia: «Il quadro italiano è decisamente migliore di quello della maggior parte dei paesi europei, oggi meno di 500 casi contro i 3000 di Francia e Spagna. Ma la tendenza alla ripresa dei contagi deve farci rialzare, senza allarmismi, il livello di attenzione per non vanificare il vantaggio accumulato grazie al sacrificio di tutti. Gli ultimi provvedimenti, come i tamponi per chi rientra dai Paesi a rischio, vanno in questa direzione. Intensificheremo l’uso di quelli rapidi, fino ad ora ne è stato validato uno. L’auspicio è che arrivino presto sul mercato molti altri test, li diffonderemo il più possibile. Questo ci aiuterà nella velocità della diagnosi. Stiamo considerando anche l’ipotesi di test salivari».

Basterà tutto questo per la sfida d’autunno? E quale sarà la strategia del governo nelle prossime settimane, riprendere in mano la barra dei provvedimenti o lasciare ancora ai governatori l’autonomia di scegliere per i loro territori? «Valutiamo giorno per giorno. L’Rt (indice di contagio) non è scritto nel cielo, dipende da noi. Abbiamo investito più soldi nella sanità negli ultimi cinque mesi che negli ultimi cinque anni: 500 milioni nel decreto agosto per recuperare le liste d’attesa nel sistema sanitario, 3,2 miliardi nel decreto rilancio, un miliardo e mezzo nel decreto di marzo. Stiamo investendo su quello che è ancora un candidato vaccino. Se andrà tutto bene a fine anno avremo le prime dosi. Nel frattempo governo e regioni continueranno a lavorare fianco a fianco riconoscendo le differenze territoriali così come abbiamo cominciato a fare nella fase di uscita dal lockdown ».