L’ultimo esame

da la Repubblica

Francesco Bei

Due notizie, strettamente intrecciate, hanno scaldato la giornata di ieri. La prima è che, grazie anche allo sforzo enorme per i tamponi che stanno facendo le Regioni, nelle ultime 24 ore le persone risultate positive sono schizzate su fino a quota 845.

Bisogna tornare a metà maggio, ai tempi duri del lockdown , per avere numeri così alti. Segno che il virus è ancora tra noi, anzi lo è più di prima, e stavolta a esserne vittime sono i giovani.

Purtroppo era facilmente prevedibile dal giorno in cui, mettendo gli interessi dei gestori dei locali da ballo davanti alla tutela della salute, è stata data via libera alla riapertura di discoteche e mega-raduni.

Fortunatamente, anche se con qualche ritardo, il governo dal 17 agosto ha messo uno stop a questa follia e turato la falla. Resta aperta invece quella dei rientri dall’estero ma, a parte i tamponi agli arrivi negli aeroporti, si può fare poco (a proposito, una medaglia al genio che aveva previsto a Malpensa controlli solo ai lombardi).

La seconda notizia che ha fatto discutere, oltre al boom di contagi, è stata l’uscita di Walter Ricciardi, il consulente del governo, che ha gelato tutti paventando un rinvio del voto e dell’apertura delle scuole nel caso la curva dei contagi si rialzi, come sta avvenendo in Spagna e in altri Paesi europei. Dichiarazioni di buon senso, persino ovvie, ma che sono andate a toccare il vero nervo scoperto del governo e della maggioranza — la scuola più che il voto — costringendo il professore a una marcia indietro.

Perché è del tutto evidente che sulla data simbolo del 14 settembre il governo si sta giocando l’osso del collo. Gli italiani, finora pazienti e accondiscendenti, su questo punto non transigono. Non servono sondaggi scientifici, basta scorrere una chat di genitori o leggere i social. Nel governo ne sono pienamente consapevoli e il primo a saperlo è proprio il presidente del Consiglio Conte che, senza dare l’impressione di aver commissariato la ministra Azzolina, sta seguendo ogni giorno in prima persona il dossier sulla riapertura.

E ne è consapevole il ministro della Salute Speranza, finora il “poliziotto cattivo” della storia. Quello che ha firmato le ordinanze sui treni facendo arrabbiare passeggeri e compagnie di trasporto, quello che ha firmato l’ordinanza di chiusura delle discoteche mettendosi contro sia i gestori che molti giovani, l’ordinanza sull’obbligo della mascherina anti-movida quando cala il sole e quella che impone di “tamponare” chi viene dai Paesi a rischio. Ma persino il duro Speranza sulle scuole non ha dubbi: devono riaprire e riapriranno.

Ai collaboratori ha spiegato in queste ore che la data del 14 settembre è ormai un obiettivo «su cui non si transige». Anzi, tutte le nuove restrizioni sono funzionali proprio al raggiungimento della priorità delle priorità, la scuola appunto. Perché è su questo che il governo sarà giudicato ed è questo il passo falso che potrebbe far cadere tutti nel burrone.

Con 10 milioni di persone in giro — tra studenti e personale — il governo sa che i contagi aumenteranno da settembre, ma è un rischio calcolato. Inevitabile e calcolato. Per questo serve bloccare ora, anche in maniera severa, ogni altra possibilità di contagio. Tutto in funzione della riapertura scolastica.

Si spiega con questa urgenza, anche e soprattutto politica, l’inusitata durezza delle parole della ministra Azzolina nell’intervista che leggete oggi sul nostro giornale. Mai un ministro dell’Istruzione si era rivolto in questo modo al sindacato di settore, accusandolo di fatto di voler boicottare la riapertura e di remare contro.

Critiche che certamente oggi non resteranno senza una risposta.