«Uscire dall’emergenza Sulla education servono visione e investimenti»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

L’intervista. Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria al Capitale umano: «Usare le risorse per formare i docenti».

«Siamo a meno di un mese dal ritorno in classe di quasi 8milioni di studenti, a un paio di settimane dalla riapertura degli istituti per chi è rimasto più indietro, e il dibattito sulla scuola è tutto incentrato su banchi, gel, mascherine, distanziamento. Di Istruzione, con la I maiuscola, di aspetti educativi, di competenze mai un cenno. Eppure, il danno che i giovani e il Paese rischiano di pagare è elevatissimo – lancia l’allarme, Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria con delega al Capitale umano -. Se la scuola non torna a fare, e bene, la scuola, temo, nell’immediato, un aumento della dispersione scolastica e una crescente perdita di capitale umano specie in alcune aree del Paese; e nel giro dei prossimi 3-5 anni, un mismatch dilagante. Già oggi un’azienda su tre fa fatica a trovare i collaboratori di cui ha bisogno. O perché ce ne sono pochi, è il caso dei tecnici, periti e Its, e dei laureati Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr); o perché i candidati, spesso, hanno profili non in linea con le richieste di un mondo del lavoro che sta cambiando, spinto dai mercati e dal 4.0».

Vice presidente, anche Mario Draghi lunedì ha chiesto più attenzione per i giovani…

Sono parole che condivido. L’investimento in formazione, se vogliamo ripetere l’espressione dell’ex presidente della Bce, è certamente “debito buono”, che guarda al futuro. Le parlo da imprenditore: se non abbiamo ragazzi preparati e motivati da inserire nelle aziende avremmo tutti un danno incalcolabile, perderemo competitività e spinta all’innovazione e diventeremo un Paese in mano ai predatori.

La ministra Azzolina rivendica un forte investimento sulla scuola, 2,9 miliardi di euro complessivi…

Sì, ma non vedo un progetto per il futuro. La gran parte di queste risorse servirà ad assumere nuovi docenti, in una mera logica emergenziale. Piuttosto sono anni che assistiamo a una drammatica riduzione della popolazione scolastica. A luglio, e questa volta le parlo come cittadino, sono rabbrividito leggendo i numeri diffusi dall’Istat sul minimo storico delle nascite nel nostro Paese. Se continua così, e la politica non interviene, l’Italia rischia di non avere prospettive.

Tra assunzioni a tempo e stabilizzazioni si muovono 200mila posti…

Vede, parliamo prevalentemente di professori che dovranno formare e prendersi cura dei nostri figli. Mi chiedo: ma qualcuno li valuterà o saliranno in cattedra senza selezione? Ad esempio, ci siamo se chiesti questi insegnanti sono in possesso di digital skills adeguate al periodo? Perché se si torna alla smart school non possiamo non permetterci docenti specializzati, in grado di affrontare lezioni in classe e da remoto. Ecco, suggerirei questo all’esecutivo: una fetta delle risorse aggiuntive sulla scuola impegnamole subito per la formazione dei professori, in primis quella digitale.

Il 14 settembre la scuola riapre?

Non possiamo dirlo con certezza. Penso, purtroppo, che gli effetti dell’emergenza sanitaria non si esauriranno tanto a breve. Una certezza però l’abbiamo: serve un progetto per la ripresa. Occorrono investimenti e non soltanto sussidi o misure spot che colmano falle del sistema che prima o poi si riapriranno. Per questo sostengo che sull’education occorre una visione, che oggi non c’è. Lancio una provocazione: nei mesi scorsi è stata nominata una commissione di esperti, presieduta da Patrizio Bianchi, che ha messo a punto un documento di oltre 150 pagine su come migliorare, strutturalmente, da qui ai prossimi anni, la nostra scuola. Io l’ho letto, e vi ho trovato proposte e idee interessanti e innovative, dall’autonomia scolastica, alla didattica laboratoriale, specie per le Stem, al link con imprese e territori. Mi chiedo: il governo che ne pensa? Ministri e premier lo hanno letto?

I presidi sì. Infatti protestano…

Lo dico con chiarezza. Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, ha ragione: la norma sulla responsabilità penale in caso di contagio a scuola va rivista. Intendiamoci: la sicurezza, come lo è per tutte le nostre fabbriche, deve rappresentare una priorità, il primo obiettivo. Ma detto questo, se si rispettano le regole e i protocolli sanitari, deve scattare l’esonero, la malleva, come per l’imprenditore. Proprio per questo è necessaria un’accurata pianificazione delle procedure da seguire. In assenza di protocolli, non mi stupirei se il 13 settembre molti dirigenti scolastici non aprissero gli istituti. Personalmente sono favorevole anche ai termoscanner a scuola, come ci sono nelle imprese. Perché scaricare sui genitori questa responsabilità?

L’assenza di decisioni pesa?

Mi creda, molto. Al momento regna tanta confusione. Ma alla fine, su qualcuno questi costi dovranno ricadere. Pensi ai genitori, se un figlio di 7/8 anni ha la febbre, magari per un mal di gola, e nel dubbio evitano i nonni, per non rischiare, cosa pensa che faranno? Chiameranno in azienda e si assenteranno dal lavoro. Lo capisco. Ma mi chiedo: qualcuno ci sta pensando? Non vorrei che in assenza di protocolli tutto finisca per scaricarsi su famiglie e indirettamente sulla ripresa economica.