Aule, l’allarme dei sindaci E i presidi: non siamo pronti

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

«A inizio anno scolastico si parla sempre di caos e babele», si è difesa la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, ricordando che mai si arriva in classe il primo giorno con tutti i professori al loro posto, che il balletto delle supplenze può durare anche settimane, in alcuni casi mesi. Vero, ma quest’anno sarebbe un paradosso se gli studenti tornassero a scuola dopo sei mesi di chiusura, la più lunga del Dopoguerra, e trovassero la cattedra vuota. I dati sulle assunzioni, la cui procedura si è conclusa quattro giorni fa, ancora non ci sono, ma le indiscrezioni confermano il trend degli anni scorsi: degli 85 mila posti ne verranno coperti non più del 20-25 per cento. In Piemonte su 2.800 posti per il sostegno ne sono stati assegnati 2, nel Lazio sono stati trovati solo un quarto dei docenti, come in Lombardia, dove per esempio per il sostegno mancano 5.600 insegnanti,700 solo a Milano. Nelle Marche, per le scuole superiori è stato trovato un prof su 10. Da ieri e fino a mercoledì — a scuole già formalmente aperte e con i corsi di recupero da cominciare, secondo le disposizioni ministeriali — si svolge una seconda fase delle assunzioni: è nuova, si chiama «call veloce» e permette a chi non ha trovato posto nella sua regione di provare dove le cattedre ci sono. Difficile dire quanti si muoveranno armi e bagagli di questi tempi e per restare nella nuova regione almeno cinque anni, come prevede la legge. Tutto il resto saranno supplenti, presi anche dalle graduatorie provinciali che sono state aggiornate e sono in via di conferma. Si dovrebbe cominciare a scegliere i supplenti dal 7, ma dove non sono pronte si inizierà ad assumere da quelle vecchie e poi casomai si cambierà prof in corso d’opera.

Per molti presidi è complicato fare grandi programmi per i primi giorni di scuola: martedì comunque si comincia e sono convocati i consigli di istituto, chi li fa in presenza e chi ancora a distanza. E da martedì dovrebbero cominciare anche i corsi di recupero per coloro ai quali è stato prescritto in pagella (tutti sono stati promossi ma chi aveva delle insufficienze deve fare alcune ore di recupero). Sono poche le scuole che partiranno subito: una parte dei presidi, prevedendo i problemi di inizio anno, li ha già fatti svolgere a giugno-luglio. Altri li faranno durante l’anno, come del resto dice la legge. A creare questa nuova grana è stata una circolare del ministero dell’Istruzione di tre giorni fa: i docenti, se faranno i corsi prima del 14 non saranno pagati, mentre a scuola iniziata sì. Una ragione in più per prendere tempo e organizzarli «con calma».

Le aule non sono pronte, è il motivo principale addotto dai presidi per giustificare i rinvii dell’ultimo minuto: e infatti l’Anci e l’Upi , le associazioni di Comuni e Province hanno scritto alla ministra Azzolina: i fondi per affittare nuovi spazi,70 milioni, non bastano, ne servono almeno quattro volte tanto, 300. Per questi ritardi ha deciso di soprassedere ai corsi di recupero per esempio la preside dell’Agrario Sereni di Roma. Poi c’è chi non li ha ancora organizzati: «Non ci sono né mascherine né gel né banchi, se ne riparla dopo il 14», scrive un altro preside. E un suo collega ancora più schietto: «A me non bastano i fondi. In più non voglio litigare con i sindacati e i recuperi sono una presa in giro». L’elenco dei presidi che mettono le mani avanti, perché le scuole non sono pronte, si allunga. Il dirigente del liceo Giulio Cesare di Roma ha annunciato che finché non arrivano i banchi si farà attività ridotta e a distanza».