E “niente sarà più come prima”

E “niente sarà più come prima”.Questa volta, forse, davvero

di Gabriele Boselli

Il novum nasce dalle crisi. Nelle prevedibili contingenze determinate dal COVID la “messa in parentesi” delle usuali procedure di ricerca e insegnamento potrà indurre nelle scuole come altrove a una forte mutazione/evoluzione del conoscere, della cultura, delle percezioni categoriali e dei vissuti assiologici

“Niente sarà più come prima” è frase piuttosto abusata almeno dal 2001, l’anno in cui l’attentato islamista alle torri gemelle ridusse notevolmente per un certo periodo di tempo i fussi internazionali delle persone; poi, tranne qualche perdita di tempo agli imbarchi, tutto tornò a scorrere come e più di prima. Da quell’anno “niente sarà più come prima” è stata frase sprecatissima a ogni minimo inciampo della cronaca, dalle vittorie dei 5S o della Lega ai cambiamenti dei prezzi, all’ultimo gadget elettronico.

“Niente sarà più come prima” pare invece frase pienamente appropriata a proposito dell’ultimo virus, virus probabilmente prodotto dell’ingegneria CRISPR sfuggito ai laboratori di ricerca militare di Xi. Certamente un virus nuovo.

Ci piacerebbe tornare a lavorare, studiare, mangiare al ristorante, ballare come prima però è stata colpita pesantemente -e per un periodo di cui non si vede la fne- la vita sociale, culturale ed economica; colpite le scuole, in particolare quelle dei primi gradi di istruzione. Unica speranza appaiono i vaccini, ma non ne conosciamo l’efcacia e la loro somministrazione di massa pare comunque lontana. Si riaprirà comunque, pericolosamente, tra pochi giorni (il Governo lo ha promesso e contro ogni evidenza clinica dovrà mantenere la linea, l’opposizione -come sempre alla ricerca più del consenso elettorale che dell’utilità per la Patria- lo reclama a gran voce), magari per richiudere qualche settimana dopo la conseguente riesplosione dei contagi. Occorre allora, a partire da chi lavora nell’Istruzione, afrontare un radicale percorso di cultura per resistere a prove che altereranno -non necessariamente tutte in peggio- lo sviluppo delle conoscenze e della socialità. Mi limiterò qui a discorrere delle curvature del conoscere conseguenti a una vita scolastica allo stato prevedibile come frammentata temporalmente, spazialmente, interazionalmente. Ne scriverò adesso a partire da una personale esperienza.

Un anno di preziosa “messa in parentesi”

L’anno più importante della mia formazione fu il 19 p.G.n. (autoironicamente: post Gabriael natum). Dopo il diploma conseguito presso l’istituto magistrale, per ragioni economiche non cominciai subito gli studi universitari; tenevo molte lezioni private e frequentavo assiduamente la biblioteca della Rubiconia Accademia dei Filopatridi, leggendo avidamente testi di ogni ramo dello scibile. In quell’anno ho sviluppato i nuclei ideativi poi svolti in tutto il resto della mia esistenza e recentemente condensati in un articolo su Encyclopaideia (1). Mi confrontavo sui saperi con altri amici di Savignano sul Rubicone ma, non essendovi nessun professore a correggermi, il mio pensiero fluiva liberamente, prendendo cantonate e producendo tante sciocchezze ma anche dando una prima formulazione a qualche buona idea che poi mi avrebbe accompagnato tutta la vita. Sostanzialmente la stessa cosa si ripetè all’università: il prof. Italo Mancini ritenne che io non fossi in grado di preparare altra tesi di laurea se non quella sul mio stesso modo di pensare (Meditazioni husserliane, autopubblicazione a ciclostile, 1967 – G. Crinella (a cura di) Italo Mancini, Dalla teoresi classica alla modernità, ed. Studium, Roma 2000).

Un lockdown scolastico personale comunque assai fruttuoso per la mia formazione, approccio in singolarità alla totalità, preziosa premessa a una professione con cui poi mi sono guadagnato il pane, il companatico e anche qualche buona bottiglia.

Occasioni di autonomia intellettuale

Ora dal personale al generale: la probabile e comunque agitata crisi sistemica consentirà nel mondo dell’istruzione, da quello dell’infanzia all’università, un’ ancor maggiore autonomia di pensiero degli studenti, degli insegnanti e degli ispettori, forse anche di molti presidi colti, sia di lungo corso che di nuova nomina e miracolosamente sfuggiti alla lotteria dei test concorsuali. Per tutti, spero, potrà esservi un cambiamento di segno della cultura scolastica attuale: forse verrà meno il primato della competenza sulla conoscenza (che ora trahor exul et inops ), del criterio di utilità sulla gratuità, della docimologia basata su test, del monovalore del risultato e del disconoscimento della necessità di una costellazione di principi. Già ora molti docenti per fortuna non privilegiano la competenza sulla conoscenza e preparano i giovani alla pura, indiferenziata capacità di conoscere, matrice onde il Novum potrà prendere forma dopo il funesto passaggio del Covid. In termini di autonomia intellettuale, un possibile guadagno.

Occorrerà certo che gli insegnanti e le gerarchie scolastiche locali studino di più (per quelle romane non c’è speranza), reimparino ad amare di più il conoscere allo stato puro, non fnalizzato a far fgurar bene con i testi INVALSI. E che vogliano bene agli alunni.

Grazie alla sospensione dei corsi ministeriali di aggiornamento, augurabilmente anche quelli -iperufciali- somministrati per via informatica, le promesse di venturo sapere che i migliori insegnanti porteranno avanti nella scuola grazie al loro rinnovato confronto diretto con i libri aiuteranno ad intendere come non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie classiche della conoscenza e dell’ethos umani stiano modifcandosi. Proprio per questo andranno meglio conosciute le scaturigini.

Via dai test, ritorno al testo

Ci si rassegnerà a una oscillante sequenza di ondate virali di varia letalità e morbilità invalidante nonchè a una volatilità economica, culturale e scolastica di lungo periodo. Il mondo ha invero conosciuto tempi assai peggiori.

Il maggior problema -per gli alunni e tramite questi per i loro famigliari anziani- risiede nelle scuole dell’infanzia e nell’istruzione primaria e occorreranno fantasia e innovatività; es. nuovi poteri ai sindaci per le aule, utilizzo -nelle retrovie e quando disponibili- di bidelli, insegnanti, dirigenti e ispettori in pensione (2), per afrontare la situazione con reale efcacia e nel contempo con pur relativa tranquillità clinica. Nei gradi successivi, con i ragazzi diligentemente seduti o in corsa a cavallo di banchi e cattedre a rotelle lo spazio nella scuola azzoliniana diverrà oggetto di ogni tipo di esercitazione e coscienza intenzionale. Così pure il tempo.

Qualcosa di buono, di simile a quel che accadde a me mezzo secolo fa potrebbe succedere agli studenti e agli insegnanti di oggi. Nei casi più felici anche di ritorno al confronto personale, diretto di alunni e insegnanti con il Primo Maestro, il Libro.

Il libro, i libri. Di qui, da antiche/nuove visioni di cultura, forse una nuova felice stagione dell’umanità. Nella scienza, nella letteratura, nell’economia e perfno nella politica. E, se si smetterà di oltraggiare la natura, anche nella salute.

1) G. Boselli Inibizioni del Novum in Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.24 n.56 (2020)

2) F. Buccino Poteri ai sindaci per requisire aule – Scuolaoggi, 21 08 20