La scuola non è soltanto mascherine: bisogna ricreare la fiducia

da Corriere della sera

Maurizio Tucci

Abbiamo più volte sostenuto, anche in base alla lettura dei dati emersi dalle nostre indagini on-line, che durante il lockdown la scuola ha avuto, per gli adolescenti, un ruolo di straordinaria importanza. Questo al di là di quanto possa essere stata efficace dal punto di vista della didattica – necessariamente improvvisata – e dell’effettivo apprendimento da parte degli studenti, che si sono trovati spesso a dover gestire grosse difficoltà di tipo tecnico. Il merito è stato quello di essere riuscita a far mantenere una cadenza preziosissima nell’agenda giornaliera di ragazze e ragazzi, il che li ha aiutati a sopportare meglio (e meglio di tanti adulti) la dura prova del confinamento a casa.

Lo stare a scuola

Naturalmente l’obiettivo, per il nuovo anno scolastico era quello di far tornare comunque in aula gli studenti perché – proprio il lockdown lo ha plasticamente dimostrato – per la crescita di un bambino e di un adolescente la scuola non è solo apprendimento ma anche socialità. Tornare a scuola nella massima sicurezza possibile, naturalmente, cercando di limitare nel limite del ragionevole un rischio che non è possibile eliminare (chissà per quanto) e col quale dobbiamo abituarci a convivere. Ragionevole, dunque, che sforzi ed investimenti si siano inizialmente concentrati sugli aspetti logistici, organizzativi e igienico-sanitari: banchi, distanziamento, mascherine, orari ecc, In pratica si è lavorato «sull’hardware» della scuola al tempo del covid. L’hardware è componente essenziale e prioritaria. Programmi, App, piattaforme e via discorrendo servirebbero a ben poca cosa senza un computer o uno smartphone dentro il quale farli girare, ma un avanzatissimo PC o smartphone «vuoto» serve ancora a meno. Ecco, il timore – a pochi giorni dall’apertura delle scuole – è che si sia lavorato solo sull’hardware della ripartenza e non sul «software».

L’assenza

Quattro mesi di scuola online e una pandemia che non accenna a diminuire hanno cambiato profondamente (e forse irreversibilmente) il rapporto verticale tra discenti e docenti e orizzontale tra gli stessi ragazzi. Non sarà possibile distanziare i banchi, metterci tutti la mascherina e riprendere una scuola da dove l’avevamo lasciata i primi di marzo. I ragazzi hanno dovuto imparare in fretta e da soli a studiare in altro modo (e per alcuni versi in modo anche soddisfacente); il ruolo dell’insegnante (sempre importante) è inevitabilmente cambiato; l’ex-cathedra ha subito un mutamento epocale. D’altra parte, la «mancanza» sofferta dagli studenti in lockdown è stata essenzialmente quella dei loro compagni (ed anche, in parte, la mancanza di contatto umano con i professori), non certo quella del vecchio modo di fare scuola. Senza contare che – vista la situazione contagi – il ritorno alle lezioni da casa, sia pure occasionali, parziali, alternate, non possiamo certamente escluderlo. Per cui i due «mondi» dovranno imparare a convivere Serve l’hardware, quindi, ma serve anche il software.

La fiducia

Due mesi chiusi a casa a sedici anni si superano facilmente, sei mesi e chissà quanti ancora di relazioni «al Covid» possono lasciare il segno. Se la scuola è anche rapporto umano l’edizione 2020-2021 (si spera «limited») dovrà quindi farsi carico anche di riuscire a ricostruire quella fiducia nelle relazioni che il Covid ha messo in discussione. A ricostruire il gruppo; in sicurezza, ma senza sospetto reciproco; a gestire le emergenze (che ci saranno) senza panico e senza caccia all’untore; a compensare con nuovo collante quella fisicità recisa, nei rapporti e nei contatti, che in adolescenza è essenziale. Sarà una sfida difficile per gli insegnanti, perché sarà molto più difficile progettare questi nuovi software di quanto non sia stato imparare, in fretta e furia, come funzionano «Zoom» o «Google meet».

*Presidente Laboratorio Adolescenza