Scuola, le spinte per il rinvio

da Corriere della sera

di Valentina Santarpia

Ripartenza a ostacoli per le scuole. Sono già diversi gli istituti non ancora pronti che chiedono di ritardare l’inizio delle lezioni. «Il rischio zero non esiste» sottolinea la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Aumenta il numero dei positivi. Ieri sono stati 1.370, ma con il doppio dei tamponi.

«Una situazione incandescente»: così la descrive Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi nel Lazio, che ha lanciato l’allarme sul posticipo dell’apertura. Quante sono le scuole che hanno chiesto di far slittare il rientro? «Centinaia, la richiesta si sta allargando a macchia di leopardo, mi arrivano messaggi da tutta Italia». Tecnicamente si può fare? «Sì, invocando l’autonomia scolastica, ma sempre in sinergia con le amministrazioni. Nel Lazio è stato deciso che saranno i Comuni a dover dare il via libera, dopo la decisione collegiale della scuola. Ma in città grandi come si fa, con la mole di lavoro per la riapertura? E e poi, a Roma decide il Campidoglio o il municipio? Restano mille dubbi».

Quali sono i motivi per cui non possono aprire alcune scuole? «Perché mancano i banchi, mancano i docenti, soprattutto di sostegno, non sono stati finiti i lavori di adeguamento: le richieste che mi arrivano sono tantissime, perché i dirigenti non vogliono trovarsi impreparati alla riapertura, e sperano che almeno dopo il 22 si possa avere un quadro di sicurezza degli studenti».

Finora sono stati consegnati solo 100 mila banchi monoposto, dice la Cgil. Questo pesa? «Certo, ma c’è anche un altro problema. Ci sono istituti che stanno accatastando i vecchi banchi all’aperto, che alla prima pioggia si infradiceranno. Noi abbiamo chiesto al Comune di Roma di poterli donare ad associazioni benefiche. Altrimenti vanno stoccati in un grande magazzino. Ma se rimangono fuori per giorni è un danno per la comunità. Molti a Roma sono accatastati vicino alle centrali termoidrauliche, dove passano i tubi del gas». Il tempo pieno si potrà fare?

«Secondo una stima, il 25 per cento delle scuole d’Italia avrà difficoltà col tempo prolungato. Mi sembra una statistica “spannometrica” e anche ottimistica. I Comuni devono lavorare con le ditte degli appalti altrimenti si mette in difficoltà il tempo prolungato».

Lei è pessimista? «Guardi, il Covid ha solo messo in evidenza pigrizie e difficoltà che conoscevamo da almeno 15 anni. Ma sono moderatamente ottimista, perché credo nelle capacità di dirigenti, docenti, collaboratori scolastici».