Ritorno in classe, l’affondo di Speranza: “Basta polemiche, non è solo un problema di Azzolina, ma riguarda tutti noi”

print

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Domani, lunedì 14 settembre, si ritorna in classe. Un appuntamento importante a cui il governo sta lavorando alacremente da mesi.

“Abbiamo lavorato con Regioni, Province e  Comuni a partire dal documento sulla gestione dei casi Covid, approvato all’unanimità. Abbiamo fatto più che negli altri Paesi  europei. Nessuno pensa che la situazione sia perfetta, non abbiamo la  bacchetta magica e i problemi della scuola italiana non nascono col
Covid. Ma ci sono risorse senza precedenti, stiamo provando a  investire sul personale scolastico e sulle attrezzature, forniremo 11 milioni di mascherine al giorno a tutti gratuitamente”.

Così il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un’intervista a La Repubblica, alla vigilia della riapertura dell’anno scolastico.

Il responsabile della Sanità dice che “è statistico che ci siano” casi covid a scuola, per questo “serve un grande sforzo da parte di tutti.  Numeri alla mano oggi l’Italia sta un po’ meglio di altri Paesi  europei. Dobbiamo recuperare lo spirito unitario che a marzo e aprile  ci ha permesso di piegare la curva. Dentro questo sforzo le misure del governo e delle Regioni sono una parte, ma serve il contributo di  tutti: medici, pediatri, presidi, insegnanti, studenti, genitori. È  una sfida che riguarda l’Italia, non un problema della Azzolina su cui fare campagna elettorale”.

Serviranno i tamponi, ce ne saranno abbastanza? “Abbiamo rafforzato di molto la nostra capacità di fare test e miglioreremo ancora – evidenzia Speranza – L’obiettivo che ci siamo dati è non lasciare soli presidi e insegnanti, rinsaldare il legame che si era perso tra le scuole e il Servizio sanitario nazionale. Se ci saranno casi Covid, saranno le Asl a intervenire e decidere come procedere. È un processo nuovo, dovremo imparare a gestire questi casi, per questo dico che servono nervi saldi”.

E sulla misurazione della temperatura, precisa: “come ha spiegato il Comitato tecnico scientifico, la febbre va misurata a casa perché il tragitto fino a scuola è già occasione di incontri. Pensi solo ai mezzi pubblici. E per evitare assembramenti fuori dagli istituti scolastici”. Poi: “stiamo valutando” sull’abbassare la quarantena a 10 giorni, “ascolteremo prima il Cts e ci confronteremo anche con gli altri Paesi europei”.