C. Läckberg, Tempesta di neve e profumo di mandorle

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La Läckberg indaga nella vita

di Antonio Stanca

Alla serie “I delitti di Fjällbacka”, in particolare quella detta “Martin Molin”, che va dal 2002 ai nostri giorni, appartiene Tempesta di neve e profumo di mandorle, romanzo uscito nel 2013 e nel 2019 ristampato per la seconda volta dalla Feltrinelli nella “Universale Economica”.

Lo ha scritto Camilla Läckberg, nata a Fjällbacka, in Svezia, nel 1974 e residente a Stoccolma insieme a quattro figli. Dopo essersi laureata in Economia all’Università di Göteborg si era trasferita a Stoccolma dove si era applicata nel marketing. Da tempo, però, si dilettava a scrivere finché non lo avrebbe fatto in maniera esclusiva. Sarebbe successo intorno al 2000 e di genere “giallo” sarebbe stata la sua narrativa. Fin dagli inizi con opere quali Lo scalpellino (2005), L’uccello del malaugurio (2006) e Il bambino segreto (2007) avrebbe avuto successo, si sarebbe fatta conoscere anche all’estero, i suoi libri sarebbero stati molto tradotti, molto venduti oltre che trasposti in film. La televisione si sarebbe interessata a lei al punto da farle creare e condurre interi programmi. In molti altri sensi, libri per ragazzi, fumetti, libri di cucina, testi musicali, iniziative femministe, si sarebbe applicata la Läckberg. Un personaggio molto noto sarebbe diventata e i suoi romanzi avrebbero costituito il suo miglior segno di riconoscimento. Tra questi Tempesta di neve e profumo di mandorle si sarebbe distinto in modo particolare giacché ai caratteri del romanzo “giallo” avrebbe unito quelli del romanzo “di ambiente”, “di costume”. Attraverso quanto si vede, succede all’esterno la scrittrice avrebbe cercato altro, avrebbe messo in evidenza i segreti, gli intrighi che in un posto, in una casa, in una famiglia si possono celare fino a farne un luogo sinistro, pericoloso. Ha proceduto così anche in altre opere la Läckberg ma stavolta è riuscita meglio data la semplicità, la naturalezza con la quale si muove pur in una situazione molto complicata.

  Nell’opera dice che per festeggiare il Natale tutti i membri di una numerosa e ricca famiglia si sono riuniti in un albergo-ristorante gestito da due anziani coniugi e collocato sull’isola di Valö, una delle tante dell’arcipelago intorno a Fjällbacka, dove la scrittrice ha ambientato la maggior parte dei suoi romanzi. Mancano pochi giorni per Natale e Martin Molin, che fa parte della vicina stazione di polizia, è andato a Valö perché invitato dalla fidanzata, Lisette, che di quella famiglia fa parte. E’ nipote di Ruben, il vecchio patriarca che ha saputo costruire un’immensa fortuna e che durante il primo pranzo, mentre tutti stanno godendo della ricca tavola imbandita, non esita ad esprimere il suo disappunto per la maniera con la quale l’azienda, la fabbrica da lui creata viene condotta ora da figli e nipoti. Dice che stanno rovinando quanto da lui costruito e che ne avrebbe tenuto conto nel testamento. Accaldato, infervorato per l’agitazione chiede un bicchiere d’acqua e dopo averlo bevuto muore tra terribili spasmi. 

  Martin Molin, il poliziotto fidanzato di Lisette, scopre che è stato avvelenato dal cianuro contenuto nell’acqua appena bevuta e, pur trovandosi solo, senza colleghi,comincia il suo lavoro, si mette alla ricerca, cioè, delle tracce dell’accaduto e interroga i commensali ricevendoli, uno per volta, in una delle stanze dell’albergo. Fuori infuria una bufera di neve così violenta da aver abbattuto i pali del telefono e coperto l’isola e il mare intorno. Ogni collegamento con la terraferma è annullato e la situazione durerà per alcuni giorni anche perché vi si aggiungerà un temporale con tuoni che fanno paura. Molin dovrà, quindi, abituarsi all’idea di procedere da solo, farà sistemare il cadavere di Ruben nella cella frigorifera dell’albergo in attesadella fine del maltempo, dell’arrivo dei colleghi e della scientifica. Così farà pure quando, il giorno dopo, si scoprirà la morte di Matte, il nipote prediletto di Ruben, ucciso da un colpo di pistola. 

  L’atmosfera dell’albergo si tende sempre di più: dei membri di quella famiglia due sono stati uccisi e l’assassino o gli assassini stanno tra loro. Si diffonde uno stato di sospetto, di paura anche perché Molin, dagli interrogatori ai quali più volte ha sottoposto quelle persone, non riesce a risalire ai moventi, ai colpevoli. Intanto dalle loro deposizioni viene a sapere tutto di quella famiglia, i rancori, gli odi, gli inganni, i tradimenti, i segreti, le calunnie, le offese, le colpe che si celano dietro apparenze tranquille, le falsità che ci sonodietro vanità, esibizioni di ogni genere. I due “fattacci” servono alla scrittrice per far conoscere la vita nascostadella casa, le sue verità, per mostrare quanto di grave può essere pensato, compiuto senza che sia sospettato. E’ questo il proposito principale della Läckberg, indagare nella vita, nella società, nella storia, fare dei suoi commissari gli scopritori di cattiverie che si pensavano finite per sempre, di assurdità che si credevano superate. In atti di denuncia si trasformano le sue opere, in dichiarazioni di pericolo, in allarmi. Una funzione civile, morale assumono: vogliono far sapere affinché ci si impegni a non sbagliare, ci si salvi dal male. 

  Così vuol fare pure con questo romanzo, dove mentre dice di Matte che, pregato dal nonno Ruben, vecchio e malato, lo uccide e poi, pentito, si toglie la vita, dice anche di quanto avviene dietro le apparenze, di quanto col tempo vi si è accumulato.

Un linguaggio libero, sciolto rende ancor più interessante l’opera, ne solleva il tono, la fa piacere.