La spinta dei nuovi eroi normali. I prof come gli infermieri anticovid

da Il Messaggero

Mario Ajello e Camilla Mozzetti

L’altra faccia, opposta e virtuosa, del sindacalismo a vanvera. E’ quella del sacrificio personale, da eroi normali, da patrioti semplici che non vanno a caccia del pennacchio da esibire, di tanti professori che nella scuola credono. E che mentre l’anarchia e la burocrazia rendono complicata (…)
(…) la ripartenza delle scuole, lo Stato cerca di arrangiarsi come può, le famiglie sono disorientate ma vogliono crederci, non si fanno scudo di questo per arrendersi e per disertare. C’è chi usa la creatività, per un nuovo inizio dignitoso della vita scolastica, e per tenere alto il buon nome della scuola italiana che – nel confronto con le altre – non sfigura affatto. Anzi. Ci sono piccole grandi storie esemplari. Che fanno massa. Che fanno qualità. Che reggono, o ci provano, un Paese.
Viviana Arruzzolo, 37 anni, è maestra elementare all’istituto comprensivo G.B.Valente. Precaria dal 2004, ora è di ruolo. E in questi giorni sta coprendo anche le ore della collega che dovrebbe insegnare con lei ma che non è stata ancora nominata. «Il mio orario va così dalle 8.20 alle 13.45, un surplus di tre ore rispetto al contratto». Si lagna? No. E’ pronta ad andare in piazza con Unicobas? Ma figuriamoci. Le ore in più non le vengono calcolate come straordinari, «ma non mi importa questo – spiega Viviana – perché altrimenti i bambini sarebbero dovuti uscire prima». Tra i piccoli, c’è una bimba che in questi due giorni di ripresa mostra del comprensibile timore. «Al mattino la aspetto all’ingresso – aggiunge la maestra – la prendo per mano anche se le norme sul distanziamento non lo prevedono e lei si calma, così entriamo in classe e facciamo lezione». Le lacrime, con la mano stretta a quella della maestra, smettono di rigarle il viso. E non siamo nel libro Cuore. Ma quel libro l’Italia migliore l’ha immortalata e la tradizione ottocentesca della nostra scuola, che sa essere eccellente quando vuole e quando può, ha saputo resistere almeno un po’ nel corso dei secoli. Ancora la Arruzzolo: «Spiego l’argomento del Covid come fosse un gioco. Da casa ho portato dei disegni da far colorare che raccontano tutte le procedure della sicurezza e che cosa è il virus. I bambini li colorano e imparano senza percepire questa situazione come una minaccia».
Un’insegnante, alla scuola Col di Lana, quella frequentata dal figlio del premier, dietro Piazza Mazzini, si è offerta di fare a turno da scuola bus per gli alluni che abitano vicino a lei e a cui gira la testa – a loro e ai loro genitori – per il bislacco disordine delle entrare e delle uscite a orari sempre variabili, del singhiozzo didattico dei primi (si spera) giorni, per un viavai tra turni e alternanze che avrebbe bisogno di un cervellone artificiale per non andare in tilt.
Passione, dedizione, creatività, immediatezza della responsabilità, sensibilità educativa: ecco le 5 virtù dell’insegnante-eroe. Quello che si prende sulle spalle l’emergenza, come lo fecero i medici e gli infermieri al tempo degli ospedali che scricchiolavano nella fase più dura dell’aggressione del Covid, e cerca con buon senso di darle un senso che non sia catastrofico.

LA FORZA DELL’ORGOGLIO

Al liceo Mamiani, immenso, 3 ingressi diversi, 2 palestre, 45 aule, 1200 studenti, su 15 addetti alle pulizie, ce ne sono solo 8 al lavoro. E non piantano grane, o si fingono malati, ma si rimboccano le maniche. Hanno sanificato tutto, giardini, cortili, classi, laboratori, perché ci tengono all’orgoglio personale e hanno un’idea non stantia del lavoro. Come Vincenzo Turso, 64 anni, collaboratore scolastico alla media Sinopoli, in via Mascagni. Quando l’istituto ha chiuso per la pandemia, lui non è rimasto con le mani in mano: ha impugnato invece cesoie e vernici, acquistate di tasca propria, per sistemare il plesso in vista di settembre. Nessuno gliel’aveva chiesto, tanto che la preside, Annunziata Di Rosa, quando ha visto che cosa era riuscito a fare da solo è rimasta sbalordita. Turso Ha ridipinto tutto. Colori tenui sul verde e sul giallo che hanno levato via il grigiore e le macchie d’umidità degli ultimi anni. E via a potare le siepi in cortile, a togliere le erbacce e infine Vincenzo ha piantato un albero di ulivo e una pianta di nespolo. «Non è stata – così racconta – una fatica né vado in cerca di riconoscimenti. La scuola è la mia seconda famiglia e con tutto quel tempo libero ho creduto che fosse giusto occuparmi di essa».
Lui è invece il prof. Bonomo. Insegna arte al Morvillo di Tor Bella Monaca. Siccome è difficile orientarsi nei nuovi percorsi interi alla scuola, ha fornito alle famiglie le mappe satellitari, disponibili sul sito della scuola, dove gli ingressi e i percorsi sono nominati con i nomi dei frutti e degli artisti come Van Gogh, Picasso e Caravaggio.

I SOLDI DI TUTTI

Sempre a Tor Bella Monaca, uno degli storici licei di periferia è il classico Amaldi. In tutto ci sono 1.300 studenti e altrettanti banchi monoposto che sarebbero serviti per l’intero plesso. Ma la vicepreside e insegnante di matematica, Adelaide Granese, ha optato per una rimodulazione. Algoritmi e metri alla mano ha conteggiato le effettive esigenze, facendo scendere gli ordini dei banchi a 82 unità. «Oggettivamente – spiega Adelaide – ci sembrava uno spreco chiedere tutti questi banchi, privandoli magari a realtà che ne avevano più bisogno. Calcolando le distanze e usando in parte i nuovi banchi insieme a quelli biposto abbiamo arredato le aule garantendo in tutte le misure anti-contagio. Questo ci ha permesso di risparmiare del tempo, postazioni corrette per gli alunni e una più ampia presenza a scuola per tutti». L’eroismo della normalità si compone di tante storie come queste. Tutto il resto è baccano.
Mario Ajello
Camilla Mozzetti