“Prof, i miei hanno il virus” E la scuola chiude dopo sei ore

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da la Repubblica

Paolo Berizzi

CISLIANO (MILANO) — Quando domenica sera alle nove e mezza è arrivata la telefonata ed è scattato l’allarme, a Cisliano hanno avuto conferma che il tempo, oltre alla didattica, misura anche l’incertezza: appena sei ore di lezione — spalmate su due giorni per via dell’orario ridotto, giovedì e venerdì — , e il preside ha lasciato a casa due classi. Quarantadue studenti. Isolamento precauzionale. Una misura non obbligatoria, se si guarda alle direttive regionali lombarde, ma — dice Luciano Giorgi — «ho preferito intervenire subito. Per evitare qualsiasi tipo di rischio». Rischio che però, lo vedremo, non è scongiurato.

È successo questo. M. e T. sono due fratelli: 12 e 13 anni. Frequentano la scuola media dell’istituto comprensivo “Erasmo da Rotterdam”: uno è in seconda, l’altro in terza. Con i genitori egiziani si sono trasferiti da poco a Cisliano, quasi 5mila abitanti nell’hinterland sud-ovest di Milano. Sono proprio i genitori il punto centrale della storia. La mamma e il papà tra sabato e domenica scoprono di avere contratto il coronavirus: hanno fatto il tampone all’ospedale di Magenta. Non è ancora chiaro quando sia arrivato l’esito. Sta di fatto che domenica sera M. prende il telefono e chiama la sua insegnante di matematica. La mattina dopo si sarebbero visti in classe. «Prof, i miei genitori hanno il coronavirus, volevo avvisarla. Io sto bene, ma mi dica che cosa devo fare». L’insegnante contatta subito il preside che a sua volta telefona al vicesindaco di Cisliano, Domenico Schiavini (delega all’istruzione): è anche lui un genitore della scuola. «Non che fossimo l’unico caso in Italia, ma da noi è arrivato dopo solo sei ore di lezione ». Già. La prof di matematica espone la situazione alla collega di lettere (che insegna nella classe dell’altro fratello).

«All’inizio si è creato un po’ di subbuglio », raccontano. Il protocollo prevede che la scuola debba subito informare l’Ats. E dunque: il preside Giorgi si interfaccia con le autorità sanitarie. Ma intanto, d’accordo con il sindaco Luca Durè, decide in autonomia. Opta per l’isolamento di quarantadue ragazzi. «Ho fatto mettere l’avviso sul registro elettronico — spiega — . E con i rappresentanti di classe è partito il passaparola telefonico ». In pratica: per evitare che le due classi potessero trasformarsi in un focolaio, è stata ripristinata la didattica a distanza. Un brusco ritorno alle modalità scolastiche del lockdown. Ma veniamo a M. e T. Sono asintomatici. Ma fino a ieri mattina non erano stati tamponati. Il che, va detto, solleva un dubbio: perché, dopo la scoperta di due genitori positivi, Ats non ha sottoposto a tampone anche i due figli? Formalmente, sono “contatti stretti”. E “contatti stretti”, a loro volta, sono (per M. e T.) anche i compagni di classe. Ieri pomeriggio il Comune di Cisliano ha fatto fare (a proprie spese) l’esame ai due ragazzi in un laboratorio privato. «Non potevamo aspettare», dice il sindaco. Il tema adesso è il risultato. «Se sono negativi, mentre loro finiscono la quarantena precauzionale le due classi possono rientrare. Se invece sono positivi, anche tutti i compagni devono a loro volta continuare le lezioni da casa».

All’Erasmo da Rotterdam la campanella è tornata a suonare il 10 settembre. Pensare che la ripartenza era stata preparata a lungo. «Abbiamo fatto cinque video-incontri informativi con genitori e insegnanti — ricorda Luciano Giorgi — . Il rischio maggiore non è che i ragazzi prendano il virus a scuola, quanto piuttosto che lo portino». Da fuori. Sono 1.100 studenti, suddivisi tra le due sedi di Cisliano e Albairate. Le medie hanno 11 classi. Due, adesso, fanno lezione da remoto. Un contrappasso inatteso: Cigliano è stato tra i primi comuni lombardi ad effettuare i test sierologici. «Li facevamo nella palestra della scuola», racconta il primocittadino. «Il paese è piccolo ed è normale che la gente si preoccupi ancora».