Docenti introvabili al Nord, supplenze verso 120/130mila

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Passano gli anni, cambiano i governi ma, anche quest’anno, all’indomani dell’avvio delle lezioni, molte cattedre, specie nelle regioni del Nord, resteranno vuote ancora per diverse settimane, in attesa dei supplenti.

Delle 84.808 cattedre messe in palio, quest’estate, infatti, secondo una elaborazione ben fatta della Cisl Scuola, se ne sono state coperte appena 25mila, migliaio in più, migliaio meno, vale a dire poco meno del 30 per cento. Risultato? Che al termine della procedura ordinaria delle immissioni in ruolo sono rimasti quasi 60mila posti da coprire, e non ci si è riusciti (a esaurirli tutti) neppure con la “call veloce” introdotta quest’anno. I tempi supplementari delle assunzioni voluti dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che consentono ai precari desiderosi di conquistare il ruolo di spostarsi dalla propria regione (restando però 5 anni nella scuola di titolarità), si sono conclusi il 2 settembre con 2.500 candidature. A pesare è stato soprattutto il rischio Covid: almeno il triplo, altre 7.500 istanze, sono rimaste nel sistema, a testimonianza, di come, poi, al momento dell’inoltro effettivo dell’istanza, i timori a trasferirsi lontano da casa, hanno pesato, e fatto desistere gli interessati). Considerando che dalla call veloce ci si aspettavano 5/6mila candidature (che si traducono in contratti stabili), è come dire che uno su due ha rinunciato al posto fisso.

La corsa ai supplenti

Dunque a conti fatti si resterà molto vicini a quota 60mila vuoti d’organico. Secondo il ministero dell’Istruzione, si tratta di numeri, importanti, ma in linea con quegli degli ultimi anni: anche quest’anno, perciò, all’avvio delle lezioni (settembre) le cattedre assegnate a supplenti non dovrebbero attestarsi intorno alle 120/130mila unità. Più le eventuali deroghe (anche qui, la gran parte sul sostegno) che arriveranno fino a dicembre. Accanto a questi numeri, ci sono poi i 50mila docenti aggiuntivi, temporanei, previsti dal governo per fronteggiare l’emergenza Covid-19, che saranno assunti con contratti a termine (in tutto sono oltre 70mila, ai 50mila prof vanno aggiunti i 20mila Ata, sempre a tempo. Per i sindacati, a dicembre si sfonderà le 200mila supplenze.

La verità, purtroppo, che anche qui si ripete da anni, è che, se tutto andrà bene, ci vorrà ottobre-novembre, almeno, per avere i docenti in cattedra, con buona pace della continuità didattica. E questo, purtroppo, in un anno in cui, oltre a svolgere le normali attività, occorrerà rimediare alla drammatica perdita di apprendimenti patita da marzo. In assenza di docenti di ruolo, si passerà alla chiamata dalle «Graduatorie provinciali dei supplenti»: da quest’anno la procedura è nuova e totalmente informatizzata. Il sistema, però, poco testato, sta generando enormi problemi: così anche i tempi di nomina dei supplenti andranno ben oltre il consueto.

Matematica e lettere introvabili

La situazione “cattedre vuote” è una sconfitta per tutti. Da Roma in su ormai, già a partire dalla primaria, sono introvabili i professori di matematica, in genere delle materie tecnico-scientifiche; ma anche di italiano, lingue straniere, in primis inglese. «Anche al Sud alcune classi di concorso come lettere e matematica sono esaurite», ha detto Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi della Gilda. Discorso a parte, il sostegno, dove l’emergenza è elevatissima: tra l’80 e il 90% di cattedre negli ultimi anni è vuoto, e spesso assegnato a un prof non specializzato.

Reclutamento da rivedere

Il punto è che, nella scuola, da 20 anni, si assume, attraverso un doppio canale, 50% dai concorsi pubblici, il restante 50% dallo scorrimento delle graduatorie a esaurimento, Gae (quelle dove sono inseriti i precari abilitati). Non svolgendosi i concorsi (quelli di quest’anno sono slittati in autunno), le assunzioni arrivano quasi interamente scorrendo le sole Gae dove ormai le classi di concorso più gettonate, non solo al Nord, hanno esaurito gli iscritti. Vale a dire, il posto stabile c’è, ma manca il candidato. Si aggiunga poi lo scarso appeal della professione, specie tra i giovani laureati, e una certa resistenza dei docenti del Sud a trasferirsi al Nord per via dell’elevato costo della vita. Da qui la necessità di rimetter mano al reclutamento. Lo chiedono tutti (da tempo).