Rientro in classe, Azzolina: ‘Il ritorno in presenza, la sfida più difficile’

da Tuttoscuola

Via al nuovo anno scolastico. Terminate anche le elezioni, le scuole stanno ormai riaprendo finalmente in tutto il territorio nazionale. Alcune sono riuscite a farlo trasformando la crisi in opportunità, innovando e rinnovando, altre sono invece ripartite con un po’ più di fatica. Tra didattica a distanza, banchi monoposto e digitale, a parlare a Tuttoscuola della grande sfida che sta affrontando la scuola, quella del ritorno in presenza, è la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina.

La scuola prima, durante la pandemia e ora alla prova della riapertura. Ministra Azzolina quali le luci e le ombre.

«La scuola italiana ha moltissime luci. Abbiamo tante eccellenze, in tutto il Paese, al Nord come al Sud. Dobbiamo valorizzarle di più e farlo tutti. Sono emerse anche durante la pandemia, quando in poche settimane il nostro sistema di Istruzione ha recuperato ritardi di anni sul digitale, si è rimboccato le maniche, ha messo in piedi una didattica a distanza che, di solito, è prassi solo per quelle studentesse e quegli studenti che, purtroppo, per motivi di salute, fanno scuola in ospedale. Io credo che in quelle settimane la scuola italiana abbia dato dimostrazione di grande operatività. Come il nostro sistema sanitario. Dobbiamo esserne fieri. Non sono mancati i problemi, è innegabile, qualche ‘ombra’, se così vogliamo dire, c’è stata».

Ma quale sarebbe stata l’alternativa alla DaD? Nessuno ce l’ha ancora detto.

«Con il senno di poi dovremmo forse ammettere che la pandemia ha travolto tutto, è stata una prova durissima, e che la risposta della nostra scuola non è mancata e non è stata diversa, né inferiore in termini di qualità e immediatezza, da quella di altri Paesi europei. Chiudere le scuole è stato durissimo, sento ancora tutto il peso di quella decisione. Ma abbiamo saputo reagire da subito, grazie alla volontà e alla passione di insegnanti, dirigenti scolastici, del personale. Grazie al forte impegno di studentesse e studenti, che hanno dato una grande prova di maturità. Grazie alle famiglie, che hanno davvero giocato un ruolo importante. Insieme abbiamo tutti attraversato un periodo complicato, ma ce l’abbiamo fatta. Lo stesso succederà con l’avvio del nuovo anno scolastico. Per tutta l’estate sono stata in contatto con i territori: ho visto migliaia di dirigenti, insegnanti, genitori, amministratori locali impegnati con noi per la ripresa. Un grande lavoro corale. Faticoso, difficile, ma che ha sempre messo al centro le nostre studentesse e i nostri studenti. Come fa un Paese serio».

Le condizioni di apertura dell’anno scolastico hanno richiesto di considerare tanti fattori, tutti importanti e interconnessi. Quali sono stati i “principi ispiratori” per riaprire in sicurezza, prevenire nuovi focolai e garantire l’efficacia della formazione?

«Partiamo da un principio fondamentale, mai perso di vista, nemmeno durante i mesi del lockdown: l’istruzione è un diritto costituzionalmente garantito. Il lavoro del Ministero è sempre stato quello di assicurarlo a tutte le studentesse e a tutti gli studenti. Superato il periodo più critico dell’emergenza, la priorità è diventata, ovviamente, quella di riaprire i cancelli delle scuole agli studenti, al personale. Di farlo in sicurezza. La prima prova l’abbiamo affrontata con gli Esami di Stato del secondo grado. Volevamo che i maturandi potessero vivere una tappa così importante del loro percorso di studi in presenza. Per questo abbiamo siglato un Protocollo di sicurezza specifico con il Ministero della Salute, i sindacati, il Comitato Tecnico Scientifico per l’emergenza. Un Protocollo che ha funzionato. È stata una prova importante che, nei fatti, è stata superata in maniera eccellente. Anche se, come spesso capita, purtroppo, le buone notizie non trovano molto spazio nel racconto generale. Ho letto per settimane di allarmi sulle commissioni. Ma in pochi hanno raccontato quanto poi la prova sia stata brillantemente superata dalla nostra Scuola. Lo stesso lavoro di preparazione è stato fatto per l’avvio del nuovo anno scolastico. Abbiamo emanato Linee guida per gli aspetti organizzativi e per gli aspetti didattici più innovativi, nonché un Protocollo sanitario per quelli legati alla sicurezza. Abbiamo lavorato per settimane, senza sosta, per riportare tutti a scuola. Perché la scuola è socialità, scambio, relazione. Ed è giusto che sia in presenza».

Oltre all’attenzione al numero delle classi, dei docenti e degli spazi, quali le novità del nuovo anno scolastico?

«Quello che comincia sarà sicuramente un anno speciale. Sotto diversi aspetti. Intanto torneremo fisicamente nelle nostre aule o negli spazi alternativi individuati con gli Enti locali per la ripresa. Sarà bello rivedersi, scambiarsi, magari, anche sensazioni e racconti su questi mesi così particolari. Farlo dal vivo. I ragazzi troveranno una scuola diversa, ma in positivo. Tanto per cominciare si tratta di una scuola che si è messa in discussione, che ha lavorato duramente per accoglierli. Una scuola dove sì, dovremo stare distanziati per la sicurezza di tutti, ma ci saranno igienizzanti, personale e tutto quello che serve per ripartire. E, soprattutto, una scuola pronta a guardare al futuro. Abbiamo inserito nel decreto Rilancio oltre a 1,6 miliardi per la ripartenza, a cui si sono aggiunti altri 1,3 miliardi del decreto Agosto, unitamente a una misura ad hoc che consente di derogare il numero di alunni per classe finora previsto per legge. Finalmente si cominciano a depotenziare le norme del 2008, frutto dei tagli dell’epoca, che hanno portato alle classi pollaio. È un cammino che inizia. Archiviamo la cosiddetta legge Gelmini. Mai più tagli nella scuola, quel brutto periodo è alle spalle. Arrivano investimenti mirati. E risorse. Tante. Ne avremo anche nel Recovery Fund per accelerare sull’edilizia scolastica, sul digitale, sulla formazione di qualità degli insegnanti, per contrastare dispersione e povertà educative».

Ritiene che l’emergenza contribuisca ad allentare o a stringere maggiormente i legami tra le varie componenti della comunità scolastica?

«Questa è davvero una bella domanda. Per settimane ho partecipato ai Tavoli organizzati dai nostri Uffici Scolastici Regionali. Ho visitato diverse scuole, continuerò a farlo, e ho la fortuna di incontrare tantissime persone, da Nord a Sud. Posso dire con assoluto orgoglio che insegnanti, dirigenti scolastici, personale ATA, tutti hanno contribuito con la loro fatica ma anche con grande impegno a superare una situazione complessa. E mentre sulla stampa leggevo toni apocalittici, nelle segreterie scolastiche incontravo i nostri dipendenti che a testa bassa si davano da fare. Qualcuno ha anche fatto slittare le ferie, ha deciso che la priorità erano gli studenti. Ho incontrato dirigenti scolastici che con l’aiuto di organizzazioni, enti locali, genitori, sono riusciti a disporre di nuovi spazi che permetteranno di rispettare la distanza di un metro tra gli studenti. La scuola, in un periodo così drammatico, si è riscoperta comunità, ha tirato fuori il meglio di sé e sta lavorando senza tregua, anche ad agosto.  Io credo che usciremo rafforzati da questi mesi. Molto».

Cosa pensa che abbia contribuito di più alla “tenuta” e in quale direzione orientare gli sforzi per rinsaldare il sistema? Lei ha puntato molto sull’autonomia, ma le critiche non sono mancate.

«La capacità di reazione è stata fondamentale. La didattica a distanza è stato uno strumento in grado di mantenere il contatto tra studenti e insegnanti, ma se non ci fosse stato un sistema in grado di attivarla e utilizzarla, non ci sarebbe stato il risultato che abbiamo ottenuto. Fondamentale anche in questo caso è stato il gemellaggio, quindi la collaborazione, tra scuole più preparate dal punto di vista digitale e scuole più in difficoltà. Per quanto riguarda l’autonomia, in vigore da 20 anni, è indubbio che ogni scuola abbia esigenze diverse, ho chiesto quindi ai dirigenti scolastici di far arrivare al Ministero, agli Uffici Scolastici, le loro specifiche necessità. Questo ci ha permesso di far fronte in maniera chirurgica ad ogni singola situazione. Anche nella distribuzione del personale extra, abbiamo deciso di intraprendere la strada che più rispecchia il principio di sussidiarietà, ossia quella della distribuzione di risorse economiche agli Uffici scolastici regionali, che meglio conoscono i territori e sono in grado, più da vicino, di tradurre quelle risorse in personale scolastico aggiuntivo, secondo i reali fabbisogni delle scuole. Ma sia chiaro: questo non significa che i dirigenti scolastici abbiano dovuto affrontare tutto da soli. Abbiamo attivato un Help Desk che risponde a tutte le loro domande, inoltre il Ministero si è messo a disposizione attraverso i Tavoli regionali organizzati negli Uffici scolastici territoriali. Certo, credo che per la prima volta in assoluto tutto il nostro sistema scolastico sia stato chiamato a interpretare l’Autonomia in maniera sostanziale, così concreta; la governance territoriale è diventata, per i nostri dirigenti scolastici, una vera e propria sfida, una missione complicata, da vincere a tutti i costi. Siamo stati tutti una grande squadra e il fatto che stiamo riaprendo le scuole lo dimostra appieno».