Bocciature doppie per studenti svantaggiati

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da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Oltre che a scuola, le condizioni di studio degli studenti possono essere difficili a casa e anche questo conta molto quando le lezioni sono online. Secondo lo studio Ocse, il 14% degli studenti delle scuole italiane con un profilo socio-economico svantaggiato non aveva un posto tranquillo per studiare a casa propria e il 17% non aveva accesso a un computer che potesse essere utilizzato per i lavori scolastici.

Le percentuali corrispondenti tra gli studenti delle scuole avvantaggiate sono decisamente inferiori, pari rispettivamente solo del 6% e del 5%. Scuola digitale a parte, dallo studio emerge anche come, in base alle relazioni del preside, solo circa 7 studenti (di 15 anni) su 10 in Italia beneficiano di un servizio di orientamento professionale a scuola, la percentuale più bassa nell’Ocse, dopo quella della Grecia.

Un dato che può essere collegato anche alla maggiore incidenza di bocciature in Italia rispetto agli altri Paesi avanzati, pari al 13,2% contro la media dell’11% (ma la Francia è al 17% e la Germania quasi al 20%, per non parlare del 40% della Colombia).

Tra l’altro le bocciature, che portano spesso a sviluppare un atteggiamento negativo nei confronti della scuola, avvengono soprattutto a carico degli studenti più svantaggiati (26%) contro il 3,9% degli studenti più avvantaggiati (medie Ocse 20% e 5%) e sono spesso all’origine dell’abbandono scolastico.

Lo studio rileva che in media nell’Ocse (ma anche in Italia) gli studenti svantaggiati hanno una possibilità doppia rispetto ai loro coetanei avvantaggiati di essere bocciati, anche se hanno un livello di competenze nei test Pisa analogo. In aggiunta, «i Paesi con un minor numero di studenti ripetenti generalmente mostrano una maggiore equità nell’istruzione».

L’Ocse evidenzia anche che in Italia meno di 4 insegnanti su 10 si trovano in scuole dove esiste un sistema di tutoraggio per i docenti, una delle percentuali più basse dell’area, anche se condivisa con Spagna e Germania.

Tra gli altri dati emersi dal rapporto, vi è poi la riduzione tra il 2009 e il 2018 di alcune attività extra-scolastiche. In particolare si è ridotta la collaborazione con le biblioteche locali o la produzione di un annuario scolastico, di un giornale o di una rivista. Sono invece aumentate attività quali il teatro o l’arte.

Infine, non sempre gli investimenti nella scuola si riflettono in una performance migliori degli studenti. L’Italia spende più o meno quanto la Francia, Irlanda e Hong Kong per ogni studente, cioè circa 90mila dollari dai 5 ai 15 anni, ma nei test di apprendimento di lettura il voto dei ragazzi italiani si ferma a 476, quello dei ragazzi francesi è di 495, i coetanei irlandesi arrivano a 518 e i liceali di Hong Kong a 524. Certo, il Qatar spende 326 mila dollari per ogni studente, ma il voto nella lettura non va oltre il 407. Insomma, conclude diplomaticamente l’Ocse, ci sono fattori diversi da quello del livello degli investimenti che spiegano meglio la performance degli studenti. Vien da pensare che probabilmente più che la quantità della spesa incida la sua qualità.