Concorso straordinario insegnanti 2020 a rischio Covid. E’ fuga di candidati

da Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Il concorso per i precari della scuola per ora è confermato: si comincia il 22 ottobre e si va avanti secondo il calendario già pubblicato fino al 16 novembre. Le misure di distanziamento e i numeri esigui dei candidati in molte delle classi di concorso dovrebbero garantire le misure di sicurezza minime. Certo, se i contagi dovessero aumentare ancora e costringere il governo a misure più stringenti anche il concorso che ha raccolto oltre 64 mila domande per 32 mila cattedre potrebbe essere rinviato, come sta succedendo per altre assunzioni nella pubblica amministrazione.

Allarme sostegno

Ma per ora si va avanti. Se tutto procede come previsto, gli ultimi a sostenere la prova saranno gli insegnanti di sostegno di cui c’è assoluto bisogno – e cronica mancanza – nelle nostre scuole. In tutto sono in palio 5.669 posti, 4.069 per le scuole medie e 1.600 per le superiori. L’esame al computer della durata di un’ora e mezza è previsto il 12 novembre per quelli delle scuole medie e il 16 per quelli delle superiori. Il protocollo messo a punto dal ministero è stato pensato per assicurare la massima sicurezza ai candidati: i candidati svolgeranno le prove in giorni diversi a seconda della materia che insegnano; all’ingresso a scuola gli verrà provata la temperatura, dovranno indossare la mascherina per tutto il tempo e non saranno mai più di dieci per classe. Tutto bene, dunque? Niente affatto. Perché in realtà – più ancora delle disposizioni – a garantire il distanziamento ci penserà la penuria di candidati. In particolar modo proprio fra gli insegnanti di sostegno che in tutto hanno presentato 2.745 domande di partecipazione, pari alla metà dei posti a disposizione. Nella sola Lombardia su 1.680 cattedre a concorso i candidati sono soltanto 361. La situazione appare particolarmente allarmante alle medie: 261 candidati per 1.259 posti. Ed è lo stesso in Piemonte (58 candidati per 458 posti), Emilia Romagna (73 per 322 posti), Lazio: 173 per 564 posti. Fanno eccezione solo Abruzzo Molise, Puglia, Sicilia e Umbria. Va un po’ meglio alle superiori, ma solo al Centro-Sud (207 candidati per 43 posti in Lazio, 128 candidati per 9 posti in Sicilia, 215 per sei posti in Campania), mentre al Nord è un disastro: 52 candidati per 264 posti in Veneto, 68 per 287 in Piemonte, 100 per 421 in Lombardia.
Ad allarmare non è solo la mancanza di candidati per il sostegno. In realtà, a restare scoperte potrebbero essere anche molte cattedre «comuni», perché se è vero che in generale ci sono due candidati per un posto, le proporzioni variano tantissimo a seconda delle materie d’insegnamento: alcune – come diritto, arte e musica – hanno candidati in eccesso; altre – soprattutto quelle tecniche e di laboratorio, ma anche matematica e fisica – in alcune regioni sono al di sotto della soglia di sicurezza.

Dove sono gli insegnanti con la specializzazione?

Per quanto riguarda il sostegno, la mancanza di aspiranti alle cattedre che servono per garantire l’inclusione dei quasi 300 mila studenti con disabilità o bisogni speciali è cronica: da anni ormai, nella nomina dei supplenti, si procede per deroghe ripetute, permettendo che a ricoprire il ruolo siano professori non specializzati. Ad aggravare la situazione ha contribuito anche la distribuzione disomogenea dei posti in palio per i corsi di specializzazione: i cosiddetti Tfa (Tirocini formativi attivi). Si tratta di percorsi di formazione selettivi ad alta specializzazione (e a numero chiuso), svolti dalle università mescolando lezioni in presenza e tirocini, ma la maggior parte dei posti è concentrata al Sud, mentre il fabbisogno è soprattutto al Nord. Già sono pochi – gli insegnanti «titolati» – ma in più pochissimi di loro sono in possesso del requisito necessario per partecipare a questo concorso riservato ai precari: tre anni di servizio a scuola, di cui almeno uno specificamente sul sostegno. Il senatore pd Francesco Verducci, che da tempo è in rotta di collisione con la ministra Lucia Azzolina sul tema dei concorsi, prima dell’estate aveva presentato un emendamento in cui chiedeva la stabilizzazione automatica degli insegnanti con il «brevetto» del Tfa, in nome del fatto che questi docenti hanno già sostenuto diverse prove sia all’ingresso che in uscita dai corsi di specializzazione. Ma la ministra ha tirato dritto invocando il più generale principio costituzionale secondo cui ai posti pubblici si accede per concorso. E pazienza se a settembre dell’anno prossimo saliranno in cattedra meno della metà degli insegnanti di sostegno promessi. Quelli che hanno già la specializzazione ma non abbastanza mesi di servizio alle spalle, se vogliono, potranno partecipare al concorso ordinario da 33mila posti – ancora da indire – che fra prova preselettiva scritto e orale manderà in cattedra i primi prof a settembre 2021.

I ricorsi

C’è un’ulteriore tegola che rischia di cadere sul concorso ai tempi del Covid e al ministero lo sanno bene, visto quello che sta succedendo in questi giorni con il concorso per presidi del 2017, quello tra l’altro che ha sostenuto la ministra attuale. Il rischio sono i ricorsi, quest’anno probabilmente più numerosi per coloro che dovessero non poter partecipare alla prova scritta perché in isolamento per il Covid, o anche solo per un raffreddore. Sono già pronti gli studi specializzati che raccomandano di mettere in mora il ministero inviando la comunicazione della propria impossibilità all’Usr e in caso di mancata risposta a ricorrere per via giudiziaria.