Presidi: «Pochi bus e più rischi dopo le nove a scuola»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«La vulgata del “si entra dopo le 9 a scuola” è infondata»: i presidi non vogliono saperne di cambiare gli orari di ingresso dei ragazzi delle scuole superiori. In molte località di provincia i ragazzi per andare a scuola – fanno notare i dirigenti scolastici – prenderebbero gli stessi pullman che prendono per entrare nei turni attuali – in genere le 8 e le 8:40 – non ci sono autobus per tornare a casa in alcune fasce orarie pomeridiane – tra le 14,30 e le 16- nè sembra che le aziende del trasporto locale ne riescano a prevedere di nuove; con l’orario attuale non ci sono assembramenti nè all’ingresso nè all’uscita dagli istituti: insomma cambiare orari di ingresso a scuola significa, per molte realtà, lasciare in giro giovani e giovanissimi per qualche ora, con il rischio ben maggiore di assembramenti incontrollati rispetto a quanto avviene in classe. Questo sostengono i dirigenti scolastici praticamente all’unanimità.

La soluzione – che si adotterà in alcuni territori a partire da oggi – è far entrare i ragazzi a scuola più tardi la mattina e farli uscire sempre intorno alle 14 prevedendo di recuperare le ore perse per esempio con uno o due pomeriggi di lezioni on line. «Posticipare gli ingressi non è detto sia per tutti un vantaggio», ragiona Roberta Fanfarillo che guida i dirigenti scolastici per la Flc Cgil.

«La circolare del dell’Istruzione chiarisce che la scelta di una scuola di rimodulare l’orario può essere effettuata solo se sussistono situazioni di grave criticità e dopo il confronto con i tavoli provinciali e regionali. La vulgata del si entra alle 9 è infondata. Sono decisioni che competono alle singole scuole, la pretesa di imporre una organizzazione oraria per tutti, del resto, è sbagliata», sottolinea il presidente nazionale di Anp, Antonello Giannelli.

«Molte realtà si stanno attrezzando in queste ore perchè la situazione è complessa, stiamo assistendo ad una accelerazione delle criticità e si lavora per trovare soluzioni», osserva Paola Serafin a capo dei dirigenti scolastici della Cisl Scuola. «Era importante definire una modalità di reazione che fosse tagliata sulle particolari situazioni. Anche aprire alle 9 non risolverebbe il problema, anzi lo aggraverebbe: la cosa migliore è trovare la situazione giusta per quel territorio, considerando i trasporti, la rete internet ecc. Ci sono diverse variabili da verificare». La Cisl scuola chiede anche un livello di coordinamento maggiore su altri temi: dai lavoratori fragili alle nuove norme sullo smart working da applicare alla scuola e sostiene la necessità di anticipare la convocazione del Tavolo per la sicurezza fissato per il 30 ottobre, «altrimenti siamo e saremo sempre in affanno».

«L’impressione dei presidi riguardo al Dpcm e alla successiva circolare ministeriale è positiva – osserva anche Mario Rusconi, presidente Anp del Lazio – lo scaglionamento è di nuovo affidato alle scuole e la gran parte lo hanno già attuato. I presidi sono soddisfatti per il fatto che il governo non abbia aderito all’idea di far andare costantemente i ragazzi delle scuole superiori in Dad, questo significherebbe interrompere il dialogo tra insegnanti e studenti e tra studenti tra loro, che deve essere in presenza. La Didattica a distanza per tutti sarebbe stata per noi inaccettabile».

Intanto i territori si vanno organizzando: a Bergamo, per esempio, la portata degli autobus destinati agli studenti delle scuole sarà ridotta dall’attuale 80% previsto a livello nazionale al 60% mentre la didattica a distanza sarà portata al 50%. A Firenze verranno effettuati test salivari a tutti i 33mila studenti, dalla scuola materna fino alla media. Infine in Campania la Regione ha autorizzato da subito progetti speciali scolastici per bambini disabili e autistici e da lunedì 26 anche la ripresa delle lezioni nelle scuole elementari.