Organizzazioni sindacali ‘spaccate’ sulla regolamentazione della didattica a distanza

da Tuttoscuola

Alla fine, i sindacati si sono divisi sulla firma del contratto che regola la didattica a distanza (o didattica digitale integrata, DDI). Mentre CISL Scuola e ANIEF hanno sottoscritto il contratto che regola questa modalità di prestazione della funzione docente, introdotta a causa della pandemia, dall’altra parte,  il resto dello schieramento sindacale non ha aderito: qualcuno (FLC CGIL) rifugiandosi nel “benaltrismo” (occorre prevedere nuove risorse per garantire a tutti gli studenti l’effettiva connessione, si legge in comunicato congiunto tra la categoria e la confederazione CGIL, e per questo il confronto deve essere spostato in sede politica), qualcun altro (UIL SCUOLA) buttandola in politica (Governo al capolinea, ha tuonato Pino Turi, in una dichiarazione a una testata online, che di fatto colloca il suo sindacato nello schieramento degli oppositori all’ equilibrio politico attualmente vigente nel Paese, non essendosi limitato a una critica al solo ministro dell’istruzione), altri ancora (GILDA e SNALS) appellandosi ai tempi ristretti e all’impossibilità di una discussione più approfondita.

I due sindacati firmatari, dal canto loro, lo fanno ricordando che quello di regolare la didattica a distanza (o didattica digitale integrata) era un obiettivo che tutte le organizzazioni sindacali si erano poste sin dal suo primo manifestarsi, al fine di ricondurre la materia entro i confini dello spazio contrattuale e di evitare qualche eccesso e qualche sconfinamento che era stato denunciato lo scorso anno, in occasione della fase “pionieristica” instauratasi a causa del lockdown.

Ma il punto vero è la spaccatura del fronte sindacale, che, sia pure con qualche mal di pancia e qualche contorsione, aveva sostanzialmente sin qui retto, mantenendo un’unità di fatto fino dai tempi dell’opposizione alla Buona Scuola di renziana memoria. Unità che, dal punto di vista sindacale, aveva certo dato i suoi frutti. A essa si deve il sostanziale svuotamento di contenuti della legge 107 del 2015 (la da loro considerata “famigerata” Buona Scuola, appunto), nonché il rilevante contributo del mondo della scuola all’indebolimento del governo che aveva tanto fortemente voluto quella legge, ottenendo così la riaffermazione del ruolo sociale dei cosiddetti “corpi intermedi”, da Renzi ostentatamente ignorati e snobbati in più di qualche occasione.

Da allora, i sindacati scuola si erano presentati in modo unitario a tutti i più importanti appuntamenti politici riguardanti la loro sfera di competenza, anche nei confronti dell’attuale titolare del dicastero di viale Trastevere. Diverse le conferenze stampa online che le cinque sigle rappresentative del comparto Scuola avevano unitariamente tenuto negli ultimi mesi, segnando il proprio dissenso rispetto alle scelte del ministero, in particolare sulla questione del precariato e delle modalità di reclutamento del personale scolastico. Questa compattezza è ora indiscutibilmente incrinata, e, con una certa abilità di manovra, nel solco che si è aperto tra i sindacati si insinua la burocrazia ministeriale, come si può verificare leggendo la nota n. 1934, del 26 ottobre scorso, il cui firmatario, il Capo Dipartimento Marco Bruschi, nel dare istruzioni circa l’applicazione dell’ipotesi di contratto sottoscritta da CISL SCUOLA e ANIEF, non tralascia di ringraziare le due sigle sindacali per “l’altissima comprensione del momento dimostrata”. Com’è del tutto evidente, il non detto è più eloquente di quanto è detto.

Nonostante le precipitose affermazioni in senso contrario di qualche sito del settore scolastico (e persino di qualche autorevole esponente politico), non sembrano sussistere elementi di dubbio circa la validità del contratto, anche se sottoscritto da due sole organizzazioni sindacali. Secondo l’art. 43, comma 3, del decreto legislativo 165/2001 (il Testo Unico del Pubblico Impiego) occorre che le ipotesi di contratto vengano sottoscritte da tante sigle che rappresentino almeno il 51% del comparto o dell’area contrattuale, come media tra il dato associativo e il risultato ottenuto alle elezioni delle RSU, ma il riferimento è alla contrattazione collettiva nazionale (i CCNL), ossia i contratti sottoscritti dall’ARAN, non alla contrattazione integrativa, come nel caso di specie. Quindi, il contratto sulla didattica a distanza dovrebbe essere considerato vigente e applicabile, anche se il dato politico, al di là delle considerazioni giuridiche, è certamente quello al momento prevalente.