Lontananza nella vicinanza

Lontananza nella vicinanza

di Mario Maviglia

Gli amici lettori scuseranno il tono diretto, talora politicamente scorretto, usato in questo contributo. Le questioni poste meritano però di essere trattate senza falsi infingimenti. Molto si è scritto in questo periodo sulla DAD (Didattica a distanza), poi “ammansita” nella più pomposa espressione di DDI (Didattica digitale integrata), dove sembrerebbe che l’aggettivo “integrata” sia da correlare alla didattica tout court. Però già qui c’è una contraddizione di termini: la didattica digitale si integra con quella ordinaria quando c’è uno stretto intreccio tra l’una e l’altra, in sostanza didattica in presenza e didattica digitale (non in presenza) fanno parte di un unico “pacchetto formativo” che si realizza attraverso le due diverse forme di didattica. In realtà in questo periodo si assiste più spesso ad una didattica a distanza che di fatto “sostituisce” completamente quella in presenza, in quest’ultimo caso di “integrato” c’è relativamente poco. Ma tutto sommato queste sono questioni nominalistiche.

È fuor di dubbio che la DAD in questo periodo sta svolgendo una funzione di supplenza nei confronti di quella in presenza, non sempre disponibile a causa delle note ragioni. Insomma, anche i più accaniti sostenitori della DAD non sottovalutano l’importanza della relazione diretta e in presenza con gli studenti; e d’altro canto pochi docenti preferirebbero una didattica completamente a distanza. Vi si ricorre in quanto c’è un’emergenza e anche perché non si conoscono, allo stato attuale, altre modalità per tenere vivo il rapporto con gli allievi e per portare avanti il processo di insegnamento-apprendimento garantendo in tal modo, sebbene in forma inusuale e non ordinaria, il diritto all’istruzione e all’apprendimento. Dunque, grande rispetto per la DAD per la funzione insostituibile che sta svolgendo.

Giustamente molti docenti e osservatori hanno fatto notare che la DAD determina un rapporto “freddo” con gli allievi, una vera e propria “distanza”, relazionale ed emotiva. Su questo aspetto conviene fare qualche riflessione. La domanda da porsi è se sia la DAD in sé a causare questa “distanza”, per una sorta di sua caratteristica ontologica, oppure se tutto ciò non sia da addebitare al modo in cui essa viene gestita nel rapporto educativo in senso lato. In altre parole, il problema della “vicinanza” educativa riguarda anche la didattica in presenza ed anzi la DAD ha in qualche modo fatto emergere in modo drammatico un fenomeno che era ampiamente presente nella didattica di molti docenti. Ancor più esplicitamente, la domanda è la seguente: siamo proprio sicuri che nelle normali situazioni di didattica in presenza ci sia quella “vicinanza” che oggi viene tanto invocata e di cui si lamenta la mancanza nella DAD? Certe modalità fortemente trasmissive di molti docenti lasciano trasparire una visione ancora legata ad un cliché produttivistico del processo di apprendimento dove lo studente esercita essenzialmente un ruolo di mero recettore o esecutore delle attività del docente. La triade lezione/interrogazione/voto è ancora fortemente presente nella didattica di molte scuole, che sono state tutto sommato “risparmiate” da tutto il dibattito che si è sviluppato in questi ultimi due decenni sulla didattica per competenze o sulla didattica laboratoriale. La triade lezione/interrogazione/voto è lì a ricordarci che questi approcci innovativi hanno scalfito relativamente poco l’ordinaria didattica delle scuole (pensiamo alla scuola superiore, ma non solo).  Ogni tanto la rete ci restituisce episodi emblematici di questa mentalità magistrale ancora così radicata, come quel docente di un liceo classico che fa bendare gli studenti durante le interrogazioni on line per evitare che guardino gli appunti. Sono casi estremi, certo, ma sono figli di una certa idea di scuola dove l’alunno è ancora un soggetto da riempire, verificare, valutare. Molti docenti hanno di fatto trasferito in modo automatico le modalità trasmissive tipiche della didattica in presenza nella DAD con risultati che si possono facilmente immaginare in quanto la mancanza di una interazione diretta tra docente e allievi enfatizza ancor più il carattere unidirezionale della didattica trasmissiva. Ma ancora, una volta, le ragioni di questa disfunzione vanno trovate nella didattica ordinaria, la DAD funziona solo come cassa di risonanza e di amplificazione.

Insomma, c’è da chiedersi quanta vicinanza cognitiva ed emotiva c’è nella quotidiana relazione educativa e quale lavoro può svolgere la scuola per far sì che ogni allievo assuma consapevolezza delle proprie emozioni e della propria cognitività, se ne prenda cura e possa condividere con gli altri ciò che si prova. Ovviamente c’è anche un problema di formazione del corpo docente sull’uso delle tecnologie, ma  ancor più importante è il problema di ridefinire il processo di insegnamento all’interno di una relazione educativa, perché l’apprendimento avviene sempre all’interno di una relazione ed è compito degli insegnanti fare in modo che questa relazione sia il più possibile autentica e significativa e crei le condizioni perché vengano esaltate e valorizzate le energie cognitive ed affettive degli alunni. La DAD ha tante responsabilità (spesso suo malgrado), ma in quanto medium la sua bontà dipende dalla perizia e competenza di chi la usa. Una didattica ordinariamente trasmissiva lo sarà ancor di più in una situazione di DAD, perché in questo contesto saltano anche le altre poche mediazioni relazionali e rimane il mero dato trasmissivo.

Allora, quando finirà questo drammatico e difficile periodo, occorrerà riflettere profondamente sul modo di fare scuola e sul ruolo che viene assegnato agli allievi nel processo di insegnamento-apprendimento, su quanta responsabilità viene loro assegnata nella costruzione del loro processo di conoscenza, su come viene curata e sviluppata la loro consapevolezza, su come vengono sollecitati i processi di metacognizione, su come viene accesa e sostenuta la loro passione verso la conoscenza, su quanta collaborazione e cooperazione viene sperimentata dagli allievi nel corso della loro esperienza scolastica. Il problema quindi non è la debolezza della DAD a garantire la vicinanza del rapporto educativo, ma la significatività e pregnanza del rapporto educativo stesso nel momento in cui si esplica nella didattica ordinaria. Fuori da questo orizzonte c’è solo tecnicismo, con o senza DAD.