I laboratori scolastici in tempo di Covid

I laboratori scolastici in tempo di Covid

di Rita Manzara 

Dal 5 novembre 2020 (e fino a data da destinarsi) per gli studenti delle scuole secondarie di II grado sono davvero poche le occasioni di incontrare “dal vivo” i propri docenti e compagni: una di queste è l’attività laboratoriale.

Quest’ultima già in precedenza era stata oggetto di attenzione ministeriale con l’invito rivolto ai docenti e ai Dirigenti scolastici a riservare uno spazio, nella programmazione curricolare, alle attività didattiche comportanti l’uso di  laboratori.

Nel Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative veniva addirittura sollecitata la collocazione di tali attività “nella prima parte dell’anno scolastico, anche in forma di aggregazione per ambiti disciplinari”.

Tale orientamento nasceva dalla considerazione delle particolari condizioni di apprendimento degli studenti nel corso del precedente anno scolastico ed alla necessità di consolidare le competenze sul piano operativo (“saper fare”), essendo per lo più mancate le situazioni “in concreto” in cui applicare (anche in un contesto interdisciplinare) le conoscenze teoriche acquisite.

La recente nota del MIUR n.1990 del 5 novembre 2020 (emanata a seguito del DPCM del 3 novembre 2020) precisa che per “laboratorio” si intende quello compreso nei percorsi previsti dai piani degli studi e dai quadri orari e ricondotto alle materie di indirizzo, “elemento dirimente sulla base del quale moltissimi studenti hanno scelto di frequentare gli specifici percorsi”

Sembra superfluo sottolineare che la definizione di “laboratorio” applicabile alla realtà che vive in questi giorni la scuola secondaria di II grado è senz’altro più circostanziata rispetto a quella a suo tempo fornita dalle “Indicazioni nazionali” per la scuola primaria e secondaria I grado. C’è, comunque, una base comune nella descrizione di tale esperienza didattica nel momento in cui si parla di “luogo privilegiato in cui si realizza una situazione d’apprendimento che coniuga conoscenze e abilità su compiti significativi per gli alunni, possibilmente in una dimensione operativa ed applicativa che li metta in condizione di dovere e poter utilizzare il proprio sapere in modo competente”.

E’ del tutto evidente che la mancata frequenza “in loco” di attività come quelle previste nei percorsi professionali, oppure legate alla formazione artistica (design, grafica, ecc), pregiudica, di fatto, l’acquisizione di competenze basilari da certificare alla fine di un percorso intrapreso per acquisire una qualifica.

Tuttavia, la didattica in presenza sembra inevitabile solo nel caso che il laboratorio,  oltre ad essere caratterizzante, non possa essere diversamente realizzato facendo ricorso, ad esempio, alle diverse strumentazioni e potenzialità offerte dall’informatica.

Ai Dirigenti scolastici rimane comunque l’onere di organizzare responsabilmente le predette attività, avendo cura in primo luogo di garantire le indispensabili condizioni igieniche negli ambienti da utilizzare  (all’interno o all’esterno degli edifici scolastici come, ad esempio, nel caso di istituti agrari).

Va comunque rilevato che, nell’attuale contingenza, agli apprendimenti tecnico pratici va collegato un importante aspetto trasversale a tutti i laboratori, che si collega all’educazione civica e si concretizza in azioni di pratica comune da parte degli allievi (come il riassetto della postazione di lavoro) nell’ottica della condivisione delle misure di tutela del benessere comune.