Le scuole migliori bocciano meno

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

La scelta della scuola superiore in tempi di pandemia da Covid-19 rischia di basarsi solo sul passaparola. «Molte famiglie che hanno figli all’ultimo anno delle medie sono spaesate e possono avere maggiori difficoltà, durante l’emergenza sanitaria, a farsi un quadro chiaro in vista della scelta dell’indirizzo di studio per il prossimo anno scolastico», osserva Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli in merito alla nuova edizione di Eduscopio.it sugli istituti scolastici che meglio preparano agli studi universitari o al lavoro dopo il diploma. Uno strumento, spiega, che «per il contributo di informazioni, dati e confronti fra le scuole che offre gratuitamente può essere un aiuto per una decisione ponderata», anche se «non può essere l’unico». Due i criteri utilizzati: il successo negli studi universitari per licei e istituti tecnici e la condizione occupazionale per tecnici e professionali. Eduscopio consente, così, a genitori e studenti di comparare le scuole dell’indirizzo di studio che interessa nell’area dove risiedono, sulla base appunto di come queste preparano per l’università o per il mondo del lavoro dopo il diploma. Non una classifica delle scuole migliori, ma un confronto tra istituti in un’area in una raggio di 10, 20 o 30 km dal proprio comune. Tra gli indicatori utilizzati, la percentuale di studenti che arrivano alla maturità senza bocciature. «Le nostre analisi», spiega la Fondazione Agnelli, «rivelano che non vi è alcuna relazione sistematica tra selettività della scuola e risultati dei diplomati all’università. Anzi, si conferma una correlazione positiva, secondo la quale in media sono proprio gli studenti delle scuole che meno selezionano durante il percorso a ottenere poi i risultati migliori all’università». Insomma, universitari più bravi se arrivano da scuole superiori che bocciano meno. Un dato già emerso nelle precedenti edizioni di Eduscopio e che si va consolidando. Per il lavoro, invece, due sono gli indicatori fondamentali: la percentuale dei diplomati occupati che hanno lavorato per più di 6 mesi in 2 anni dal diploma, misurata su quanti non si sono immatricolati all’università, e la coerenza tra studi fatti e lavoro svolto. Eduscopio rivela che l’indice di occupazione per i diplomati negli istituti tecnici e professionali «ha continuato a crescere, confermando il trend dello scorso anno» Sale, infatti, dal 48% al 49,5%. Tecnici e professionali, quindi, come garanzia di lavoro sostanzialmente in tutto il Paese, perché la crescita riguarda tutti gli indirizzi di studio nelle regioni del Nord e del Centro. E mostra segnali incoraggianti anche al Sud, come suggeriscono i dati di Napoli, Bari e Palermo e di altre province. «Pur con differenze territoriali e con alcuni problemi di «coerenza» tra percorso di studi e impiego lavorativo», commenta Mario Mezzanzanica, direttore scientifico del Crisp (centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità) della Bicocca, Milano.