Scuola sotto stress: vita da presidi ai tempi del Covid

da la Repubblica

Ilaria Venturi

ritardi nell’assegnazione del personale, i supplenti e i docenti di sostegno introvabili, la paura del contagio tra i prof, la continua richiesta di rendicontazioni, le pressioni e le lamentele o ingerenze dei genitori, i banchi che non sono arrivati a tutti, i lavori per ampliare le aule che non sono stati fatti. E poi, quando il virus ha cominciato ad aumentare nelle scuole, la confusione e il disorientamento nella gestione dei casi, la comunicazione andata in tilt con la sanità pubblica. Vita (sotto stress) da preside al tempo del Covid.

L’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis) a fine ottobre ha promosso un questionario tra 400 suoi iscritti, da Nord a Sud, per fare il punto sulle questioni aperte a quasi due mesi dalla ripartenza delle scuole. E il quadro è sconfortante. Eppure i presidi, almeno nella stragrande maggioranza, nonostante si raccontino sull’orlo di una crisi di nervi, non hanno dubbi: meglio fare scuola in presenza; solo il 17% si è detto propenso a chiudere tutte le scuole e ad attivare la didattica a distanza, ora avviata alle superiori e anche agli ultimi due anni delle medie nelle Regioni rosse.

“Volevamo fare il punto sullo stato dell’arte perché la ministra Lucia Azzolina l’ha fatto convocando solo 30 dirigenti e con una analisi che a noi è sembrata superficiale, così abbiamo chiesto direttamente ai nostri iscritti. E il risultato è che le criticità da sempre denunciate, ancor prima dell’avvio delle lezioni, risultano confermate – spiega il presidente di Andis Paolino Marotta – poco più della maggioranza degli intervistati chiede comunque di non gettare la spugna: è scontato che stiamo dalla parte del diritto all’istruzione. Ma è importante anche il ragionamento di chi mette al primo posto la salute”.

Il questionario prende in esame ogni aspetto, dai banchi alla connessione per la Dad, dai docenti alla gestione sanitaria.
I banchi, dunque. A fine ottobre, il 44% dei presidi intervistati dichiarano di non averli ricevuti; mentre per il 30% la consegna era avvenuta in ritardo. E’ andata meglio con le mascherine e il gel consegnati per tempo nel 75% dei casi. Sulla manutenzione degli edifici e sui lavori di adeguamento per garantire il distanziamento i presidi rilevano criticità pesanti: il 25% degli istituti non ha ricevuto alcun intervento edilizio, nel 30% dei casi i lavori sono partiti in ritardo. “Emerge in tutta la sua portata – il commento – il problema del difficile rapporto con gli enti locali”.

Osserva Paolino Marotta: “Più che i banchi servivano i locali per garantire il distanziamento e su questo abbiamo toccato con mano le lentezze enti locali. Nonostante tutto sono stati svuotati uffici e biblioteche, i dirigenti si sono inventati soluzioni per reggere la sfida. Ma dove sono finiti gli spazi nelle parrocchie e nei musei, i locali messi a disposizione dal terzo settore? Non li abbiamo visti”.
Tempi duri anche per la didattica a distanza: circa la metà delle scuole, tra quelle dei presidi intervistati, non dispone di una connessione di buona qualità. Poi c’è il capitolo gestione sanitaria dei casi Covid. Si evince, dalle risposte, “un grave problema di inadempienza (40%) o di ritardi (35%) nella comunicazione dei provvedimenti di quarantena da parte delle aziende sanitarie (Asl, Ast, Usca) con la conseguente riduzione dell’efficacia dei provvedimenti stessi”.