A. Dikele Distefano, Non ho mai avuto la mia età

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Dikele Distefano, difficile è la vita

di Antonio Stanca

   Del 2019 è la prima edizione, nella serie “Oscar Bestsellers” della Mondadori, di Non ho mai avuto la mia età, romanzo dello scrittore Antonio Dikele Distefano. Lo aveva scritto nel 2018 quando aveva ventisei anni e viveva a Ravenna. Era nato a Busto Arsizio nel 1992 da genitori entrambi di origine angolana e i suoi primi interessi erano stati di genere musicale. Intorno al 2015 si era orientato verso la narrativa e in questo senso avrebbe continuato ad impegnarsi. Ricorrenti sarebbero stati nelle sue narrazioni i temi legati alla difficile condizione che gli stranieri, gli immigrati, si trovano a vivere nei paesi dove si sono trasferiti, lo stato di esclusione, sfiducia, diffidenza al quale sono condannati da parte della gente del posto. Anche la sua famiglia, anche lui aveva sofferto e soffriva questi problemi, non li aveva mai visti risolti e lo avevano mosso a scrivere di essi.

   Nel recente romanzo il protagonista è un ragazzo, Zero o Zeta, che, come i genitori dello scrittore, proviene dall’Angola, ha una sorella, Stefania, di poco più grande, e insieme hanno seguito il padre quando i genitori si sono separati. Erano ancora bambini, staranno in molti posti, scopriranno molte cose e, più grave di tutte, quella che farà loro capire che del padre non potevano fidarsi, che era propenso ai vizi e non ai doveri. Già dopo i primi anni di scuola, quando erano appena adolescenti, avevano cominciato a svolgere qualche lavoro per potersi sostenere e affrontare le spese che la piccola casa dove abitavano, alla periferia di un grosso centro urbano, richiedeva.

   L’opera del Distefano percorrerà la vita di Zero da sette a diciassette anni, la mostrerà in ogni suo aspetto, momento, risvolto, in ogni sua azione, relazione, in ogni circostanza. Stefania sarà la sua confidente ma non sempre lui l’ascolterà. Alcuni compagni di scuola, Claud, Inno, Sharif, diventeranno i suoi migliori amici, sempre e ovunque starà con loro. Avrà anche delle ragazze, Pau, Anna, ma gli sarà difficile stabilire un rapporto definitivo, lo lasceranno tutte. Instabile, irrequieto, timoroso si mostrerà, come quando era bambino continuerà a comportarsi, mai sicuro diventerà dei propri pensieri, delle proprie azioni. Si sentirà sempre in difetto, in colpa, non saprà mai stare bene con gli altri, diverso, inferiore si convincerà di essere. La sua condizione di figlio di immigrati, di negro in un paese di bianchi, gli aveva procurato problemi che erano diventati insormontabili. Erano continuati, infatti, anche nei rapporti con i tre compagni di scuola e amici che pure erano negri. Li vedeva più sicuri, più decisi, più capaci. Anche con loro aveva difficoltà, anche se partecipava agli stessi giochi, alla stessa vita di strada, a tutto quanto questa comportava, le grida, le fughe, gli scherzi, i piccoli furti, la piccola violenza, la prima droga. Neanche il tanto tempo trascorso insieme, le tante avventure vissute, erano servite a liberarlo di quanto si era formato nella sua mente e gli procurava remore, vincoli, dubbi, paure. La sua casa, la sua stanza rimarrà il luogo preferito, la solitudine la condizione cercata. Molto lo farà soffrire il suo essere, sentirsi diverso, molto lo limiterà. A differenza dei compagni non migliorerà la sua situazione, non si proporrà alcun traguardo, rimarrà come sempre e vittima finirà di circostanze fortuite, morirà per non aver saputo decidersi, per essersi lasciato coinvolgere, per essere stato debole. La polizia si accanirà contro di lui, lo crederà responsabile di quanto di grave stava succedendo in una strada della città durante una notte mentre lui ci passava vicino, non esiterà ad infierire perché negro e, quindi, sospetto, pericoloso.

   Con la morte di Zero a causa delle percosse della polizia si conclude il romanzo del Distefano lasciando che quel ragazzo da escluso diventi vittima di un sistema, di un ambiente, di una società della quale non ha colpa, che il suo cammino sia tanto difficile da non fargli mai vivere quello che la sua età richiedeva, da imporgli sempre di fare altro, di essere altro da come avrebbe dovuto o voluto.

  Un lungo processo viene rappresentato dallo scrittore, oltre a Zero è compiuto, anche se diversamente, dai suoi amici, anche loro negri, anche loro con molto altro da fare rispetto a quanto la loro età voleva. Leggere è come assistere ad una vita che non si conosceva, che era rimasta nascosta e che, tuttavia, avveniva insieme alla nostra, vicino alla nostra. Distefano scopre questo mondo e lo fa vedere in ogni suo particolare.    Un valore di documento, di testimonianza ma anche di denuncia acquista il romanzo: c’è da apprezzarlo ma c’è pure da riflettere!