Da marzo a oggi due docenti su tre si sono formati sul digitale

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Zone rosse che scattano. Istituti scolastici che chiudono. Alunni che seguono le lezioni da casa. Visto con gli occhi della scuola, il film che il governo sta proiettando da metà ottobre sembra un remake di quello già offerto in primavera. In attesa di scoprire se anche il finale sarà lo stesso – con tutti gli studenti italiani costretti davanti uno schermo – un primo elemento di discontinuità nella sceneggiatura già si percepisce. E riguarda la preparazione digitale dei docenti. Che, complice lo stato di necessità indotto dalla pandemia, è aumentata rispetto al recente passato. Basti pensare che con i 5 milioni del decreto Cura Italia di marzo sono oltre 572mila i prof che hanno seguito almeno un corso sulla didattica a distanza (Dad). Più dei 2/3 del totale. E segnali analoghi arrivano sia dall’uso della piattaforma nazionale Sofia, sia dalle scelte di acquisto con la card da 500 euro.

A pensarla così è anche la ministra Lucia Azzolina. Nel sottolineare che «investire sulla formazione di tutto il personale, senza eccezioni, è indispensabile per rispondere in modo adeguato, attento e coerente alle esigenze che i tempi dell’innovazione digitale impongono», al Sole 24Ore di Lunedì 16 novembre la titolare dell’Istruzione ha sottolineato: «In questi mesi abbiamo affrontato l’emergenza sanitaria cercando di trarne anche delle opportunità». Per lei, «l’accelerazione degli investimenti su innovazione e formazione sul digitale ne sono una dimostrazione». In totale per connettività e device da marzo sono stati stanziati 414,9 milioni.

La pandemia come spartiacque

Per la formazione digitale dei insegnanti il Covid-19 è stato uno spartiacque. Complice un quadro normativo confuso, che rendeva la formazione in servizio obbligatoria per legge ma facoltativa per contratto, la situazione pre-emergenza non era delle migliori per passare dall’oggi al domani, come accaduto con il lockdown, dalle lezioni in aula al web. Dei 393mila prof iscritti alla piattaforma nazionale Sofia appena 145mila avevano seguito almeno un corso nell’anno scolastico 2018/19 e, di questi, solo il 32% aveva scelto l’innovazione. Poi è arrivato il coronavirus con gli effetti intercettati dai dati del 2019/20. Sebbene i docenti formatisi con Sofia siano scesi a 143mila – un calo così lieve che dal ministero lo considerano un successo visti i 6 mesi di scuole chiuse alle spalle – risulta comunque aumentata (al 39%) la quota di chi si è aggiornato sulla didattica digitale: unico settore in crescita insieme a cittadinanza e sostenibilità.

Le altre iniziative formative

Un’altra conferma dell’effetto pandemia arriva dai numeri sull’utilizzo dei 5 milioni per l’aggiormamento dei prof previsti dal Cura Italia di marzo. E dai 572.888 docenti che si sono formati sulla Dad (su 836mila in organico, pari al 68%) da allora a oggi. Più nel dettaglio, il 92,5% ha seguito un corso nella scuola organizzato dagli animatori digitali e dal team dell’innovazione, il 21,1% ha beneficiato delle attività delle équipe formative territoriali e il 12,3% si è rivolto all’Indire e alle avanguardie educative (1.175 istituti in tutta italia).

Il terzo indizio lo fornisce il programma “Formare al futuro”, che è stato lanciato nell’ambito del Piano nazionale scuola digitale e che può contare sulle risorse del Pon Istruzione. Nel primo semestre 2020 i Future labs nati al suo interno hanno formato 39.066 docenti in servizio sull’e-learning, sul cloud, sui contenuti digitali. Un’attività che è andata avanti anche a luglio e agosto come dimostrano gli 8.811 insegnanti distribuiti in 97 iniziative formative (dalle lezioni in 3D alla realtà al gaming). E che, in tutto l’anno scolastico 2020/21, dovrebbe riguardare 120mila prof. In attesa nella piattaforma online di “Formare il futuro”, data per imminente, che ospiterà tutte le lezioni registrate.

In ulteriore supporto giungono, infine, le statistiche sull’uso della card formazione da 500 euro che è finanziata annualmente con 380 milioni e che spetta ai soli prof di ruolo. Dei 350 milioni spesi dai docenti nel 2019/2020 il 68% (239,6 milioni) è andato all’hardware e un altro 1,6% al software. Per un totale di quasi il 70% contro il 66% dell’anno prima. Una dotazione digitale che è già tornata utile durante il lockdown e che, alla luce della formazione sul campo, si spera possa esserlo anche ora.