Regia ai Prefetti e Autonomia scolastica

La regia del rientro alle attività in presenza nelle scuole ai Prefetti: un colpo mortale all’Autonomia scolastica

di Domenico Ciccone

Le ultime vicende della scuola italiana hanno mostrato i limiti del sistema di fronte alla crisi sociale dovuta alla pandemia da Sars- Cov 2. Era inevitabile, visto che la scuola italiana è stata, per quasi centocinquanta anni, governata dal modello organizzativo napoleonico-sabaudo, organizzato secondo il rigido modello della divisione amministrativa del territorio in province, con relativo affidamento delle stesse ad un funzionario posto alle dirette dipendenze del Governo.

Nulla di insolito: modelli obsoleti dai quali si riesce a malapena a staccarsi e che finiscono per creare lunghe, interminabili discussioni, scambi di pareri, dibattiti e rimpalli inconcludenti, in nome del nuovo assetto costituzionale del Titolo V laddove, cambiando l’ordine degli organi dello Stato, in nome del principio di sussidiarietà, si volle dare , venti anni orsono, un segnale chiaro e definitivo sul nuovo assetto territoriale della Repubblica e della sua macchina amministrativa.

Il risultato è stato il caos più totale in tutti i settori affidati alle cure degli enti locali, in particolare le Regioni che, istituite cinquanta anni fa tra lo scetticismo generale, hanno sempre più mostrato i muscoli ma, in concreto, evidenziato le loro fragilità istituzionali, fungendo ai principi costituzionali in maniera esattamente contraria all’idea che ne ispirava e legittimava la presenza nella macchina degli enti territoriali .

Cinquanta anni di regionalismo, intensificato, nell’ultimo ventennio dalla riforma di cui alla legge 3/2001, hanno prodotto maggiore iniquità tra i cittadini della penisola, accentuato le ingiustizie sociali, demarcato, in maniera netta tra le Regioni, le differenze di reddito, di istruzione, di salute, di inclusione , di cittadinanza e di condizioni personali e sociali, marciando in direzione concretamente contraria al dettato dell’art. 3 della Costituzione.

La scuola, tra le tante formazioni sociali a sentire il peso di queste differenze, ha ritrovato, in questo tempo di pandemia un suo antico assillo, al quale nemmeno venti anni di autonomia hanno posto il benché minimo freno: la dipendenza dal Ministero, dalle sue note, dalle sue circolari, dal suo apparato ottocentesco, per quanto cambiato nelle denominazioni e nelle competenze “snellite”, per così dire, dall’autonomia.

In più occasioni, durante gli ultimi mesi, mi sono permesso di sottolineare che, di fronte al default di moltissimi sistemi territoriali ( sanità in primis ma anche apparato amministrativo dello Stato), la scuola stava dando, e avrebbe potuto continuare a dare, lezioni di buona amministrazione e di resilienza, essendo stata capace di rigenerarsi e di rinnovarsi con impegno e dedizione, partendo quasi da zero e riuscendo comunque a garantire i servizi minimi anche attraverso una didattica dalle infinite insidie come quella a distanza o digitale integrata.

In diversi contesti, compreso quello associativo, di cui mi onoro di far parte, ho sempre manifestato l’idea che ogni dirigente scolastico avrebbe saputo fare anche il resto, cioè garantire una dignitosa scuola in presenza, se solo avesse avuto la “ cassetta degli attrezzi” per correre ai ripari:

  • Un aumento temporaneo, ma consistente, degli organici , modello Germania o Austria con incremento dal 30 al 50 % della dotazione, a seconda del tipo di scuola, in maniera da poter organizzare gruppi distanziati nello spazio e nel tempo, due categorie che già Aristotele poneva alla base di ogni ragionamento valido.
  • La possibilità di agire direttamente sulle criticità, come, ad esempio, i trasporti, utilizzando gli strumenti della normativa semplificata dei contratti pubblici, con affidamenti diretti fino a 75.000 euro, ed in maniera da alleggerire i trasporti pubblici e/o coprire fasce orarie, funzionali alla scuola riorganizzata, senza caricare di difficoltà le famiglie e le comunità locali.
  • Il conferimento di maggiori poteri temporanei ai dirigenti scolastici, nell’unica sensata direzione, quella di non dover dimostrare solo “di aver fatto le delibere” negli organi competenti ma di aver agito per garantire il servizio scolastico in piena legalità ma con la indispensabile elasticità, visto che sarebbe stato difficile mettere d’accordo le comunità educanti su decisioni impopolari o inusuali. Quando chiamati, all’inizio dell’emergenza, direttamente a garantire la didattica a distanza dalla sera alla mattina, mi sovviene che i dirigenti scolastici non si persero d’animo e non abusarono, in nessun modo, delle loro prerogative.

Nei contesti, nei quali sono state avanzate queste proposte, era prevedibile lo scetticismo; ha destato meraviglia trovare una decisa contrapposizione, talmente decisa da sollecitare il ritiro in buon ordine di proposte probabilmente troppo temerarie per una scuola che aspetta volentieri ordini dall’alto.

E arriveranno molto presto gli ordini dall’alto. Il governo, nel segno della più fulgida restaurazione, affiderà ai Prefetti il coordinamento delle operazioni per il rientro a scuola degli studenti nelle rispettive province.

Saranno istituite cabine di regia sotto il coordinamento degli ecc. mi funzionari governativi che, forti dei loro uffici di diretta collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri, garantiranno la corretta gestione, nei territori, delle attività per la ripresa della scuola, quella vera, fatta di orari, programmi e organizzazione decisa da chi sa fare bene e meglio.

In quale misura resterà visibile ed quanto rimarrà accettabile la dignità istituzionale che l’autonomia e la dirigenza avevano inteso conferire alla scuola, per consentirle di adempiere al meglio alla funzione di organo costituzionale dello Stato?

Immagino che, da qualche parte, stia anche iniziando la corsa per far parte della cabina di regia prefettizia. Si sa che la partecipazione è sempre un buon titolo da aggiungere al curriculum, anche restando in deferente silenzio.