Docenti italiani all’estero, l’ultimo concorso rischia di rivelarsi inutile

da Il Sole 24 Ore

di Francesca (Rivoli)

Del sistema scolastico italiano fanno parte anche diverse istituzioni all’estero: le scuole italiane, i corsi, le sezioni italiane delle scuole europee, i lettorati all’università. Chi vi insegna con comando dall’Italia, ha l’onore e l’onere di contribuire alla diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero.
Per questo motivo hanno luogo a intervalli regolari concorsi dedicati a individuare quali docenti inviare; il penultimo, tenuto nel 2012, era – di fatto – un concorso per soli titoli (meglio stendere un pietoso velo sulla prova linguistica a crocette). Quello nazionale svolto nel 2019 in base alla nuova normativa, molto più articolato, prevedeva anche una prova orale in presenza a Roma, in cui venivano valutate l’idoneità relazionale al servizio all’estero e le competenze linguistico-comunicative, oltre alla conoscenza del sistema scolastico italiano all’estero, dei sistemi di istruzione locali, degli strumenti di promozione culturale così come della normativa di riferimento.
Oggi chi ha superato il concorso del 2019 si trova in nuove graduatorie di durata sessennale da cui si attinge per nominare; per i colleghi ancora all’estero grazie al vecchio concorso, valgono invece norme transitorie.
Nella finanziaria che sta per venire approvata potrebbero però passare emendamenti che stravolgerebbero di fatto le modalità di nomina, permettendo a chi è già all’estero in base alle graduatorie ormai scadute, di prolungare in automatico la durata del suo soggiorno (senza l’obbligo dei 6 anni metropolitani di “pausa”, previsti dalla vigente normativa); si permetterebbe inoltre anche a chi può garantire solo 3 anni di servizio, di ricevere lo stesso un comando, non solo raddoppiando le spese dello Stato legate alle indennità di trasloco, ma creando docenti “usa e getta” che, non appena si orientano bene nella nuova realtà e riescono ad diventarvi incisivi, sono tenuti a tornare in Italia.
Per chi ha svolto il concorso nel 2019 si tratterebbe ad ogni modo di una colossale presa in giro: grazie a possibili modifiche in corso d’opera con regole ad personam la stragrande maggioranza dei futuri comandi andrebbe al personale del 2012, che di fatto scavalcherebbe i colleghi selezionati l’anno scorso (sic). Questi pensavano – ingenuamente – che si sarebbe continuato ad attingere dalle nuove graduatorie, valide fino al loro esaurimento, e che prima o poi quindi sarebbero stati loro partire.
A chi giova tutto questo?