Tempi e tormenti

Tempi e tormenti

di Gabriele Boselli

Una lezione autentica è una costellazione di istanti in cui non contano i minuti (15′ o 60′ fa lo stesso) ma l’intensità con cui insegnanti-Maestri, con il loro personale carisma, portano i ragazzi a generare pensiero. E a generarne in loro stessi di nuovo.

Quelli dell’ Azzolina fans club e gli alleati del Renzi’s club insistono nel voler riaprire le scuole il 7 gennaio, nonostante la vigorosa ripresa degli indici pandemici. Debole la resistenza, a meno che l’RT non superi il 100, dei contrari alla riapertura delle scuole. Pare che un compromesso tra follia e ragionevolezza sia nella riduzione della durata delle lezioni. Ma di quanto?

Si trattasse solo di apprendere (prendere-da), una qualche proporzionalità fra tempo trascorso a scuola e informazioni digerite si potrebbe anche ravvisare; effettivamente per fare bella figura nei test INVALSI basta stare a lezione per un certo tempo mortificando la propria intelligenza a insistere nel cercar di portare a casa le nozioni che servono per  compilare bene i quesiti.

Per i ragazzi dall’intelligenza più vivace 50′ o 45′ sono decisamente troppi, specie se trascorsi con docenti senza carisma che non fanno altro che ripetere, “per quarant’anni di onesta professione” come canta Venditti, la stessa storia e non iter-rogare (chiedersi-tra) ma interrogare ovvero verificare corrispondenze tra quel che han detto e quel che gli studenti hanno capito. Covid o non Covid, una lezione ordinariamente non dovrebbe mai durare più di 20′ al netto del tempo trascorso nel passaggio delle consegne, convenevoli, appelli, divagazioni etc. per un totale di 30′. Durate più lunghe possono essere una noia quando non un tormento sia per i docenti che per gli studenti, tempo sciupato in cui non si migliora la pura capacità di conoscere e l’intenzionalità è rivolta all’agognato suono della campanella.

La questione non riguarda solo la contingenza pandemica. Stare a scuola potrebbe essere tempo non dissipato ma vissuto, non sofferto ma goduto, destinato alla formazione di un pensare critico e creativo sia negli studenti che negli insegnanti. Questi ultimi non si possono lamentare se i ragazzi durante la lezione ascoltano musica con gli airpods se loro stessi si annoiano e si mortificano a “portare avanti il programma” sviluppando concetti non reinterpretati personalmente per timore di generare risposte che i correttori dei test classificherebbero come “sbagliate”.

Come il tempo che si trascorre fuori della scuola, il problema del tempo scolastico riguarda -sia per gli insegnanti che per i ragazzi, sia nelle scuole dell’infanzia che nelle università-  principalmente non la quantità ma la sua qualità, il suo qual-essere.  La durata della lezione, normalmente mezz’ora -direi- va lasciata alla decisione dei collegi dei docenti, quando questo organismo non sia

solo momento informativo delle decisioni del DS ma luogo di elaborazione culturale e didattica.

Per ora la semplice riduzione della esposizione al virus non mi sembra sufficiente; tra qualche mese, quando gli indici di contagio forse saranno notevolmente ridotti si potrà riprendere con tempi più ampi. Nella speranza che non siano tempi di esposizione a elevati Roentgen di noia.