Due docenti su tre contrari a rientrare fino al termine dell’emergenza

da la Repubblica

di Valeria Strambi No al ritorno a scuola finché l’emergenza sanitaria non sarà finita. A non voler riprendere le lezioni in classe e a pensare che sia meglio tenere gli istituti chiusi in un momento in cui l’incubo coronavirus continua a essere presente, è ben il 70,4 per cento degli insegnanti d’Italia. In pratica, due docenti su tre. Lo rivela l’indagine “La scuola in transizione: la prospettiva del corpo docente in tempo di Covid-19” condotta dall’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, su un campione di oltre 800 insegnanti.

Il questionario, sottoposto in forma digitale, ha coinvolto docenti di ogni ordine e grado, da coloro che lavorano negli asili nido fino a chi opera nelle università. L’obiettivo era sondare le reazioni di fronte a un nuovo sistema di lavoro, individuandone i punti forza ma anche le debolezze e gli aspetti da migliorare. Se la didattica a distanza è stata sostanzialmente promossa, l’82,4 per cento degli insegnanti ritiene comunque che occorra uno standard unico da seguire e delle linee guida alle quali tutti possano uniformarsi. In più, per il 91,2 per cento degli intervistati, è fondamentale che venga attivata una formazione specifica per chi insegna. E addirittura il 73,6 per cento si augura di poter continuare a usare gli strumenti tecnologici anche quando verrà ripresa la didattica in presenza.

«La Dad è servita a salvare l’istruzione perché tutti, docenti e studenti, hanno remato nella stessa direzione — afferma il presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda — Tuttavia sono emerse anche tante criticità, dalla carenza degli organici alla scarsa padronanza delle tecnologie da parte del nostro corpo docente che, tra l’altro, nel confronto con gli altri paesi Ocse, è quello che registra la maggior presenza di over 50».

Dall’indagine emerge inoltre come le difficoltà di connessione spesso causate da una rete Internet inadeguata o dal suo sovraccarico abbiano inciso negativamente sulle lezioni online. Il 40,7 per cento degli intervistati ha dichiarato di convivere almeno con una persona che aveva necessità di telelavorare e il 32,5 per cento di abitare insieme a uno studente impegnato nella didattica a distanza. Tutti elementi che hanno reso più difficile concentrarsi e portare a termine in maniera esemplare i corsi. «La carenza tecnologica — si spiega nel report — ha probabilmente contribuito a elevare i fattori di stress dei docenti». Quanto ai carichi di lavoro, questi risultano variati significativamente a seconda del grado di scuola. Se per i docenti dell’infanzia la richiesta di interazione è diminuita data l’età molto bassa degli alunni e per quelli delle superiori e università è rimasta più o meno la stessa grazie all’autonomia degli studenti, quelli che hanno maggiormente risentito del passaggio dalla didattica in presenza alla Dad sono gli insegnanti di elementari e medie. Percezione dovuta alla particolare combinazione di due fattori: da una parte la limitata capacità di autogestirsi degli allievi e dall’altra la necessità di realizzare una didattica efficace.