Covid, aumentano i contagi: ma è giusto tornare a scuola mentre quasi tutte le Regioni diventano “arancioni”?

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da La Tecnica della Scuola

Per gli studenti e gli insegnanti di diverse Regioni il rientro a scuola diventa un rebus: mentre i contagi italiani si confermano su numeri considerevoli – solo nell’ultimo giorno 17.246 nuovi casi, a fronte di 160.585 tamponi, e ben 522 decessi, con il tasso di tasso positivi/test che sale al 10,7% contro l’8,9% del giorno prima – cresce il timore di vederli schizzare sui livelli di Gran Bretagna e Germania. Anche perché nella settimana che sta finendo, tutti gli indicatori sui contagi sono peggiorati. È inevitabile, quindi, che quasi tutte le Regioni passino nelle prossime ore in uno stato emergenza “arancione”.  Alcune, come la Sicilia, hanno anzi espressamente chiesto di passare al “rosso”, ovvero alla massima allerta Covid. In ballo c’è anche la Lombardia, dove nelle ultime ore hanno perso la vita per il virus oltre 70 persone.

La contraddizione

E qui sta la contraddizione. Perché con l’emergenza contagi che incombe e meno di un milione di vaccinati, se il ministro della Salute non dovesse inquadrare queste Regioni come ‘rosse’, allora lunedì prossimo gli studenti delle superiori torneranno a scuola (alternandosi al 50%).

Lo hanno confermato pure il prefetto di Milano Renato Saccone e la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Augusta Celada, che hanno scritto una lettera al presidente del Tar della Lombardia spiegando che questi sono i “tempi minimi insopprimibili” per dare attuazione al decreto con cui il Tribunale ha sospeso l’ordinanza regionale che imponeva fino al 24 gennaio la DaD per tutte le superiori.

A breve, dovrebbero rimanere “gialle” solo Abruzzo, Basilicata, Campania, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta. Per il resto, i dati sui contagi sono tutti in preoccupante crescita.

“La situazione non può essere sottovalutata – ha detto il ministro Roberto Speranza -, lavoriamo insieme tempestivamente ad anticipare le restrizioni per evitare una nuova, forte ondata” di Covid.

Il caso Puglia

Anche nelle zone “arancioni” il quadro è poco rassicurante: in Puglia, ad esempio, il tasso di positività nell’ultimo giorno è stato pari al 16,58% contro il 10,58% del precedente. E nella settimana dal 6 al 12 gennaio, il rapporto tra tamponi effettuati e numero cittadini positivi è salito al 32,8%, contro una media italiana del 29,5%. Come sono in crescita i casi attualmente positivi ogni 100mia abitanti, pari a 1.371, mentre la media nazionale è di 944.

Ma il dato più interessante per studenti, famiglie e personale scolastico è un altro: da quando la Regione Puglia ha disposto la sospensione delle lezioni in presenza, cioè da fine ottobre, c’è stata “una drastica riduzione dei casi di contagio nelle scuole”.

Il dato, che sembrerebbe scontato, si rileva dai grafici derivanti dai tracciatori dell’Eic, Epidemic intelligence Center, la centrale operativa della sorveglianza sanitaria del dipartimento di prevenzione della Asl Bari, attivo nel monitoraggio Covid nelle scuole.

In effetti, la curva dei contagi tra docenti e alunni degli istituiti di ogni ordine e grado, in provincia di Bari, ha subito una impennata tra il 19 ottobre e il 2 novembre, in concomitanza con l’avvio della seconda ondata.

Il 26 ottobre la Regione Puglia ha poi emanato l’ordinanza di sospensione delle attività didattiche in presenza e nei dieci giorni successivi alla chiusura delle scuole, che è in media il periodo di incubazione del virus, la curva dei contagi sia tra docenti che alunni ha cominciato a scendere in maniera significativa, soprattutto alle superiori.

Il 18 gennaio tutti in classe, a meno che…

Anche a fronte di questi dati tendenziali, mentre la guardia rimane decisamente alta, da lunedì 18 per il governo le scuole superiori (tranne quelle in zona “rossa”) potranno comunque riprendere le lezioni quasi ovunque con la didattica a distanza al 50%.

A questo punto, la “palla” passa ancora una volta alle Regioni: quelle “arancioni” dovranno decidere se assecondare il governo, quindi procedere con la metà degli allievi in presenza. Oppure se continuare con al didattica a distanza per tutti: una eventualità che secondo la larga maggioranza dei diretti interessati, almeno quelli che hanno partecipato al sondaggio della Tecnica della Scuola, sarebbe più che logica.