A. D’Avenia, L’appello

Alessandro D’Avenia, L’appello

di Mario Coviello

“E se l’appello non fosse un semplice elenco? Se pronunciare un nome significasse far esistere un po’ di più chi lo porta? Allora la risposta “presente!” conterrebbe il segreto per un’adesione coraggiosa alla vita. Questa è la scuola che Omero Romeo sogna.

Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola. La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l’appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky… Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.

A dieci anni dalla rivelazione di “ Bianca come il latte, rossa come il sangue”, Alessandro D’Avenia torna a raccontare la scuola come solo chi ci vive dentro può fare. E nella vicenda di Omero e dei suoi ragazzi distilla l’essenza del rapporto tra maestro e discepolo, una relazione dinamica in cui entrambi insegnano e imparano, disponibili a mettersi in gioco e a guardare il mondo con occhi nuovi. È l’inizio di una rivoluzione? ”

L’appello è un libro lento, un romanzo da leggere con calma e lasciare fermentare. Non è una di quelle letture che divori tutto d’un fiato e che ti fanno sognare e ti strappano dalla tua quotidianità. L’appello ti tiene inchiodato alla realtà e ti obbliga a riflettere sul presente, il tuo presente, le sfaccettature che compongono la tua anima.

Passo un sacco del mio tempo a scrivere per raccontare quello che faccio e perchè lo faccio sulla mia realtà. Ultimamente mi è capitato di realizzare che leggendo e poi scrivendo più che regalare una parte di me agli altri, regalavo una parte di me a me stesso. E penso che questa sia la stessa magia contenuta in questo romanzo; attraverso la storia di un professore e di dieci ragazzi che intraprendono un viaggio alla scoperta di loro stessi, il lettore è portato a riflettere e a portare alla luce qualcosa di sé. C’è così tanto da scoprire in ognuno di noi e la letteratura non cessa mai di essere un modo meraviglioso per farlo. Questo libro mi ha appassionato perchè parla della scuola che è stata ed è la mia vita.

La rivoluzione della scuola di cui si parla nel libro, mi ha riportato alla mente il concetto di scuola come palestra per la vita che mi è stato sempre tanto caro nei miei quarantasei anni nella scuola prima come maestro elementare, poi come professore di scuola media alle superiori e per 14 anni come preside.

“Vi hanno fucilato l’anima, vi hanno spezzato i sogni, vi hanno avvelenato la libertà. Ricordatevi dei ragazzi della Rosa Bianca: avevano la vostra età quando cominciarono a riunirsi di notte per leggere, pensare e rimanere liberi. Voi siete una piccola Rosa Bianca.”

Nella rivoluzione dell’Appello raccontata in maniera dettagliata nelle proposte che i ragazzi dell’appello portano in Parlamento (pag. 296–303), la scuola diventa un luogo da vivere, dove ad ogni individuo viene insegnato a vedersi, farsi vedere ed a vedere gli altri per le proprie unicità, a discapito di un sistema che sembra mirare a standardizzare la cultura più che a personalizzarla per l’uso quotidiano. Un luogo in cui si impara a vedere la realtà, spogliata di tutte le superficialità di cui la ammantiamo, e si impara ad amarla così com’è.

Il finale dolceamaro del romanzo, rappresenta la metafora perfetta della nostra vita; imperfetta, ammaccata e del tutto lontana dall’idea immacolata che ne avevamo costruito, ma lo stesso ricca di significato ed eterna se vissuta con unicità e amore. Se c’è un messaggio che può riassumere questo romanzo è sicuramente quello dell’amore, che vede, accetta e ama comunque. Illumina e porta alla luce.

“Credo che lo stesso accada per la vita. È negli occhi di chi le è più esposto che possiamo vederla, dopo aver ascoltato troppe opinioni e idee. Così è accaduto e accade ogni giorno a me, con i miei studenti. I loro occhi sono come quelli dei marinai: lì ho imparato a guardare la vita, perché niente come l’adolescenza ne trabocca. La scuola è il luogo in cui credevo si insegnasse ai “recenti”, dagli occhi ancora chiusi, ad aprirli sulla realtà per poterla finalmente incontrare. Invece, proprio a scuola, in questi 20 anni di lavoro, ho imparato io ad aprire gli occhi.” (Alessandro D’Avenia).