Recovery, un miliardo al tempo pieno Ma non basta neppure per la primaria

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da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Fondo Tempo pieno Scuola da 1 miliardo di euro per «la conciliazioni dei tempi di vita e lavoro delle famiglie e specialmente delle donne». È uno degli interventi per il potenziamento delle competenze e il diritto allo studio previsti dalla missione «Istruzione e Ricerca» del Recovery Plan, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana (si veda ItaliaOggi del 12 gennaio). Un intervento che, tuttavia, nel Pnrr rimane vago e, per quanto riguarda le risorse previste, insufficiente. Nel Recovery, infatti, per illustrare questo fondo si scrive genericamente che «si aumenterà il “tempo-scuola” incrementando lo spazio per l’offerta formativa e contemporaneamente aiutando» la conciliazione vita e lavoro, soprattutto per le donne. «Questo», si aggiunge, «avverrà anche attraverso il potenziamento delle scuole materne (3-6 anni) e classi «primavera» (dai 2 anni)». Mentre per finanziare l’intervento, oltre a 1 miliardo di nuove risorse del Pnrr, «sono inoltre previsti 300 milioni per interventi all’interno dei progetti Pon».

Tuttavia, secondo le stime per il tempo pieno solo in tutte le primarie occorrerebbero circa 3 miliardi e 520 milioni di euro per il primo anno di generalizzazione del servizio e 2,7 miliardi all’anno a regime. Occorrerebbe, infatti, assumere circa 49.015 docenti, che costerebbe allo Stato 1,5 miliardi di euro. Ma anche 5.000 collaboratori scolastici pari ad altri 120 milioni di euro. Non solo. Bisognerebbe ristrutturare e mettere a norma ed adeguare le strutture scolastiche a una nuova organizzazione scolastica in termini di spazi, laboratori, palestre, spazi e servizio mensa con un aggravio di spesa si circa 2 miliardi a carico dei comuni: circa 800 milioni per attrezzature e mense, circa 1,2 miliardi per pasti e altre spese correnti.

In questo anno scolastico il 45,8% delle famiglie ha iscritto i figli alla primaria optando per il tempo pieno, in aumento rispetto all’anno scorso. Con la percentuale più alta nel Lazio (64,3%), Piemonte (62,3%) e Toscana (60,3%) e più bassa in Molise (13,6%), Sicilia (15,6%), Puglia (21,1%), Campania (27,7%). Oggi i 2/3 degli alunni della scuola di base sono esclusi dal tempo pieno, soprattutto nelle regioni dove la dispersione scolastica supera il 30%. Non solo. Se alla primaria il tempo pieno raggiunge il 42% degli alunni, alle medie il tempo prolungato riguarda solo il 13% degli studenti. C’è, infine, una questione culturale di fondo sulla motivazione del recovery per ampliare il tempo pieno: sostenere le famiglie, e soprattutto le donne, a inserirsi nel mercato del lavoro. «Non vi è alcun automatismo tra disponibilità di tempo e possibilità si occupazione», sottolinea Franco Lorenzoni, maestro e fondatore del centro di sperimentazione educativa Casa-laboratorio di Cenci. «Ancora una volta si guarda alla scuola pensando ai genitori piuttosto che ai figli», «non si mette al centro la questione educativa», cioè il ruolo essenziale che gioco l’istruzione pubblica «nella crescita culturale, sociale e dunque anche economica del Paese». «O pensiamo», domanda Lorenzoni, «di aumentare il tempo scuola solo per andare incontro all’organizzazione lavorativa dei genitori?».

Motivazione che il Recovery indica anche per il potenziamento delle scuole materne e delle sezioni Primavera, investendo 1 miliardo di euro per la realizzazione, riqualificazione e messa in sicurezza delle scuole dell’infanzia, anche attraverso l’innovazione degli ambienti di apprendimento e la sostenibilità ambientale, e la costruzione dei Poli per l’Infanzia previsti dal decreto legislativo n.65/2017. Un intervento che benefica, sottolinea il Pnrr, di risorse complementari per 560 milioni dagli stanziamenti della Legge di Bilancio. Così come produce «effetti positivi immediati sul mercato del lavoro» il Piano asili nido e servizi per l’infanzia, che il Recovery porta dagli originari 1,6 a 3,6 miliardi di euro (+2 miliardi) per l’83% di copertura del fabbisogno, a fronte di un target minimo del 33%. Si creerebbero circa 622.500 nuovi posti entro il 2026. «Invertendo in questo modo la posizione dell’Italia da Paese sotto la media a Paese sopra la media europea». Un intervento che benefica di risorse complementari per 300 milioni dagli stanziamenti della Legge di Bilancio.

Nel Recovery, inoltre, si punta allo sviluppo e la potenziamento degli Its, gli istituiti tecnici professionali post diploma, con 1,5 miliardi di euro, rafforzandone le dotazioni strumentali e logistiche e incrementando la partecipazione delle imprese nei processi di formazione. Mentre un altro progetto del Pnrr mira a implementare un programma per la Formazione superiore professionale, attraverso la costruzione di collaborazioni regionali con il contributo delle università e delle locali associazioni di categoria, grazie a 500 milioni di euro «Incrementare i percorsi di laurea professionalizzanti è cruciale», si legge nel piano. All’orientamento attivo e vocazionale nella transizione scuola-università, invece, è dedicato un programma di investimenti di 250 milioni di euro per gli studenti di IV e V superiore, attraverso corsi brevi erogati da docenti universitari e insegnanti scolastici che gli consentano di comprendere meglio l’offerta dei percorsi didattici universitari e di colmare i gap nelle competenze di base richieste.