Regioni senza il paracadute Cts

da ItaliaOggi

La Lombardia, l’Emilia, e il Friuli e la Calabria…fioccano le sentenze dei Tar che sospendono le ordinanze con cui i governatori hanno bloccato la ripresa in presenza delle lezioni, chi per medie e primarie, chi per le superiori. Il difetto? La motivazione. Non basta un generico riferimento ai rischi di contagio derivanti dagli assembramenti fuori le scuole o sui mezzi di trasporto. Occorre indicare i rischi concreti per la scuola nel territorio. E chi sperava in un paracadute nazionale grazie al Cts è rimasto deluso. Il Comitato tecnico scientifico, investito della questione relativa alla sicurezza della ripresa delle lezioni in presenza e della flessiblità della risposta territoriale, con una convocazione urgente da parte del ministero della Salute, Roberto Speranza, ha risposto infatti che le scuole superiori possono e devono riaprire, rispettando tutte le misure precauzionali e attuando anche i protocolli definiti ai tavoli prefettizi sul trasporto pubblico. Gli scienziati, coordinati da Agostino Miozzo, hanno ribadito che chi vuole assumere misure più restrittive rispetto a quelle previste a livello nazionale può farlo ma se ne assume «la responsabilità». E dunque deve motivarlo.

Il Cts ha ripreso quanto emerso dai rapporti disponibili sui dati del contagio, ultimo quello dell’Istituto superiore della sanità che, relativamente alla trasmissione intrascolastica del virus, così conclude: «Allo stato attuale delle conoscenze, le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del Coronavirus in Europa sia limitato».

Già nella seduta del 3 gennaio il Cts aveva riaffermato piuttosto l’evidenza delle criticità sulla movimentazione degli studenti, del personale e delle famiglie per il ritorno in classe, con il richiamo «ai tavoli istituiti presso le Prefetture-uffici scolastici delle province per la corretta applicazione di misure, protocolli e strumenti organizzati» sui trasporti. Per i quali il governo ha rinnovato finanziamenti straordinari.

Insomma, se i trasporti non funzionano, si intervenga lì. Anche perché, evidenziavano gli scienziati, continuare a tenere i ragazzi a casa rischia di danneggiarli: «Il Cts ribadisce ulteriormente e con convinzione l’importanza del ritorno in classe per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado come condizione imprescindibile e non più procrastinabile per il grave impatto che l’assenza di esso ha sull’apprendimento e la strutturazione psicologica e di personalità degli studenti che, in questa particolare fascia di età, possono essere fortemente penalizzati dall’isolamento domiciliare». Il dpcm in vigore dal 14 gennaio scorso già indica, agli articoli 1 comma 10 lett. s) e art. 3 co. 4 lett. f), le azioni da attuare per le attività didattiche in presenza e a distanza in funzione della condizione epidemiologica dei territori regionali.

«Nel rimarcare che la responsabilità delle aperture degli istituti scolastici è di competenza degli enti territoriali e locali, il Cts, facendo specifico riferimento al Dpcm 14/01/2021», si legge nel parere varato domenica scorsa, sottolinea che, in caso di mancata applicazione delle misure adottate, «debba essere rimandata al presidente della giunta regionale l’emanazione di provvedimenti di prescrizione al fine dell’attuazione delle misure organizzative per il rientro in classe nei diversi ambiti provinciali».

Il Friuli Venezia Giulia presieduto da Massimiliano Fedriga, dopo la sospensione da parte del Tar dell’ordinanza regionale, ha rinnovato il divieto di ripresa in presenza rimotivando l’ordinanza con i dati sui contagi. E bisognerà ora vedere se questo basta ai tribunali. Intanto da ieri solo 4 regioni hanno ripreso le lezioni in presenza al 50% alle superiori, Lazio, Piemonte, Molise ed Emilia, in aggiunta a Valle d’Aosta, Abruzzo e Toscana che hanno ripreso già dall’11 gennaio.