Maturità semplificata, ma senza ammissione generalizzata

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Le proteste, anche ieri, di studenti e genitori contro “una scuola a singhiozzo” e l’ampio ricorso alla didattica a distanza legato all’emergenza sanitaria (in Campania, come anticipato da questo giornale, gli alunni delle superiori hanno già svolto “da remoto” più di tre mesi di lezioni su quattro) non hanno frenato il ritorno tra i banchi, ieri, di oltre 600mila studenti delle superiori; nel Lazio, in Piemonte, ma anche in Emilia Romagna tutto è filato via liscio, e la ripartenza, fanno sapere dal ministero dell’Istruzione, è stata «serena».
Intanto, e nonostante la crisi politica, la ministra Lucia Azzolina lavora a due dossier urgenti: gli esami di Stato del primo e secondo grado e il piano di recupero degli apprendimenti, su cui è in corso il confronto con i tecnici e i partiti di maggioranza. A fine gennaio sono infatti attese le prime indicazioni ufficiali sulla maturità, che coinvolge mezzo milione di studenti.
Quasi certamente anche quest’anno si andrà incontro a una prova che terrà conto, come ha già anticipato la ministra dell’Istruzione, del quadro complessivo e dell’andamento dell’anno scolastico. L’esame potrebbe essere, perciò, “semplificato”. Non ci sarà, tuttavia, un’ammissione generalizzata, come un anno fa: sarà condizionata al buon andamento del percorso scolastico.

Una decisione ufficiale ancora non è stata presa. Per ora si parla di due ipotesi su cui ci sarà un confronto anche con gli studenti. La prima ricalca la maturità 2020: una sola prova orale, in presenza, davanti a una commissione di docenti interni, con il presidente esterno. Un “format” già sperimentato e che ha avuto riscontri positivi un anno fa sia fra studenti che docenti. Come lo scorso anno, alternanza scuola-lavoro e prove Invalsi non dovrebbero essere requisito di ammissione agli esami (per quanto riguarda le prove standardizzate in italiano, matematica e inglese sono state svolte nel 2020 da 50mila studenti di quinta superiore per poi essere sospese per tutti gli altri a causa del coronavirus). Sulla scuola-lavoro pesa anche la difficoltà di molti istituti a organizzare percorsi “on the job” nelle realtà produttive e senza penalizzare le ore di lezione (molte scuole hanno infatti fatto slittare le ore di alternanza in primavera, sperando, in una situazione sanitaria migliore).La seconda opzione sul tavolo di Lucia Azzolina, su cui spinge una fetta dell’attuale maggioranza, Pd in testa, è invece una maturità, composta da una prova scritta (anziché le canoniche due) più il colloquio orale.

Sull’Invalsi, la partita è più delicata e strettamente legata alla necessità di valutare gli apprendimenti dei ragazzi. Un possibile compromesso, spiegano fonti di governo, potrebbe essere quello di non rendere l’Invalsi obbligatorio ai fini della maturità, ma di far svolgere comunque le prove in vista dei recuperi degli apprendimenti.L’idea non dispiace ai vertici Invalsi: «La scelta, se sarà formalizzata, consente, in questo anno specifico, di fornire dati utili alle attività di recupero e nella lotta alla dispersione», hanno commentato la presidente dell’istituto, Anna Maria Ajello e il responsabile Area prove nazionali, Roberto Ricci. A consentire al ministero dell’Istruzione di “modificare” anche quest’anno gli esami di Stato è una norma, entrata in extremis nella manovra 2021, che consente, appunto, al dicastero di Viale Trastevere di adottare ordinanza con misure ad hoc su valutazione apprendimenti ed esami.

Per quanto riguarda invece il piano di recupero dei gap formativi si guarda al prossimo decreto Ristori (si veda anticipazione su Sole24Ore del 13 gennaio). Qui il ministero dell’Istruzione si aspetta almeno 250 milioni di euro. Per fare sostanzialmente tre cose: prevedere corsi di recupero per gli apprendimenti persi a causa di troppa Dad; istituire la corsia preferenziale per i tamponi agli studenti e ai docenti citata dall’intesa pre-natalizia con i governatori; incrementare il supporto psicologico ai ragazzi provati dall’emergenza-Covid. Fondi che si sommerebbero ai primissimi 5 milioni inseriti nel precedente decreto Ristori, convertito in legge prima di Natale. Risorse che, spiegano dall’Istruzione, coinvolgeranno 1.500 istituti che potranno così avviare tre moduli da 25 ore con cui rafforzare le competenze traballanti in italiano, matematica e inglese.