Riparte il concorso straordinario per 32mila prof: prove dal 15 al 19 febbraio

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Il concorso straordinario per 32mila prof di medie e superiori riparte. Sul sito del ministero dell’Istruzione sono pubblicate le nuove date delle prove ancora da espletare della selezione riservata ai precari con 3 anni di servizio che aspirano a una cattedra per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Le prove si svolgeranno fra il 15 e il 19 di febbraio, con una media di 10 candidati per aula: dunque nei limiti – sottolinea una nota di viale Trastevere – previsti dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri dello scorso 14 gennaio 2021.

Le sedi
L’elenco delle sedi d’esame, con la loro esatta ubicazione e l’indicazione della destinazione dei singoli candidati, sarà comunicato dagli Uffici scolastici regionali responsabili della procedura almeno 15 giorni prima della data di svolgimento delle prove stesse nei rispettivi albi e sui siti internet.

Un altro giorno di proteste
Il fronte delle riaperture rimane frastagliato. Ai contrasti tra regioni e governo c’eravamo abituati. E anche a quelle tra governatori e Tar. Ma ieri si è aggiunto un nuovo colpo di scena.Con un prefetto che ha costretto il preside di un istituto (l’Ipsia di Tortolì, in Ogliastra) a chiudere nuovamente la scuola che due giorni fa aveva aperto i cancelli per riaccogliere i ragazzi. Motivazione: l’ordinanza regionale della Sardegna, che ha previsto la Dad fino al 1° febbraio, ha più forza del Dpcm del governo. Una babele di indicazioni e disposizioni, insomma, a cui si aggiungono ogni giorno le proteste sia dei ragazzi che vorrebbero tornare a scuola – come molti degli studenti delle superiori in Lombardia che da giorni manifestano davanti al Pirellone o occupano i loro istituti – sia di quelli che vorrebbero rimanere ancora a casa con la didattica a distanza, preoccupati per i contagi e anche per interrogazioni, verifiche e compiti in classe che ora li attendono “a raffica” anche perché il quadrimestre sta per concludersi e i docenti devono mettere nero su bianco i giudizi. Ieri e oggi nella capitale tanti ragazzi hanno manifestato e non sono entrati a scuola sia in licei storici come il Pasteur, il Cavour, il Tacito sia in quelli più periferici come l’Ettore Majorana.

I timori dei governatori
I presidenti di regione sono preoccupati: temono che le loro ordinanze presenti e future possano continuare ad essere impugnate, con tutte le conseguenze legali e pratiche che questo comporta e sono preoccupati dalle parole del Cts che ha ammonito i governatori che non aprono ad assumersene la responsabilità. Di qui la richiesta di incontro avanzata dai presidenti di Regione ai ministri Speranza e Boccia. C’è «l’assoluta necessità di un chiarimento, anche di natura normativa, che risolva” la situazione “di incertezza che va a discapito in primo luogo di studenti, genitori e di chi nella scuola lavora», ha scritto oggi il presidente della conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini, nella lettera inviata ai ministri nella quale si chiede un incontro urgente. «Ho firmato due ordinanze conoscendo la gravità della chiusura delle lezioni in presenza, ma sapendo anche che tutta la prevenzione ci segnala che la didattica in presenza rappresenta un pericolo per professori, studenti, personale Ata e famiglie», ha detto a sua volta il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. «Chiediamo più chiarezza, vorremmo una linea univoca di conduzione di questa crisi pandemica, un’azione con una linea conduttrice comune», gli ha fatto eco dalle Marche Francesco Acquaroli.
Tutto ciò mentre dai sindacati arriva la richiesta dei sindacati di ripristinare «le competenze statali sull’istruzione e facciamolo velocemente». A chiederlo è stato il segretario della Flc Cgil, Francesco Sinopoli. Mentre Maddalena Gissi (Cisl Scuola) ha osservato: «Nella schizofrenia decisionale, tra pareri scientifici che non hanno potere ordinatorio e prese di posizione delle istituzioni nazionali e locali che non determinano alcun cambiamento, arroccate per lo più su posizioni ideologiche, la scuola si divide in mille pezzi».