Nidi e tempo pieno per pochi L’Italia della scuola divisa in due

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — Ora che i soldi europei sono stati annunciati — meglio, già inseriti in capitoli di spesa dei ministeri — la società civile apre il dibattito su come spenderli. E la multiassociazione educAzioni chiede di investire 12 miliardi di euro sul sistema integrato educazione-istruzione (è la scuola dell’infanzia) e il primo ciclo di studi (primarie e medie).

Il Recovery Fund destinerà all’istruzione, con un incremento voluto recentemente dal governo Conte, 20,95 miliardi per i prossimi cinque anni: 16,72 miliardi andranno sul potenziamento della didattica e il diritto allo studio. Negli scorsi giorni il ministero guidato da Lucia Azzolina ha reso pubblico, quindi, un Atto di indirizzo per il 2021 con dieci punti che, al paragrafo sei, prevedono «più risorse per il segmento 0-3 anni e i Poli per l’infanzia». Senza indicazioni di dettaglio, per ora, né risorse assegnate.

EducAzioni, dieci associazioni nazionali più una rete di sindacati e Ordini professionali, ha voluto ricordare i deficit profondi nel mondo della prima scolarità e dare indicazioni sull’utilizzo dei soldi del Recovery a partire da quest’anno (dal 2028 metà delle risorse europee extra dovremo iniziare a restituirle). Questa mattina alle 10 la proposta forte diventerà dibattito in un’assemblea pubblica in diretta Facebook.

«La cifra complessiva è ancora insufficiente rispetto alla gravità di una situazione con gravi distanze territoriali e sociali», è l’esordio del lavoro introduttivo. In particolare, «è vero che è stato previsto un miliardo per il potenziamento delle scuole dell’infanzia e delle sezioni primavera» e si è portato a 3,6 miliardi il finanziamento destinato ad aumentare l’offerta di asili nido, ma è necessario verificare lo stato delle cose regione per regione. Oggi, dice il lavoro, solo un bambino su quattro frequenta una struttura 0-3 anni: il 28 per cento in Trentino, Valle D’Aosta ed Emilia Romagna, il 5,7 per cento in Sicilia, il 3,9 in Campania, il 2,2 in Calabria. La spaccatura Nord-Sud resta grave e immutata. Nessun territorio, peraltro, raggiunge l’obiettivo europeo (datato 2020): una copertura per i nidi al 33 per cento e per l’infanzia al 95 per cento. Per fare questo servono: 4,8 miliardi subito e, quindi, 2,7 miliardi l’anno. Per rendere il servizio totalmente gratuito, ora lo è solo nel pubblico, e generalizzare il tempo pieno c’è bisogno, ancora, di oltre 1,4 miliardi l’anno. Se, continua la proposta, si allargano tempo pieno e mense anche nelle scuole elementari e nelle medie inferiori l’intervento richiede altri 3,1 miliardi. Più i soldi per la formazione dei docenti. Nel complesso, siamo a 12 miliardi di euro, che rappresenta la metà dell’intero investimento sull’istruzione. «È una spesa di grande rilevanza, va considerata un vero e proprio investimento sui primi anni di vita che creerà posti di lavoro qualificati».

Due miliardi potrebbero rientrare attraverso le minori uscite per il calo demografico. Secondo EducAzioni, che vede al suo interno l’Alleanza per la famiglia e Asvis, piccole organizzazioni come Saltamuri e Senzazaino, c’è poi una questione di scelta dei cicli scolastici che va orientata: l’intervento per la riduzione dei divari territoriali della scuola secondaria di primo e secondo grado va spostato sulla primaria. «Le elementari sono il settore dove si mettono a fuoco i segnali predittivi delle possibili forme di abbandono ». Questo contropiano dal basso chiede di puntare, infine, su delicato transito dalle medie (dove il 12 per cento degli iscritti è straniero e il 5,6 per cento ha disturbi specifici) alle superiori.