L’accusa del Cnpi: valutazione carente. Ma tanto non si farà

da ItaliaOggi

L’accusa del Cnpi: valutazione carente. Ma tanto non si farà

Davide Colombo

La fine anticipata della legislatura mette su un binario morto, tra gli altri provvedimenti del governo Monti e del ministro dell’istruzione Francesco Profumo, il decreto su modi, finalità e criteri di valutazione del sistema scolastico nazionale, sul quale il 20 novembre scorso il consiglio nazionale della pubblica istruzione, Cnpi (organo in scadenza, tra l’altro, che per sopravviere necessita di nuova deroga, visto che anche la riforma degli organi collegiali è saltata), ha espresso un parere tecnico fortemente negativo. Merita conoscerlo a futura memoria. Secondo il Cnpi scarso o nullo è il coinvolgimento delle istituzioni del territorio e delle stesse scuole autonome nelle diverse fasi del processo di valutazione; lacunosa è l’individuazione degli obiettivi; inadeguati ai compiti che il provvedimento affida loro sono i soggetti cardine della valutazione, Invalsi, indire e corpo ispettivo; occorrono nuovi investimenti. Ma almeno è positivo che non si attribuiscano premi ai più bravi, evitando un approccio che nel passato aveva rappresentato un limite al dibattito sulla valutazione e aveva ridimensionato la partecipazione alle varie iniziative. L’offerta formativa delle scuole e degli apprendimenti va valutata anche in relazione al perseguimento degli obiettivi, indicati da Parlamento e Consiglio europei con la raccomandazione del 18 giugno 2009, per garantire i diritti di cittadinanza, l’inclusione sociale, l’opportunità di accesso al lavoro e all’apprendimento permanente di tutti, comprese le persone svantaggiate e in situazione di handicap. Per questo il Cnpi suggerisce un emendamento integrativo all’articolo 2, primo comma (obiettivi e organizzazione del servizio nazionale di valutazione), che limitava gli obiettivi a quelli previsti dal decreto legislativo n. 286 del 2004. Negli altri paesi della comunità europea le reazioni delle categorie interessate e i dibattiti che sono seguiti hanno contribuito a migliorare le norme iniziali sul sistema di valutazione, ma il testo presentato dal ministro non si presta molto a questo work in progress. Aggiungendo un settimo comma all’art. 2, il Cnpi prevede una verifica del processo di valutazione che il ministro dovrà effettuare d’intesa con la conferenza Stato-Regioni e sentito il Cnpi stesso. Analogamente l’invalsi non dovrà definire da solo gli indicatori di efficienza e di efficacia per individuare le scuole da sottoporre a valutazione da parte dei nuclei esterni ma dovrà farlo sulla base delle priorità indicate dal ministro d’intesa con la conferenza e sentito il Cnpi. E quanto alla rendicontazione sociale dei risultati che le singole scuole hanno raggiunto dopo aver individuato e svolto le azioni di miglioramento in seguito agli esiti della valutazione, il Cnpi specifica meglio l’operazione, individuando i soggetti incaricati della pubblicità dei dati e coinvolgendo enti e istituzioni del territorio. Il provvedimento ha il difetto di affidare all’Invalsi un ruolo molto forte e impegnativo (addirittura «impensabile»), senza una sua preliminare ristrutturazione di cui il consiglio nazionale segnala l’urgenza e di cui non vede traccia nel provvedimento esaminato. Anche degli ispettori il Cnpi consiglia di ripensare profilo e funzione, giudicati non coerenti con il compito di facilitatori che dovrebbero assumere nei processi relativi al miglioramento della qualità delle scuole. Che nella partita non sono chiamate a svolgere un ruolo attivo, rischiando di divenire solo l’oggetto materiale da indagare, mentre le istituzioni del territorio sono tenute del tutto fuori. Rispetto ai nuclei esterni di valutazione, ai quali l’Invalsi affida la verifica di particolari situazioni, il consiglio giudica negativo che il personale della scuola non possa essere chiamato a farne parte, ciascun nucleo essendo infatti costituito solo da un dirigente tecnico e da due esperti. Per colmare la lacuna, ci si dovrà avvalere di tutte le risorse presenti nel mondo della scuola, così integrando l’art. 3, lettera f). Al consiglio sembra inoltre che, senza adeguati investimenti per la formazione degli operatori sulla cultura della valutazione, possa essere pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità della scuola che il provvedimento dichiara di voler realizzare. È però positivo prevedere una valutazione articolata in varie fasi che parte dalla scuola e ritorna alla scuola, ma ciò sembra contraddire l’altra affermazione sul ruolo passivo che il provvedimento farebbe solo svolgere alle scuole. Ed è anche positivo che la formazione professionale regionale entri fra gli obiettivi del servizio nazionale di valutazione.