Scuola, l’ira dei presidi: “Nulla è cambiato, da settembre avremo ancora classi pollaio”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Mentre i presidi hanno raccolto le domande di iscrizione alla classi prime, rimbalza l’interrogativo: con quali numeri saranno composte? “Non c’è nulla che lasci pensare che i nostri figli a settembre andranno in classi meno numerose: nulla”. Angela Mambretti Nava, voce dei Genitori democratici, alza la resa sulle “classi pollaio”, bandiera del movimento 5 Stelle, che voleva abolirle, e della stessa ministra Lucia Azzolina. I dirigenti scolastici attendono di giocare la partita a marzo, quando si discuterà di organici. Ma nel frattempo devono fare i conti coi numeri di sempre, aggravati dal fatto che l’anno scorso non ci sono stati bocciati, col distanziamento e aule piccole che non possono usare a causa del covid che una cosa poteva cambiare, le classi sovraffollate, e che comunque ha influenzato le scelte delle famiglie.

Raccontano i dirigenti che molti genitori hanno preferito scuole vicino a casa, che hanno chiesto garanzie sulle misure di sicurezza anti-contagio messe in campo, che alla primaria c’è stato il fenomeno di un aumento delle richieste nelle scuole con spazi all’aperto, che praticano l’outdoor education. Mentre alle superiori la tenuta dei tecnici – sebbene i licei continuino ad avere il primato, preferiti da uno studente su due – può essere il segnale di una scelta verso indirizzi che danno anche uno sbocco lavorativo, non solo universitario, in vista di un futuro incerto, economicamente di crisi.

Le voci dei presidi

“Tutti i dati statistici dicono che il Paese ha bisogno di tecnici, e noi stiamo verificando una crescita di interesse, mentre rimangono criticità nei professionali – osserva Egidio Pagano, voce dell’Anp di Catania e dirigente dell’istituto tecnico-tecnologico e professionale Marconi-Mangano – noi abbiamo avuto un aumento del 30%. Le classi? Da anni chiediamo numeri ridotti, serve prima di tutto alla qualità della didattica, al di là della pandemia. Speriamo in provvedimenti sugli organici”.

In alcuni casi si è registrato un aumento delle domande negli indirizzi di informatica. “Hanno passato tanto tempo al pc e nei media è passato il messaggio dell’importanza delle piattaforme digitali: forse questo ha influito” ragiona Paolo Pergreffi che dirige l’istituto tecnico industriale Fermi di Modena. E così Edoardo Soverini che guida l’istituto Belluzzi-Fioravanti di Bologna dove le iscrizioni al tecnico hanno segnato un +8%: “Abbiamo avuto un boom in informatica forse legato alla fase che stiamo vivendo”. Un segnale confermato anche in Piemonte dove tra gli istituti tecnici spicca una sorta di travaso dagli indirizzi economici a quelli industriali (i primi scendono da 11 a 9,6%, i secondi salgono da 22,3 a 23,7) coi corsi di informatica e telecomunicazioni che passano da 6,5 a 9%.

Sempre a Bologna ha avuto successo il liceo artistico, l’unico in città: 118 domande in più dello scorso anno, e la preside Maria Grazia Diana se lo spiega così: “In questi mesi di Dad e lockdown i ragazzi hanno avuto a disposizione strumenti digitali e noi abbiamo aperto Facebook, Instragram, Tik tok per presentare la scuola insieme a loro. Offerta che rispecchia il loro mondo. In questa situazione hanno preso più confidenza con questi spazi virtuali, forse anche docenti si sono allineati su queste dinamiche, abbiamo cercato di fare didattica online più vicina a studenti, forse questa è una delle cause dell’entusiasmo nelle iscrizioni”.

Al liceo Elsa Morante a Napoli, con sedi a Scampia e Secondigliano, i genitori hanno chiesto garanzie sui mezzi di trasporto. Lo racconta la preside Giuseppina Marzocchella, che aggiunge: “Avere classi meno numerose sarebbe importante, a prescindere dal Covid, soprattutto nelle scuole come le nostre che sono in territori difficili”. Sospira Maurizio Franzò, preside all’Iss Curcio di Ispica, in provincia di Ragusa: “Ci aspettiamo da sempre una riduzione al ribasso nella composizione delle classi, ma ad oggi non si vede nulla”.

C’è anche il risvolto della medaglia, a iscrizioni chiuse e a piani edilizi e organici invariati. Osserva la preside Raffaella Massacesi del liceo Montale, con tre sedi nella prima periferia di Roma: “Se diminuiamo il numero di alunni per classe l’esubero diventerà maggiore. C’è un problema strutturale nell’offerta formativa territoriale, il nostro indirizzo in Scienze umane è unico in zona: qui ho un esubero di 15 alunni, se dovrò formare classi di 20 ne avrò 45 fuori: dove li mando?”.

La partita “si gioca più avanti, per ora ragioniamo sui vecchi numeri – spiega Ludovico Arte, preside del tecnico per il turismo e del liceo linguistico Marco Polo di Firenze – le classi pollaio da 29-30 alunni al momento sono confermate, è una banalità dirlo, ma la prima innovazione da fare nel mondo della scuola sarebbe sulla riduzione del numero di alunni per classe: una priorità per la didattica”.

La protesta: basta classi pollaio

Dopo aver combattutto per la ripresa in presenza e in sicurezza delle scuole superiori, il comitato Priorità alla scuola continua nella protesta per il passo successivo: migliorare la scuola, a partire dalle classi pollaio da abolire. Bisogna intendersi sul termine. I tetti per la formazione delle classi ad oggi sono: da 27 a 30 per le superiori, 27 sino a un massimo di 28 alle medie, 26 (27 in caso di iscritti in eccedenza) alla primaria, 26 alla materna (in caso di esuberi non si può superare i 29).

Nel rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Agnelli (Laterza, 2020 – dati 2019) viene rilevato che le classi prime alle superiori con più di 30 studenti sono l’1%, mentre la media alla primaria è di 19 alunni per classe, di 21 alle medie e di 22 alle superiori (qui si va dalla media più bassa di 19 in Sardegna alla più alta di 22,7 in Lombardia).

Medie che non tengono conto di situazioni difficili, soprattutto nelle città metropolitane. E comunque si è lontani dall’avere 15-20 studenti per classe, ambienti di apprendimento dove diventa possibile una didattica rinnovata. La pandemia, che ha costretto al distanziamento, doveva rappresentare l’occasione di un cambiamento strutturale che va ad incidere su edilizia e organici. La scuola ora guarda alle risorse del Recovery. E dunque questa rivoluzione sembra possibile sebbene appaia ancora una chimera. “C’è molto dibattito politico intorno a questo e per ora scelte concrete non ce ne sono state – spiega Antonello Giannelli, presidente dell’Anp – affinchè le classi siano meno numerose è necessario aumentare le aule e i docenti, lo ribadiamo da anni ormai”.

Conferma Alessandra Francucci, voce dell’associazione nazionale dirigenti scolastici: “Fondi specifici per sgonfiare le classi non sono stati previsti e non c’è stata data nessuna indicazione nella composizione delle classi rispetto a un’auspicabile riduzione degli alunni. Sarà oggetto di concertazione in una fase successiva alle iscrizioni”. Poi chissà. Per ora all’orizzonte, dentro alla crisi di governo, c’è solo l’accordo tra il Mef e il ministero all’Istruzione di evitare la riduzione di personale, nonostante il calo demografico degli alunni, insomma di tenere l’organico stabile con un aumento sul sostegno. Poco, molto poco.

Termoscanner e giardini nella scelta della primaria

Agli Open Day, svolti a distanza, tra le domande delle famiglie c’era anche quella sull’organizzazione della scuola rispetto alle misure anti-contagio. “L’interrogativo era su come abbiamo affrontato l’anno in termini di sicurezza e il fatto di avere anche i termoscanner è stato un elemento rassicurante, così come ha pesato il modello organizzativo e l’offerta didattica digitale – racconta Rosamaria Lauricella, preside dell’Istituto comprensivo Valente a Roma – inevitabile infatti che la situazione a setembre ci vedrà ancora in emergenza”. Poi sono cresciute le iscrizioni nelle scuole all’aperto: alle Longhena, primaria in collina a Bologna, le domande sono state 121 a fronte di 75 posti e sono aumentate le richieste alle Don Marella, istituto aderente alla Rete “Scuole all’aperto”: “L’aumento nelle scuole che fanno educazione all’aperto c’è stato, a conferma di una scelta corroborata dalla situazione pandemica – spiega la preside Filomena Massaro – rispetto ad altri anni è stato un elemento in più di valutazione da parte delle famiglie”.