R. Petri, Cuore di furia

Romana Petri, una scrittura difficile

di Antonio Stanca

   Lo scorso Ottobre è comparso, per conto di Marsilio Editori, Cuore di furia, ultimo romanzo della scrittrice Romana Petri. Anche critica letteraria, traduttrice è la Petri nonché collaboratrice di giornali e riviste. E’ nata a Roma nel 1965 e intorno agli anni ’90 ha esordito nella narrativa continuando fino ai giorni nostri. Molto ha scritto e molto tradotta e premiata è stata. E’ figlia del musicista, cantante lirico e attore Mario Petri, del quale ha ripercorso la vita e l’opera nel romanzo biografico Le serenate del Ciclone del 2015. Vive tra Roma e Lisbona.

   In Cuore di furia torna un motivo che quasi ricorre nella produzione narrativa della Petri, quello di un’umanità che si combatte perché divisa tra buoni e cattivi e della possibilità di riconoscerla dai caratteri somatici, più belli i buoni, più brutti i cattivi. Altro motivo solito della Petri e presente nel romanzo è la creazione di situazioni, circostanze così complicate da far pensare a lungo chi le vive, da rendergli difficile la spiegazione e fargli credere che non vi sia una soltanto. E’ una maniera che a volte disturba lo svolgimento dell’opera poiché lo ostacola, lo ritarda e non lo fa capire.

   Tutto questo avviene in Cuore di furia dove si dice del complicato rapporto tra i due protagonisti, Jorge Tripe e la figlia Norama. Lui l’ha lasciata quando era bambina insieme alla moglie e da Barcellona è fuggito a Siviglia dove ha trovato lavoro in un magazzino di granaglie. Qui dedicherà alla lettura e poi alla scrittura il suo tempo libero fino a diventare uno dei maggiori scrittori della letteratura spagnola del ‘900. Molto conosciuti e premiati saranno i suoi romanzi nei quali ricorrerà il tema del Nulla, di quanto non si vede, non si sente, non si tocca eppure esiste. Tutte le sue opere sembreranno i modi diversi usati per dire dello stesso argomento. Dell’annullamento, della distruzione, della negazione, della fine, della morte tratterà la sua scrittura quasi si alimentasse della sua condizione di uomo solitario, ribelle, votato all’irregolare, all’illecito, all’irrazionale. Di carattere burrascoso, scostante, lo era anche con l’amica Dolores, con la quale si frequentava e presso la quale rimaneva qualche volta di notte. Per il resto il magazzino di granaglie era il suo posto preferito, vi dormiva anche quando era diventato un autore noto e il suo editore gli aveva donato una casa. Questa strana condotta si manifesterà maggiormente nei rapporti con la figlia. Diventata adulta e reduce da matrimoni falliti, Norama lo andrà a trovare, lo vorrà conoscere. Ma nemmeno tra loro si avvierà un rapporto di scambio, un discorso che possa legarli. Lei tenterà più volte ma non ci riuscirà, non otterrà quel dialogo per il quale spesso era andata da Barcellona a Siviglia.

   A differenza, però, degli altri rapporti quello tra padre e figlia è più complicato: Norama cerca Jorge come fa l’editore, come la Dolores, ma lo odia pure. Lo ama ma vuole pure vendicarsi per aver egli abbandonato la famiglia tanti anni prima, vuole riscattarsi dei problemi che ha procurato a lei e alla madre, vuole, con i guadagni di lui, rifarsi delle spese, dei debiti ai quali la sua condizione di eterna separata l’ha condannata. C’è molto rancore in lei e Jorge ha paura che la possa indurre ad accusarlo pubblicamente, a far sapere a tutti di cosa è stato capace. Unita al suo carattere introverso questa paura lo fa diventare cattivo con la figlia. Neanche quando morirà, neanche quando Norama rimarrà unica erede dei diritti delle opere da pubblicare postume, si scioglierà questo nodo che ha percorso l’intera opera assumendo i più diversi aspetti, complicandosi oltre ogni previsione, rimanendo sempre senza soluzione. A volte sembrerà che possa interrompere la narrazione tanto grave, tanto estremo diventerà. Si procederà, tuttavia, nel modo faticoso, contorto proprio della scrittura della Petri, quello che a lei sembra il più idoneo per dimostrare di quante verità può comporsi una situazione, quanto difficile può diventare la vita.